BOHEMIAN RHAPSODY E LA VITALITÀ DEL BIOPIC
È uscito lo scorso weekend negli USA e in diversi Paesi nel mondo ‘Bohemian Rhapsody’, il film sulla vita di Freddie Mercury nei Queen. In Italia dovremo aspettare il 29 novembre per vedere quello che è, con i suoi pregi e i suoi difetti, qualcosa più di un biopic
di Davide Colli
Bohemian Rhapsody, il film sulla vita di Freddie Mercury nei Queen, è uscito lo scorso weekend negli Stati Uniti e in diversi paesi del mondo segnando un riscontro più che positivo al box office: oltre 140 milioni di dollari incassati, di cui 50 solo negli Stati Uniti, risultato che lo colloca al secondo posto nella speciale classifica dei biopic musicali dietro solo a Straight Outta Compton del 2015.
Bohemian Rhapsody è appunto una pellicola che si frappone a metà tra il biopic e il filone prettamente musicale, nel quale le esibizioni e il talento canoro degli interpreti rivestono un ruolo fondamentale. Questa doppia natura si sente fin dai primi minuti, nei quali però è impossibile non notare un sentore di indecisione che deriva probabilmente sia per la doppia natura già illustrata, sia per la doppia “paternità”. Bohemian Rhapsody, infatti, ha avuto due registi: Bryan Singer (quello che vedete sulle locandine) e Dexter Fletcher, che hanno messo mano alla pellicola in differenti momenti della sua produzione. La sensazione è quella di trovarsi davanti ad un film nel quale nessuno dei due registi è riuscito a imprimere il proprio tratto distintivo, finendo per essere “normalizzato” dalle persone che hanno investito il denaro sul progetto.
Tuttavia, Bohemian Rhapsody è una creatura pulsante e una tra le esperienze cinematografiche più vicine all’esibizione musicale live; una condizione che non si sarebbe verificata se non fosse stato per Rami Malek, interprete egiziano che presta il volto a Freddie Mercury. Come in ogni buon biopic che si rispetti, l’attore è chiamato a fare gli straordinari e diventare il fulcro dell’intera opera cinematografica, perciò diventa di vitale importanza compiere un’azzeccata scelta di casting. Assoldare il protagonista di Mr. Robot, selezionato dopo l’abbandono di Sacha Baron Cohen per divergenze creative, è stata una decisione decisamente congeniale, perché Rami Malek riesce a portarsi sulle spalle il fardello di un personaggio così iconico senza far trasparire il suo peso. Malek non si è limitato alla mera imitazione, ha studiato a fondo le movenze e le gestualità di Freddie Mercury restituendo una performance che è un sentito atto d’amore nei confronti di uno dei personaggi più carismatici della storia del rock.
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