DR. PIRA – QUEGLI ALIENI DELL’HIP HOP
Achille Bonito Oliva ha detto di lui che «produce comunicazione con una capacità orientale di smaterializzare l’immagine». Di fatto i suoi fumetti, caratterizzati da una narrazione fluida e un tratto essenziale, hanno a che fare con un atto liberatorio. Nel suo ultimo libro ci racconta di hip hop e alieni
di Marilena Roncarà
Creatore dei Fumetti della Gleba, il più longevo sito di web comix italiano, il Dr. Pira, aka Maurizio Piraccini, è anche scrittore e critico televisivo, nonché autore di video e grafiche per gruppi come Uochi Toki e Elio e le Storie Tese. Come fumettista ha al suo attivo numerosi personaggi da Rap Violent a Gatto Mondadory. Lo scorso ottobre è uscito il suo ultimo libro: La vera storia dell’hip hop. Tutto quello che non vogliono farti sapere sul legame tra gli alieni e la musica del momento in cui mette in luce «insospettabili legami tra i gangsta del rap e gli abissi oscuri dell’ufologia più estrema».
Cosa c’entrano gli alieni con l’hip hop?
Tutto comincia durante un soggiorno newyorchese, quando due rapper appena conosciuti hanno iniziato a parlarmi di UFO e alieni. Approfondendo ho scoperto che più che una fascinazione, esiste un vero e proprio legame tra hip hop e extraterrestri e la cosa incredibile è che nessuno lo sa. A noi è rimasto l’immaginario anni Novanta del mondo gangsta rap fatto di macchinoni e criminalità, mentre c’è tutto un sottofondo di esoterismo legato agli alieni, senza contare che Lil Wayne dice di essere un marziano, Afrika Bambataa parla di alieni sotterranei, Mix Master Mike racconta di aver comunicato con loro con lo scratch. Da qui l’idea di farne un libro, che a differenza dei precedenti è un saggio in cui i disegni hanno un ruolo marginale ed è la teoria a parlare.
Che idea ti sei fatto in merito?
All’inizio pensavo di dover fare delle forzature alla storia per renderla più surreale, ma mi sono accorto subito che “la realtà superava la fantasia”. Ho scoperto che ci sono delle cose effettivamente misteriose da approfondire. Questa cultura, che è nata negli anni Settanta in una zona veramente disagiata come il South Bronx, ha creduto a un’idea di creatività molto più ampia di quella che ci immaginiamo, decidendo per esempio che era meglio ballare in quella maniera, suonare e dipingere in quel modo piuttosto che fare quello che sembrava più logico, ovvero darsi alla criminalità o trovarsi un lavoretto qualunque per campare. E la cosa magica è che ha funzionato.
Forse anche per questo il libro del Dr. Pira è tra più venduti nella categoria esoterismo e astrologia?
In effetti la notizia mi ha sorpreso, ma in senso buono: mi fa piacere uscire dal giro stretto del fumetto.
A proposito di fumetti, quando hai cominciato a disegnare?
Ai tempi del liceo, negli anni Novanta, leggevo fumetti e mi piaceva quel mondo lì, come anche fare graffiti, ovvero uscire di casa per lasciare un disegno in un posto. All’inizio ho provato a fare fumetti standard e sono andato a proporli, ma mi sono reso conto che c’era un processo molto lungo per arrivare a un libro. Quindi ho iniziato a pubblicarmi da solo facendo delle fanzine, delle riviste fotocopiate, che hanno girato abbastanza all’epoca perché erano un oggetto divertente, così ho continuato. Nel 1997 ho creato il mio sito (fumettidellagleba.org, NdR), che è attualmente il secondo sito di web comix in Italia e il più longevo in assoluto. Negli ultimi anni ho ripreso a pubblicarmi da solo: è una modalità che mi assicura più libertà di azione e con internet funziona bene.
Però per La vera storia dell’hip hop, edito da Rizzoli Lizard, hai fatto una scelta diversa.
Quest’ultimo libro è, infatti, il primo che pubblico con un editore importante: mi sembrava il momento di fare qualcosa che avesse una distribuzione più ampia, anche nelle librerie più “classiche”.
Si discute molto sul tuo tratto apparentemente primitivo…
Inizialmente mi piaceva l’idea di ottenere una storia nel minor tempo possibile, così mi sono reso conto che non mi interessava tanto il tratto, ma il modo in cui si scrivono le storie, lasciando libero il flusso narrativo. In questo modo ho scritto moltissimo: ho così tante trame che mi potrebbero bastare no a settant’anni.
E quando scrivi c’è qualcosa che ti interessa veicolare?
C’è stato un periodo in cui volevo dare un messaggio, ma non mi piacciono gli “spiegoni”. Mi fa piacere quando qualcuno mi dice che prova un senso di libertà leggendo le mie storie, forse perché lì dentro potrebbe accadere qualsiasi cosa. Altri invece, soffermandosi sul fatto che a volte i miei disegni sembrano essere fatti da un bambino, credono che voglia omaggiare il mondo magico dell’infanzia, ma non è questa la mia intenzione. Trovo sbagliato relegare la fantasia e la magia al mondo infantile. La capacità di fare quello che si vuole e la conoscenza del lato magico del mondo sono cose che andrebbero sviluppate in età adulta, piuttosto. Allora ci si rende conto che il mondo è ancora fantasioso e pazzo.
Quali progetti ha per il futuro il Dr. Pira?
Entro l’estate ho un altro libro in uscita e poi sto facendo degli esperimenti di animazione, mi piacerebbe realizzare una serie animata. Ora che mi sono messo a disegnare fumetti a tempo pieno non posso più farne a meno.
Qual è lo stato di forma del fumetto italiano?
È un fatto che molti fumetti vendono più dei libri di narrativa, del resto siamo in un momento in cui la cultura visuale è più forte di quella testuale, ma pochi si rendono conto delle reali potenzialità di questo settore in Italia. Poi basta guardare i numeri di Lucca Comix degli ultimi anni, per capire che non si può più parlare di sottocultura. Si tratta di una nuova cultura che non ha ancora la struttura per identificarsi come tale, ma questo è un gran momento.
Intervista pubblicata su WU 84 (dicembre 2017 – gennaio 2018)
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