NON-FICTION AL MILANO FILM FESTIVAL 2018
Non-fiction è la brillante commedia di Olivier Assayas della sezione ‘Outsiders’ che interroga e diverte il pubblico del Milano Film Festival
di Vittoria Delle Foglie
Appartamenti, bistrot e caffè fanno da cornice a una quotidianità semplice ma esigente, espressione di una realtà intellettuale e borghese. Non-fiction si apre con l’incontro tra Leonard scrittore inquieto, e Alain (Guillaume Canet), editore evidentemente avvezzo ai suoi tormenti. Sin dai primi scambi di battute si fa strada il tema che resterà centrale per tutta la durata del film: il rapporto tra innovazione e tradizione, digitale e cartaceo, qualità e fruizione del patrimonio culturale. E così, nell’evolversi dei discorsi, si delineano gli altri personaggi di Non-Fiction: Selene (Juliette Binoche), attrice e moglie di Alain, oltre che amante di Léonard, si muove incerta tra serie tv e teatro; Valérie, dedita assistente di un noto politico è anche la compagna disincantata di Leonard ed infine Laure, giovane addetta allo sviluppo digitale nella casa editrice diretta da Alain, (con)divide con lui opinioni e lenzuola.
Assayas, ai drammatici Sils Maria e Personal Shopper, fa seguire una commedia arguta e impegnata, cui spetta affrontare quei temi topici e un po’ spaventosi del nostro tempo: post verità e fake news, democratizzazione dell’informazione e dell’opinione e conseguente sdoganamento della mediocrità e della menzogna. Se da una parte si dibatte infervorati sul ruolo da rivestire nel promuovere o nel limitare un simile processo evolutivo, dall’altra ci si destreggia leggeri tra grotteschi fraintendimenti e bizzarri scambi di coppie. La nonchalance tipicamente francese prende il sopravvento negli scambi interpersonali, ed ecco che ai tradimenti si risponderà con l’imperturbabile consapevolezza di chi sa che all’affievolirsi della passione, sanno resistere stima, complicità e, perché no, amore.
Non-Fiction è un film privo di facili indignazioni e ricco di spunti di riflessione, a tratti prolisso, ma sapientemente cadenzato da un più diretto e inaspettato scambio con lo spettatore, come nel caso dell’iconica metabattuta di Selene sulla Binoche, da cui poi è lei stessa interpretata. Sarà proprio il cast navigato a regalare scioltezza a un ping pong verbale così tanto ricco, nondimeno della più defilata Nora Hamzawi che, nel ruolo della concreta e onesta Valérie, ci offre la visione più propositiva tra tutte: quella di chi, piuttosto che storcere il naso a priori, sceglie di dar fiducia, sia al politico onesto ma poco carismatico per cui lavora, sia al difficile e fedifrago compagno Léonard, che sostiene senza fronzoli e leziosaggini.
Allora non resta che interrogarsi. I diversi punti di vista sono egualmente sostenuti, c’è chi afferma «che si legge solo ciò che conforta le proprie opinioni» e chi invece sostiene che «si legge per cambiare idea», che sia il caso di collocarsi nel buon vecchio “giusto mezzo”?