FRANCO 126 – NUOVO INIZIO
Franco 126 ha uno stile semplice e immediato che, unito a una scrittura puntuale, senza tempo e spazio, mette a nudo sentimenti ed emozioni tanto personali quanto universali. Tra una camera d’albergo e l’altra, è nato ‘Stanza singola’, il suo primo disco solista
di Giulia Zanichelli
Si chiama Federico Bertollini ma per tutti è Franco 126, nome d’arte che fa riferimento al numero dei gradini della scalinata di viale Glorioso a Trastevere, quartiere di Roma dov’è cresciuto con gli amici e compagni di musica della ormai celeberrima Love Gang 126. Dopo lo straordinario successo di Polaroid, il disco in duo con il compagno di collettivo Carl Brave, Franco 126 ora prende per la prima volta la strada solista per raccontare e parlare di sé. Stanza singola è un album di dieci tracce che non dimentica la storia rap e profondamente romana del suo autore, ma che la intreccia con le strutture, le tematiche e il linguaggio della canzone italiana per meglio raccontare il suo intimo.
Come mai hai scelto il titolo Stanza Singola?
Ho scelto Stanza singola perché, involontariamente, racchiude il punto di contatto che c’è tra diversi pezzi del disco: quello dell’hotel. Una sorta di fil rouge che non è stato deciso a tavolino, ma è emerso in un secondo momento: riguardando i pezzi scritti, ho visto che hanno tutti alla base l’idea della stanza d’albergo. Probabilmente è dovuto anche al fatto che sono stato molto in giro ultimamente, nel tour di Polaroid con Carlo, e quindi ho passato tante notti in stanze singole.
A proposito di Polaroid, questo disco è sicuramente molto diverso dal tuo lavoro precedente con Carl Brave. Come mai hai deciso per questa virata cantautorale?
È avvenuto in maniera molto naturale. Quando abbiamo fatto Polaroid molti avevano iniziato ad associarci a un’idea di cantautorato. Allora sono voluto andare a riscoprire quelle radici musicali che tutti quanti noi abbiamo in quanto italiani. Io non le avevo mai approfondite, il mio background è principalmente rap. A questo si è accompagnato lo studio della voce: ho cominciato a prendere lezioni di canto e ho capito molto di più il potenziale della mia vocalità e quello che ci potevo fare. Un’altra esigenza che sentivo era quella di fare una cosa diversa. Polaroid credo sia un disco irripetibile, ha catturato un periodo di una generazione e della mia vita. Ricalcare quella linea sarebbe stato deleterio. Ho voluto provare nuove strade, volevo fare un disco che parlasse di me, della mia sensibilità e della mia interiorità. Mi sono messo un po’ a nudo, e ne è uscito Stanza singola.
Nel disco hai anche abbandonato l’uso dell’autotune, che spesso è associato a un’idea di modificare la propria voce per nasconderne magari le debolezze. È così?
Per me è uno strumento. Molte cose che suonano bene con l’autotune non suonerebbero alla stessa maniera senza. Poi sicuramente aiuta: per esempio in Polaroid ha aiutato anche noi a intonare delle melodie, a dare una direzione al cantato. Ma bisogna sfatare questo mito che l’autotune ti fa cantare, non è che se lo usi non sai fare le melodie! La trap senza autotune è semplicemente meno figa, ma esisterebbe comunque. Uno come Sfera Ebbasta è capacissimo di cantare senza usarlo intonando melodie alla perfezione. Nel suo caso usarlo dà un qualcosa di più alla sua voce. Non tutte le voci sono però uguali, alcune hanno da guadagnarci e altre no. Nel mio caso, perdo delle sfumature con l’autotune, ecco perché ho pensato che in questo lavoro non ci dovesse essere.
Tutto il disco gira attorno all’amore, declinato in diversi modi, tendenzialmente un amore finito o in crisi. Sono canzoni autobiografiche? Sono scritte per qualcuno o per Franco 126?
No, sono scritte per me. Sono cose che avevo e ho bisogno di tirare fuori. Volevo fare un disco da cantautore, e i cantautori parlano principalmente d’amore nelle sue varie declinazioni. Ci sono mood differenti, c’è anche un pezzo sull’amicizia, che comunque non è altro che una forma d’amore. Ci sono dentro tutte le mie esperienze passate, però più che collegarle a una persona nello specifico le collego alla mia interiorità, al mio modo generale di vivere le cose. Non credo tanto in questa cosa di scrivere canzoni per qualcuno, non è sicuramente una cosa che faccio io. Scrivo per parlare di me, poi partendo da quello è chiaro che parli anche di altro, di quello che hai vissuto e che ti gira intorno.
Ho letto che volevi allontanarti da Roma, ma ci sono una serie di riferimenti alla capitale molto vividi, dai vagoni della metro stracolmi al video del singolo girato sul Lungotevere… Non è stato certo un distacco totale!
Nei testi mi sono sforzato di fare due cose. Primo, togliere tutti i riferimenti temporali all’oggi, alla modernità. Secondo, togliere Roma. Non ci sono riuscito del tutto perché è inevitabile che la mia città sia presente nei miei testi: ci vivo, rimane sempre una delle mie più grandi ispirazioni. Non nomino più dei luoghi fisici o delle cose tipiche ed esclusive come il sanpietrino, ma credo comunque che si respiri Roma, nonostante io abbia cercato di rendere il disco quanto più possibile esterno da un luogo geografico e temporale preciso. Non ci sono riuscito a pieno, ma è an- che un bene, non ci si può togliere di dosso completamente la romanità!
Nell’esordio di Franco 126 da solista c’è un solo featuring, nella title track con Tommaso Paradiso. Perché proprio lui?
Ho scelto Tommaso perché mi piace tantissimo come artista, è versatile e credibile. I suoi dischi sono molto distanti l’uno dall’altro, ha avuto la capacità di evolversi. Alla base poi c’è un rispetto reciproco. Io ho scritto il pezzo e poi gliel’ho mandato, lui ha scritto subito la sua parte e ha avuto anche l’idea del video. Si è molto appassionato alla faccenda, mi ha fatto piacere perché vuole dire che l’ha sentito molto suo e questo mi fa grande piacere.
Quanto è stata importante la produzione del disco di Stefano Ceri?
Ceri ha vestito i miei pezzi. Quando sono arrivato da lui le canzoni erano già quasi complete, lui ha prodotto tutto in due mesi e mezzo. Abbiamo dato una grande coesione al disco. Gli avevo presentato dei brani anche molto distanti tra di loro, era importante avere qualcuno che riuscisse a dargli unità e Ceri c’è riuscito.
Quali sono i cantautori, vecchi e nuovi, che ti hanno ispirato?
Sicuramente Califano, De Gregori, Dalla, Baglioni, Caputo… Me ne dimentico sempre qualcuno! In generale però è un disco ispirato alla musica degli Anni Ottanta, anche come riferimenti nei testi. Poi ascolto anche Coez, Tommaso, Calcutta, Frah Quintale, tutta la nuova scuola cantautorale. La nuova scena che c’è a Roma e in tutta Italia è una bomba: stiamo portando avanti, ognuno a modo suo, della musica nuova, ed è molto importante.
Intervista pubblicata su WU 94 (febbraio – marzo 2019). Segui Giulia su Facebook
La foto di Franco 126 in apertura è di Beatrice Chima
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Giulia Zanichelli
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