KAROL SUDOLSKI – VISUALIZE IT
Avrebbe voluto fare il fotografo, ma sulla sua strada ha trovato After Effects. Dedizione, volontà e talento lo hanno portato in breve tempo a realizzare visual per performance live e videoclip (insieme a Giorgio Calace) di artisti come L I M, Mecna e Fabri Fibra. E tutto è cominciato per caso
di Alessandra Lanza
La prima volta che ho sentito nominare Karol Sudolski è stato circa un anno fa, in una delle date di Lungomare Paranoia di Mecna. Dietro il rapper si “distendevano” una serie di visual, tra luci crepuscolari, onde del mare e spazi dal sapore metafisico, talmente fusi con il live di cui erano scenografia da rubare alla musica, a tratti, la mia attenzione. Ho ritrovato il nome dell’arte ce, ringraziato da Corrado Grilli a fine concerto, tra gli autori dei video di L I M, insieme al fotografo Giorgio Calace, e dei visual dell’ultimo tour di Fabri Fibra. Su internet non emerge molto altro. «Non ho mai caricato un portfolio online: tutti i miei lavori sono capitati per caso». Karol Suldolski, 30 anni da compiere nel 2018 e origini polacche, è cresciuto in un paese della Valtellina insieme alla famiglia, per poi far rotta verso il Politecnico di Milano, dove ha studiato Design della Comunicazione. «Alla fine del percorso di studi non avevo mai aperto né un software per realizzare 3D, né un programma per montare video. È successo dopo, per sbaglio».
«Per sbaglio», «per caso»… Che intendi?
È stata sempre una questione di incastri. Arrivato a Milano, come tutti, pensavo di voler fare il fotografo. Dopo il Politecnico ho cercato di entrare in una scuola a Rotterdam, ma non mi hanno preso. Così ho lavorato nel mondo della moda come tuttofare, da grafico a facchino. Ho imparato a usare After Effects in uno studio di comunicazione e poi sono finito a lavorare con i ragazzi di camerAnebbia, che fanno videoinstallazioni. Lì Sofia Gallotti (L I M, prima Iori’s Eyes, NdR) si occupava del sound design: quando ha avviato il suo progetto solista aveva bisogno di qualcuno che realizzasse video e visual, e ha chiesto a me. Dopo ho conosciuto Mecna, che a sua volta mi ha coinvolto nel lavoro per Fabri Fibra, di cui era art director. Per me è stato un salto nel vuoto, ma ha funzionato.
E il sogno di fotografo?
Abbandonato, come quello di Rotterdam. Mio padre ha fatto il cacciatore per anni, poi è passato a frequentare i boschi per fotografare gli animali. Io, che da bambino volevo studiare botanica, a 17 anni fotografavo oggetti, vetri, riflessi che ancora replico nei miei lavori digitali: sono ossessionato dalle caustiche, i motivi di luce che si creano sul fondo degli specchi d’acqua. Per quanto riguarda il mondo visual, all’inizio mi ha aiutato il mio ex compagno di corso Piero Ariel Parisi, aka SUPERINTERNET, che ora cura i visual per Pop X. In tutto questo io non capisco nulla di musica. Forse la storia dei visual mi si addice perché, non avendo orecchio, a un concerto non mi sento appagato dalla parte sonora e immaginarmi una componente visiva proiettata sullo sfondo mi permette di vivere meglio la musica.
Come funziona il rapporto tra visual e artista sul palco?
La presenza di L I M è diafana ed eterea e quindi si fonde bene con i visual. Mecna invece è un frontman e il suo live potrebbe funzionare anche senza. Metà del contributo comunque è suo: facendo il grafico ha un’idea molto precisa del risultato che vuole ottenere, anche se mi ha lasciato libertà estrema. Non avevo mai ascoltato Lungomare Paranoia: ho cercato di costruire un immaginario il meno possibile didascalico e molto legato allo stato d’animo del pezzo. Per brani tra loro più simili ho creato varianti dello stesso immaginario. Quando creo immagino più che altro sensazioni, stati d’animo o colori che si abbinino a dinamiche di immagini in grado di accompagnare il pezzo.
Quanto ci metti, più o meno, a creare un visual?
Sono state tutte esperienze molto veloci. I visual di Mecna e di Fibra li ho realizzati in un mese. A guardarli live, ogni tanto mi “sanguina il cervello” perché vedo degli errori, poi mi rendo conto che me ne accorgo solo io. Nel caso di L I M ho avuto più tempo e anche modo di aggiustarli, perché li mettevo io durante il live, quindi avevo modo di vedere cosa funzionava.
La senti anche come una performance di Karol Sudolski?
No, i visual fatti per Sofia non esisterebbero senza la sua musica. Sono scenografie che in sé non dicono molto. È il suono che riesce a renderli significativi e immersivi.
Come funziona il lavoro con Giorgio Calace ai video?
Lui si occupa della fotografia, io di postproduzione ed effetti. È così che Sofia, seduta in un bar, una volta scontornata, diventa Sofia che galleggia nell’oceano. Ascoltiamo il pezzo, condividiamo le idee e poi, dopo aver capito come realizzarle, ci mettiamo all’opera. Sono tutti video autoprodotti, senza grande budget, troupe o un team: siamo stati operatori, registi, montatori, postproduttori e coloristi. Una cosa che dà molta libertà, ma insieme sfinisce.
Vi definireste dei perfezionisti?
Abbiamo delle grandi lacune: mancano una vera regia e il racconto di una storia. Si tratta di una sensazione visiva, una “pippa estetica”: viviamo di questo. Non avendo cambi cinematografici o movimenti di camera, cerchiamo di compensare con precisione e dettaglio.
Musica a parte, di cosa ti occupi? Hai in ballo qualche progetto personale?
Lavoro nella moda, faccio video look book e contenuti promozionali. Per il resto mi dedico ai miei esperimenti, che si rivelano poi la base e lo spunto per i lavori commissionati. Non sono un artista e non credo di avere qualcosa da dire e sono molto pigro quando si tratta di progetti personali. Lavoro molto quando sono obbligato e nel tempo libero mi dedico ai videogiochi.
Che ti ispirano, giusto?
Tantissimo, ma non quelli con cui gioco adesso. Ho un imprinting dai tempi delle medie: Tomb Raider, Final Fantasy, Sailor Moon. Le texture del 3D poligonale anni Novanta mi piacciono un sacco. Mettendo tutto insieme escono i lavori per Mecna e L I M. Tanti altri spunti vengono dai video di Paola e Chiara, meravigliosi.
Hai già dei piani per il futuro o continuerai a farti guidare dal caso?
Vorrei diventare più bravo su alcuni aspetti tecnici e propormi ad artisti come Baths, adoro la sua musica elettronica. I suoi album hanno scandito i miei anni e ho delle forti sensazioni visive ed emotive legate a lui. E poi mi piacerebbe creare installazioni con cui far immergere le persone nei miei mondi digitali, al di là dei concerti.
Intervista pubblicata su WU 84 (dicembre 2017 – gennaio 2018). La foto in apertura è di Alessandra Lanza. Segui Alessandra su Instagram e Linkedin
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