MECNA – TRA RAP, ARTE E UN KARAOKE BLU
Il tour di Mecna ha fatto tappa a Bologna: lo abbiamo fermato per fare due chiacchiere su Blue Karaoke, il suo ultimo album uscito per Universal la scorsa estate
di Giorgia Salerno
Incontriamo Corrado nel backstage del Locomotiv Club, prima del suo secondo concerto nella città di Bologna che, da quanto ci racconta, è sempre stata tra le più affezionate alla sua musica. Ad appena un anno e mezzo di distanza dall’ultimo disco (Lungomare Paranoia, 2017), Mecna torna con Blue Karaoke, affidandosi per la prima volta a Universal Music. Lasciando da parte le etichette, ci concentriamo su un lavoro portato alla luce insieme al team di collaboratori che lo ha accompagnato anche nei dischi precedenti: ci sono Lvnar, Iamseife, Yakamoto Kotzuga e Godblesscomputers. A questi, si aggiungono featuring d’eccezione (come quello con Fabri Fibra in Hotel) e diverse novità. Le ritmiche urban e il classico mood malinconico, elementi tipici delle atmosfere ricercate da Mecna, che persistono, lasciano il giusto spazio a ingredienti nuovi e più frizzanti (azzardiamo con un aggettivo allegro?) come la produzione pop di Big Fish in Un drink o due e il ritornello operato da Ghemon in Ottobre Rosso. Un mix perfetto che unisce le sfumature blu di Mecna alla sua (malcelata) autoironia, che in questo disco sembra uscire fuori raccontandolo da un punto di vista nuovo, più luminoso. Ascoltando il disco, ci sembra di attraversare uno spazio nuovo, diverso: al di là del mondo digitale in cui ormai viviamo, dello scroll senza tempo, dei sold out e degli showcase. Torniamo in quella piccola città solo per andarcene, prendiamo la metropolitana per sentirci grandi, firmiamo un contratto e paghiamo l’affitto, ci sbronziamo, cantiamo stonati dentro a un pub una sera, nel bel mezzo della settimana, saltando quello showcase su invito. Osserviamo il karaoke lampeggiante e, se lo spessimetro per il successo diventa il finto microfono di Singstar, qualcosa ci dice che sposteremo il cursore su Superman o 31/09, di cui aspettiamo il seguito.
Allora, raccontaci un po’: com’è andata ieri sera? Ci avevi raccontato che Bologna ti dà sempre un’emozione forte.
Ieri sera è stato molto bello, sì. Storicamente è sempre stata una figata suonare a Bologna.
Le prossime tappe quali sono?
Abbiamo il giro dell’inferno a sud, quattro date: Cosenza, Palermo, Messina, Catania. Anche se diciamo che quelli che fanno più bordello sono sempre a Napoli.
Com’è viversi la seconda data nella stessa città? Non si rischia un po’ l’effetto fotocopia?
Dipende, se sono tutte due sold out, è più una questione di essere rilassati. Alla fine i pezzi sono quelli, certo, poi sicuramente ci sono ragazzi che vengono entrambe le volte. È figo vedere le persone che c’erano alla prima data anche alla seconda.
Quali sono le persone che hanno ispirato questo nuovo lavoro? Sia dal punto di vista artistico, più canonico, sia da quello personale.
Persone in che senso? (ride, NdR) Beh, diciamo che ci sono varie esperienze e varie persone coinvolte. Ce n’è una in particolare ma non solo, nei testi parlo anche di amicizia e relazioni in generale. Cerco di prendere spunto da vari avvenimenti, magari con persone che non sono nemmeno troppo amiche, però prendo spunti per scrivere. Per esempio, Non sono come te nasce così, da una conoscenza.
Dove hai scritto il disco?
Milano. Vivo là da dieci anni, ormai.
Cosa succede quando scrivi un album? Come te la vivi prima che esca e cosa provi dopo che è uscito?
Tutta la parte prima, per me, è quella più figa, perché comunque uno fantastica su come può reagire una persona in particolare, piuttosto che il pubblico o gli addetti ai lavori. Poi quando esce è bello raccogliere tutti i pareri, quindi è bello in entrambi i casi, ma tutta la parte prima è molto di fantasia. Mi ascolto i pezzi, cerco di perfezionarli, lì so solo io…
C’è un pezzo di cui sei insicuro, che non sapevi se mettere nel disco o su cui hai avuto dei ripensamenti?
Guarda, questa volta ho fatto una cosa che non pensavo potesse succedere: ho realizzato addirittura alcuni pezzi in più e alcuni non li ho inseriti proprio perché magari non mi convincevano appieno, o su cui magari lavorerò prossimamente. Tutto quello che c’è, è stato fatto a puntino. A dire la verità non c’è nulla che io abbia lasciato fuori. Anche perché quando capisco che non sta prendendo la piega giusta lascio perdere. Il resto sono tutte bozze, non sono cose compiute, sono cose aleatorie che andrebbero comunque sistemate per poi capire se possono portare da qualche parte.
Hai promosso il tuo lavoro in maniera abbastanza particolare, nel senso che hai un rapporto con i social network che è un po’ un vedo non vedo. Adesso come si è evoluta questa cosa?
Boh, non lo so! Cerco di usarli nella maniera che più mi diverte, alla fine. Sì, ci gioco un po’ perché mi fa ridere. Vedo alcuni che gestiscono il loro profilo come fosse un gioco a premi: qualche volta l’ho fatto anche io ma era sempre una presa per il culo, anche se poi in realtà tanti davvero fanno quello che dicono. Ma il pubblico è vario, non mi aspetto che tutti capiscano subito queste cose, anche perché i social sono una cosa di cui si fruisce così velocemente…
Mecna è anche un art director che di nome fa Corrado Grilli. Come è stata influenzata la musica dalla tua visione artistica?
Sono abbastanza fissato con le arti visive, secondo me sia nella musica che nella scrittura c’è il fatto di dipingere delle sensazioni, questa cosa di essere molto visivi. Quindi penso che la grafica abbia influenzato molto la mia musica.
A proposito di arti collaterali: se potessi scrivere la colonna sonora di un film, quale sarebbe?
Beh, Mamma ho perso l’aereo! No, sarebbe troppo semplice (ride, NdR), anche se è il mio film preferito. Ti dico Fargo, per fare un po’ il personaggio “Mecna-depresso-inverno”. Anche questo è un film che mi piace molto.
Cos’è cambiato con questo nuovo album?
Qualcosa è rimasto uguale, qualcosa cambia ma di base la mia attitudine rimane sempre simile, sia nella scrittura che in tutto il resto. Certo è che c’è un po’ più di attenzione da parte del pubblico, che è aumentato. Sono varie cose che si evolvono, più che cambiare.
La domanda più banale ce la siamo tenute da parte: perché l’ultimo disco di Mecna si chiama Blue Karaoke?
Perché volevo rimandare a un mondo un po’ preso male. Ho scelto il karaoke perché un simbolo: ti dà l’idea di quali sono i pezzi che durano e quali no. So che è una metafora molto larga, ma è quello che mi auguro, che le mie cose possano durare. L’ho fatto anche per fotografare questo momento in cui la musica, soprattutto quella italiana, sta avendo un bel successo, si canta un sacco, finalmente. Però ecco, il mio karaoke è blu. È triste, insomma.
Come leggi una playlist di Spotify che al suo interno contiene tantissimi artisti di generi diversi? È solo un contenitore come un altro o una vera opportunità?
Beh, io sono abbastanza pro queste cose. Sono più contrariato dalle playlist che hanno un nome specifico, perché secondo me lasciano il tempo che trovano. Invece è bello quando parti per ascoltare un artista e finisci per scoprire tutt’altro. Prima quando usavo Spotify mi ricordo che partivano dei pezzi completamente random, che però ti aprivano dei mondi. Ora è nato questo circolo vizioso, quindi io non lo uso più per scoprire cose nuove perché poi a una certa si torna sempre allo stesso punto.
Raccontaci quali sono i tuoi ultimi ascolti.
Ho una mia playlist pubblica che si chiama Buongiorno così, in cui ogni giorno metto un pezzo. Sono 179 ore di musica. Allora, abbiamo Billie Eilish, Nao, una ragazza di Londra, Jessie Reyez che ha fatto un featuring nel disco di Eminem… Poi ci sono anche How To Dress Well e Brent Faiyaz, anche lui spacca. Adesso non saprei elencarvi tutto ma dentro c’è moltissima roba che mi piace.
Niente musica italiana, quindi?
No, non l’ascolto proprio, ma mi documento. Mi tengo informato su tutto. Generic Animal è uno degli artisti italiani di oggi che mi piace di più. Mi sono innamorato del modo in cui l’ho scoperto, dal nulla, in un momento storico in cui anche quando scopri qualcosa, in realtà ne hai già sentito parlare. Invece con lui è stato un caso, è raro che mi capiti una cosa di questo tipo. Poi ci siamo sentiti, conosciuti, abbiamo anche fatto roba insieme.
Se dovessi disegnare una copertina per l’album di un altro artista, chi sceglieresti?
Non so, è difficile, mi piacerebbe lavorare con Kanye West, che è uno abbastanza visionario su queste cose. Banale, ma sincero.
Le foto di Mecna in questa pagina sono di Giorgia Salerno
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