ROMA AL MILANO FILM FESTIVAL 2018
Il nuovo film targato Netflix del regista Premio Oscar, vincitore del Leone d’oro durante l’ultima edizione del Festival del Cinema di Venezia, chiude il Milano Film Festival 2018 con due proiezioni nella giornata di domenica
di Davide Colli
Roma di Alfonso Cuaron è uno squarcio sulla vita di un uomo, ma non di uno qualunque, bensì di quello dietro la macchina da presa. Basterebbero queste poche parole intrecciate l’una con l’altra per descrivere il film trionfatore durante la 75esima edizione della Mostra d’arte cinematografica di Venezia.
Difatti, nell’ultimo lavoro del regista messicano le aperture presentano un ruolo chiave, che siano esse fisiche, metaforiche e metacinematografica, a cominciare da uno stretto vialetto, attraverso il quale anche l’automobile più minuta riesce a passare, esempio perfetto di scenario che non si limita a rivestire il ruolo di mero sfondo narrativo, ma diviene un personaggio tangibile e pulsante. Il concetto di apertura viene poi riadattato come inizio di un nuovo periodo storico, politico e socioculturale: l’uscita da un periodo di transizione si trasforma nell’ingresso all’interno di un clima caratterizzato da un conflitto estremamente acceso, come quello dei primi moti insurrezionali e degli scontri intestini svoltisi nella Città del Messico di inizio anni Settanta.
L’apertura, tuttavia, consiste soprattutto nel tramite tra lo spettatore e l’infanzia di Cuaron: il varco che decide di aprire con Roma concede al pubblico, con il solo ausilio dello sguardo, di accedere alla memoria del regista messicano, di girovagare nei luoghi che ne hanno condizionato la crescita e la maturazione. Il campionario di personaggi e di situazioni messo in scena in Roma non rappresenta altro che l’insieme di differenti ricordi del passato dell’autore, all’interno dei quali è impossibile non perdersi e mantenere un distaccato senso di voyeurismo. La qualità che in quest’ultima opera dell’autore messicano fuoriesce come mai in nessuna sua pellicola prima d’ora è proprio la vicinanza tra il suo fautore e il materiale trattato, decisamente tangibile. L’opportunità che Netflix (che, intelligentemente, ha compreso quanto la suddetta esperienza viva anche nella sala cinematografica, permettendone l’uscita in alcune sale selezionate) ha concesso a Cuaron rappresenta quindi la manna dal cielo che ogni regista sogna di ricevere, ovvero una libertà creativa pressoché totale.
Il suo ritorno ad un cinema maggiormente contemplativo e, allo stesso tempo, l’utilizzo del digitale e delle capacità sonore, che solamente una sala dotata di un sistema Dolby Atmos può offrire, incarna perfettamente il dualismo del rapporto di Cuaron con l’industria della settima arte, sospeso tra il sostegno dell’innovazione e la glorificazione di una tipologia di cinema non adatta ad ogni fascia di pubblico. Roma di Alfonso Cuaron risulta una grande vittoria su qualsiasi fronte, il trionfo per ogni autore cinematografico e l’apertura alla possibilità della nascita di una “new Hollywood”, grazie alla disponibilità concessa dai servizi streaming. L’affresco di Città del Messico che (giustamente) ha trionfato a Venezia contiene una dolcezza tale nel cullare l’occhio dello spettatore con il bianco e nero più maestoso visto di recente da far pensare di essere seriamente in grado di accendere una miccia di cambiamento nei meccanismi di produzione dell’arte cinematografica odierna. Forse si tratta di una semplice utopia, ma per la sua neonata concretezza si devono ringraziare Netflix e, su tutti, Alfonso Cuaron.
Roma di Alfonso Cuaron al Milano Film festival 2018:
Anteo – Sala Astra, il 7 ottobre alle 19:30 e alle 22
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