APOLIDE FESTIVAL 2018, IL RACCONTO E LE FOTO
di Alessandra Lanza
Premetto che sono nata e cresciuta in Piemonte, a Biella, e che ho sempre avuto una vocazione metropolitana. Non ho mai abbracciato alcun tipo di campanilismo e ho cominciato a soffrire una minima nostalgia delle mie origini solo dopo otto anni trascorsi a Milano, consumata dai ritmi della città. Eppure, oltre al vino e al buon cibo c’è almeno un altro motivo per apprezzare le mie zone.
Apolide Festival, a Vialfré, a mezz’ora di automobile da Torino e incastonato tra le colline e il verde del canavese, è una di quelle occasioni in cui è davvero possibile staccare la spina. Mettici il bosco fitto, a cui si arriva dopo una strada di curve, tra asfalto, prati e sterrate; mettici il cellulare che non prende, ma che tanto, alla fine, non serve. Togli la pioggia, che è riuscita a rovinare i piani soltanto un giorno su quattro – l’acquazzone dello scorso venerdì è stato il tipico temporale estivo che non si risparmia, grandine compresa – e aggiungi un’offerta musicale variegata. Poi, goditi i concerti alla sera, e tante altre attività all’aperto durante il giorno. Oppure, perché no, un po’ di relax.
Nelle notti di Apolide si sono alternati nomi più o meno noti (qui la line up completa) e generi molto diversi, che hanno permesso di sperimentare mood diversi ogni singolo giorno. Notti finite poi in tenda, per chi ha scelto l’esperienza in una delle tre aree camping, o in un ritorno in automobile verso casa, tra le ultime curve prima del mattino, per chi ha preferito vivere un’avventura più “domestica”. Il giovedì sera un avvio apparentemente tranquillo, in cui le presenze dovevano ancora infoltirsi: dopo il sound più morbido di Technoir e Joan Thiele il pubblico, anche se minore rispetto ai giorni successivi, ha dato tutto durante il live de I Ministri sul main stage – a scaldare gli animi con il pogo ci ha pensato il cattivissimo duo Your Personal Santa Claus.
Venerdì gli acquazzoni hanno avuto il sopravvento, lasciando spazio solo al live di Alice Merton, ma sabato si è recuperato con gli interessi, graziati questa volta dalla pioggia, sostituita dal fango tipico dell’immaginario dei festival. A parte i più noti Samuel e Bianco (soprattutto in zona, viste le origini), tra i live più interessanti quello degli psichedelici svizzeri Hallelujah Mother Helpers, non in main stage (i palchi erano tre) anche se avrebbero meritato, e Digitalism. A chiudere con il giusto mood, la domenica nel tardo pomeriggio, un sempre in forma Dj Gruff, accompagnato da Gianluca Petrella. Un ultimo ballo, a tempo di musica. Qualcuno, sul tramonto, ondeggia, qualcuno muove la testa. Qualcuno resta disteso sul prato, a occhi chiusi, a respirare gli ultimi attimi di tranquillità, prima del ritorno alla normalità.
Tutte le foto, compresa quella di apertura, sono di Alessandra Lanza. Segui Alessandra Lanza su Instagram e Linkedin