A MISURA DI INSTAGRAM
Cresce sempre di più la domanda, e di conseguenza anche l’offerta, di locali e attrazioni pensati apposta per chi ama postare foto sui social. In parallelo, il racconto dell’esperienza si fa più importante dell’esperienza stessa
di Marco Agustoni
Chissà cosa ne penserebbe il filosofo francese Jean Baudrillard – che tante pagine ha dedicato al concetto di simulacro, una rappresentazione senza alcuna base di realtà che si propone però come la realtà stessa – delle tante vite mediate da Instagram. Non che il social network acquistato da Facebook abbia più meriti o colpe rispetto ai suoi “colleghi”, ma grazie al ruolo chiave che esso riserva all’immagine è riuscito a incarnare lo zeitgeist di questi anni, in cui la componente visiva ha assunto una netta preponderanza.
In una pulsione sempre più forte alla condivisione, postare immagini su Instagram sta diventando per alcuni utenti una sorta di missione, con il racconto dell’esperienza di vita che sembra farsi anche più importante dell’esperienza in sé. Gli imprenditori più avveduti, dalla loro, non sono stati certo a guardare e si sono abituati di buon grado a questa tendenza. Ecco quindi che sono cominciati a spuntare, soprattutto negli Stati Uniti, ma gradualmente anche nel resto del globo, esercizi commerciali di vario genere, pensati (o in alcuni dettagli o nella loro interezza) su misura per Instagram.
Si parla di locali, negozi, ristoranti e attrazioni turistiche, tutti studiati per offrire ai clienti lo “scatto giusto” da postare sul proprio account, magari già corredato di hashtag suggerito in anticipo. Così sempre più location sono adattate per risultare facilmente instagrammabili, come degli scenari preconfezionati in cui l’unica azione richiesta dai visitatori-fotografi è un clic sulla fotocamera.
In questo modo sono diventati estremamente popolari locali come il ChaCha Matcha di New York, con i suoi ambienti dai colori pastello fotografatissimi dagli utenti del social network. Ma non sono solo gli interni a essere progettati su misura: gli stessi oggetti di consumo – dal cappuccino, vero e proprio topos di Instagram, alle fette di torta, passando per i colorati macaron – sono creati in modo da risultare esteticamente appaganti. Ne è un esempio The Butcher, The Baker, The Cappuccino Maker, locale di Los Angeles i cui cappuccini “floreali” sono imprescindibili per gli amanti dello scatto a effetto.
Il fatto che questi piatti e dolci siano belli, non significa per forza che non siano anche buoni. In molti casi la fama di un posto è dovuta a entrambi gli aspetti. Ma, in maniera paradossale, non è necessario che lo siano, tanto che per assurdo un avventore potrebbe anche ordinare la sua fetta di cheesecake, fotografarla e postarla su Instagram, dopodiché allontanarsi soddisfatto senza nemmeno averla assaggiata. Questa tendenza, peraltro, determina la nuova popolarità di particolari cibi o ad- dirittura ingredienti, come lo stesso tè verde Matcha, che grazie alla sua marcata tonalità verde permette di aggiungere un pizzico di colore a qualsiasi scatto.
Non ci sono solo i locali e i ristoranti: anche i musei si stanno adeguando, a partire dal caso emblematico del Museum of Ice Cream, un museo pop-up che sta avendo un grandissimo successo e, dopo New York e Los Angeles, è di recente sbarcato a San Francisco. I 38 dollari del biglietto danno accesso, oltre che ad alcuni assaggi, a una serie di installazioni a tema gelato concepite appositamente come sfondi per le foto di Instagram. In sostanza, si paga per avere a disposizione dei set fotografici in grado di garantire like in abbondanza.
Un fenomeno simile sta rivoluzionando l’esperienza turistica, dove il viaggio in se perde di importanza a favore della narrazione visiva dello stesso, in sterminati album dove il protagonista non è più il monumento o il posto di volta in volta visitato, ma lo stesso fotografo. A giovarne sono soprattutto i luoghi che più si adattano allo scatto di un selfie, talvolta anche privi di un reale interesse di tipo paesaggistico o culturale, ma costruiti per questo preciso scopo. È il caso della celebre scritta “Iamsterdam” davanti al Rijksmuseum, una tappa obbligatoria per chiunque visiti la città olandese e abbia un account Instagram, pur non avendo particolari pregi se non quello di essere enorme, un vero e proprio hashtag fattosi monumento.
Anche in Italia, ovviamente, c’è chi si adegua, abbinando alla qualità dell’offerta una cura sempre maggiore per il lato estetico, sia degli spazi sia dei prodotti. È un buon esempio in questo senso il brand di pasticceria Pavé, con i suoi punti vendita milanesi e i suoi dolci che chiedono di essere prima fotografati, e solo poi mangiati. Ed è naturale che sia così. Del resto non c’è nulla di male nell’adeguarsi alle necessità di un’epoca, soprattutto se lo si riesce a fare mantenendo inalterata l’essenza della propria proposta. E ognuno di noi è libero di riempire qualsiasi significante, per vuoto che possa essere, del significato che più lo aggrada. Nella speranza di non ritrovarci però un giorno a vivere in un unico, grande museo in cui l’unica opera esposta siamo noi.
Dello stesso autore
Marco Agustoni
CONTENTS | 3 Ottobre 2024
SEPOLTI NELL’IPERNICCHIA
CONTENTS | 4 Luglio 2024
TUTTA UN’ALTRA BIRRA
CONTENTS | 24 Aprile 2024
LE CITTÀ SPUGNA CI SALVERANNO?
CONTENTS | 27 Febbraio 2024
CONNESSIONE IN CORSO
CONTENTS | 23 Novembre 2023
GYOTAKU: IL MARE SULLA TELA