TIMBERLAND CONSTRUCT:10061, RIPENSARE IL FOOTWEAR ‘FROM SCRATCH’
Construct:10061 è il progetto di Timberland per esplorare la creatività nella realizzazione di uno dei suoi prodotti più importanti, il boot. Abbiamo chiesto a Daniel Bailey di ConceptKicks e alla designer Helen Kirkum di raccontarci la loro esperienza con questo nuovo format ideato dall’azienda americana
di Enrico S. Benincasa
Ripensare totalmente il modo di operare dell’industria del footwear è l’obiettivo di Timberland Construct:10061, l’iniziativa lanciata lo scorso autunno da Timberland, ConceptKicks e dall’agenzia Kessel Kramer, che ha visto un gruppo di sette designer recarsi in una degli stabilimenti in Repubblica Dominicana dove vengono realizzati i prodotti del brand della quercia. Qui ciascuno di loro ha potuto confrontarsi con gli artigiani del posto nella realizzazione di prototipi basati su alcuni dei modelli iconici di Timberland, come per esempio lo Yellow Boot.
I sette designer coinvolti hanno creato 24 prototipi, molti dei quali sono stati esposti nello spazio di Timberland durante l’ultimo White Street Market. Sei di questi molto probabilmente faranno parte di una capsule che verrà lanciata a breve sul mercato. L’obiettivo di Construct:10061 (nome che deriva dal codice interno 10061 con cui è identificato proprio lo Yellow Boot) è però quello di aprire la strada a un nuovo modo di pensare il prodotto, sia nei termini in cui è concepito, sia in quelli in cui è poi comunicato.
Per tutta la durata della season one di questo progetto, infatti, i partecipanti hanno condiviso la loro esperienza attraverso i loro account social e quello Instagram @construct10061. Il tema scelto è stato #BootsBeyondBorders, hashtag che ha accompagnato questa prima parte del progetto e che caratterizzerà anche la seconda.
Timberland e ConceptKicks stanno infatti selezionando proprio ora quelli che saranno i partecipanti della season two di Construct:10061 anche attraverso una call to action su Instagram. Chiunque fosse interessato può sottoporre la propria idea direttamente agli organizzatori attraverso gli hashtag #construct10061 e #construct10061internship fino al prossimo 13 febbraio.
Per presentare quanto fatto lo scorso autunno e la nuova call to action, lo scorso 13 gennaio sempre a White Street Market è stato organizzato un talk che ha visto protagonisti Daniel Bailey, il fondatore di Concept Kicks, e Helen Kirkum, sneaker designer che ha partecipato a Construct:10061. Dopo il loro intervento li abbiamo fermati per farci raccontare meglio come sono andate le cose in Repubblica Dominicana.
Quali sono state le linee guida per scegliere i designer della season one di Construct:10061?
Dan: Abbiamo cercato professionisti che avessero una propria prospettiva e uno skillset unico rispetto agli altri. Io conoscevo tutti personalmente, ma nessuno dei partecipanti si era mai incontrato prima. Prima di partire mi ero fatto un’idea delle possibili affinità che si sarebbero potute creare tra i partecipanti in base al loro carattere e al loro modo di lavorare. L’idea era, metaforicamente parlando, quella di chiuderli in una stanza e vedere cosa sarebbe successo. Poteva andare molto bene o molto male, ma direi che è andata molto bene.
L’età è stato un fattore importante nella scelta?
Dan: No, almeno per questa prima esperienza. Se il prodotto è interessante e fresh, ti poterà un’audience giusta al di là del fatto che è stato disegnato da un 15enne o da un 55enne. Per noi non è importante l’età: se sei sicuro delle tue idee e sei disposto a sperimentare, ti ascolteremo.
È stato difficile confrontarsi con Timberland e con prodotti che hanno fatto la storia come lo Yellow Boot?
Helen: Sì, all’inizio in ognuno di noi c’era un po’ di timore reverenziale misto però a eccitazione: avevamo la possibilità di confrontarci con alcuni capolavori nel mondo dei boot. Ogni elemento dello Yellow Boot, per esempio, è iconico: tomaia, allacciatura, occhielli, suola… Ognuno di essi si può modificare in tantissimi modi. Quello che abbiamo trovato interessante è che, indipendentemente da come lo cambiavamo, rimanevano comunque degli elementi caratteristici che permettevano di riconoscerlo.
Com’è stato invece confrontarsi con gli artigiani della Repubblica Dominicana che lavorano quotidianamente nella fabbricazione di questi prodotti?
Helen: Per me è stato molto interessante. Ho esperienza nel disegno e nella creazione di sneakers e so che le cose possono essere meno semplici di quello che sembrano. Gli artigiani sono stati molto aperti, non dicevano mai: «No, questo non si può fare», anche davanti a idee non propriamente canoniche. Ci rispondevano: «Questo è quello che vuoi?» e poi cercavano di portarci al risultato finale con i loro consigli e le loro tecniche.
Dan: Questo è quello che porta a un buon design. Se non riesci a risolvere i problemi che ti si pongono davanti, difficilmente arriverai a fare cose belle. Ciò che mi ha colpito di più è stata la situazione che si è creata, il come si è arrivati alle soluzioni dei problemi. Soluzioni che possono essere trovate seguendo strade differenti, soprattutto in un ambiente del genere dove ci sono sia designer, sia persone esperte nella fabbricazione di boot. È molto diverso rispetto a lavorare in studio.
Si sono create delle particolari affinità tra voi designer?
Helen: Sì è successo, per esempio a me e Suzanne (Oude Hengel, NdR), neanche ci seguivamo sui social prima di iniziare questa esperienza. Abbiamo un mindset simile ma due approcci totalmente diversi al design. Lei è molto tecnica, io più istintiva. Siamo riuscite a fonderci benissimo in quel contesto, gli altri pensavano che ci conoscessimo da sempre.
Dan: Quello che è successo è che alla fine ci siamo trovati a lavorare insieme a seconda della situazione. È stato bello vedere come le persone collaboravano e si alternavano alle postazioni tra loro durante la giornata. Era tutto sul tavolo, insomma.
Questa situazione ha aiutato anche a creare un clima sincero tra di voi?
Helen: C’è stata molta condivisione di opinioni tra di noi. E c’era sincerità perché la situazione lo permetteva.
Dan: Nessuno rispondeva: «No, non mi piace» e basta. Al massimo si dava un parere su come si poteva fare diversamente un dettaglio del prototipo. Sono stati cinque giorni intensi ma sono passati in fretta, c’era tanta eccitazione e tutti avrebbero voluto rimanere a lavorare. La season two sarà comunque di cinque giorni, abbiamo già informazioni che ci potranno aiutare per questo prossimo capitolo.
Cosa suggeriresti a chi si vuole candidare per la season two di Construct:10061?
Dan: Suggerirei come prima cosa di guardare ciò che abbiamo prodotto. Abbiamo messo l’asticella molto alta, sinceramente non mi aspettavo di raggiungere questo livello. Il secondo suggerimento è di non pensare solo al discorso estetico, anche quello funzionale è fondamentale. E poi c’è quello più importante: essere creativi in ogni aspetto. Se qualcuno arriva con qualcosa di incredibile, ben venga, ma non è importante solo il prodotto, conta molto anche lo storytelling e l’attinenza con il tema #Bootsbeyondborders. È questo quello che rende questo progetto speciale.
Helen: Siamo alla ricerca di qualcosa di innovativo e di inusuale. Non vogliamo persone che hanno paura di proporre le proprie idee, magari sono proprio quelle che stiamo cercando.
Dan: Il merito di Timberland è stato quello di essere trasparente in un contesto dove la creatività è protagonista. Al di là del fatto che i prototipi verranno poi messi in vendita o meno, è veramente interessante capire come si sviluppa la creatività, come si coinvolge il pubblico, come si racconta la storia di ciò che sta nascendo. È questa a mio parere la cosa più innovativa di Construct:10061.
Nella foto in alto: Daniel Bailey e Helen Kirkum.
Il sito di Timberland Construct:10061 lo potete trovare qui. Qui sotto un piccolo doc sul progetto