KU.BE, LA CASA SENZA ETÀ
Labirinti, reti su cui arrampicarsi e pali su cui scivolare. In Danimarca c’è una casa dedicata alla cultura e al movimento dove scale e ascensori sono banditi
di Elisa Zanetti
Immaginate uno spazio dove tutti possono tornare bambini, all’interno del quale non si cammina, ma ci si arrampica, si scivola, si va a gattoni. Un luogo dove la vita quotidiana e il movimento tornano a essere evoluzione, crescita, scoperta, proprio come quando si era piccoli. È quello che succede a Frederiksberg, città danese situata in una enclave del comune di Copenaghen, dove è stata inaugurata Ku.Be House of Culture and Movement, uno spazio multifunzionale dedicato alla cultura e al movimento, all’interno del quale le persone possono attivare sia la mente sia il corpo, spostandosi tra gli ambienti in modalità che oggi ci appaiono inusuali, ma che in altre fasi della nostra vita non lo erano affatto.
D’ispirazione deve essere stata l’antica massima romana mens sana in corpore sano e così nella Casa della Cultura il movimento è protagonista: per passare dal secondo al terzo piano si deve affrontare un insieme di cubi tridimensionali usando gambe e braccia oppure ci si può arrampicare attraverso un labirinto verticale o ancora si può scegliere una rete che collega i diversi piani. Per scendere invece cosa può esserci di più rapido e divertente che uno dei pali che siamo abituati a vedere nelle caserme dei vigili del fuoco? (Chi soffre di vertigini non abbia paura: Ku.Be offre anche vie di spostamento tradizionali come le scale). Il progetto, fra i nalisti del World Architecture Festival che si terrà a novembre a Berlino, è il frutto del lavoro di Adept, studio danese nato nel 2006, impegnato a ripensare la relazione fra la città e i suoi palazzi, e MVRDV, realtà con all’attivo più di 600 progetti sparsi per il mondo, nata a Rotterdam nel 1993 per iniziativa degli architetti Winy Maas, Jacob van Rijs e Nathalie de Vries.
Sei volumi principali, ciascuno dipinto in un colore identificativo e rivestito di un materiale differente, compongono Ku.Be e possono essere intuiti sin dall’esterno, grazie all’irregolare alternarsi di muratura e finestre. Nei 3.200 metri quadrati di Ku.Be trovano posto una biblioteca, uno spazio per esposizioni, uno per performance, una sala dove fare yoga, aree per praticare attività sportive, un bar e un parco, ma particolare rilievo ricoprono le aree intermedie. «Ku.Be unisce persone di età diverse grazie ai suoi molteplici usi, ma forse sono ancora più importanti parti come i corridoi e i muri che possono essere usati per scalare o altro – spiega Jareh Das del team di MVRDV – è uno spazio che elimina le barriere che normalmente esistono fra differenti attività».
L’organizzazione degli ambienti e l’assenza di regole da seguire fanno sì che persone di età diverse possano socializzare e tenersi in forma. «Abbiamo disegnato Ku.Be per incoraggiare l’inaspettato – spiega Jacob van Rijs, uno dei fondatori di MVRDV – i volumi più grandi sono adatti a ospitare performance e incontri pubblici, i più piccoli per mostre e dibattiti. Ci sono aree perfette per ballare e fare parkour e all’opposto stanze adatte alla meditazione». Ma la vera bellezza del progetto è data dall’interazione con i cittadini e van Rijs ne è convinto: spazi pensati per un determinato uso saranno totalmente ridefiniti da chi li frequenta.
MVRDV del resto non è nuova a realizzare progetti che suggeriscano modalità di fruizione dirompenti o a proporre progetti che uniscano funzioni normalmente attribuite a strutture differenti. Ne è un esempio The Market Hall, a Rotterdam. Contro ogni aspettativa, alla richiesta di ideare un mercato e degli appartamenti, lo studio ha risposto dando vita a un mercato coperto da una struttura a forma di U rovesciata, all’interno della quale trovano posto abitazioni, negozi e locali pubblici che si affacciano sul mercato stesso. O ancora Seoullo 7017 Skygarden, che ha trasformato un cavalcavia di Seul in un giardino sopraelevato e pedonale o il Matsudai Cultural Centre in Giappone, la cui struttura sospesa fa sì che al di sotto della stessa si crei un’area protetta dalla neve in inverno e uno spazio per eventi pubblici durante l’estate. Nuovi spazi, nuovi modi di immaginarli, sfruttarli e viverli, per una città che cambia forma e un’architettura che rimette al centro l’integrazione sociale e ambientale.
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