AFTER LIFE, LA GENTILEZZA NON HA MAI UCCISO NESSUNO
After Life, la serie di Netflix di e con Ricky Gervais, è un’ode alla vita e all’altruismo senza mai un’ombra di retorica
di Gaetano Moraca
Nessuna serie negli ultimi tempi mi ha strappato il cuore com’è stata in grado di fare After Life, la dramedy britannica scritta, diretta, prodotta e interpretata dallo straordinario Ricky Gervais e distribuita da Netflix (in quel maremagnum a cercar bene si trovano anche delle perle). Tony è un giornalista di provincia, di mezza età e sovrappeso, incazzato nero con il mondo. E lo è a buon diritto perché ha perso la cosa più bella che aveva, sua moglie. Voi come reagireste se la persona con cui avete trascorso quasi tutta la vita, con cui passavate il tempo a ridere come adolescenti, da cui tornavate ogni sera felici al solo pensiero di rivederla, morisse? Ecco, Tony reagisce nel modo peggiore possibile (ma poi, chi siamo a noi per stabilire com’è lecito affrontare un dolore così grande?): offende e minaccia chiunque intralcia il proprio cammino perché è convinto di non aver più nulla da perdere. Tanto se le cose dovessero mettersi ancora più male gli resta sempre il suicidio, dice.
Passa così le giornate a struggersi dietro ai video che la moglie gli ha lasciato prima di morire, senza però capire come mettere in pratica le sue raccomandazioni a prendersi cura di se stesso. Tony così occupa il tempo entrando e uscendo dalla redazione (il direttore del giornale è suo cognato, costantemente in apprensione per lui), andando nella casa di riposo dov’è ricoverato suo padre affetto da demenza, confidandosi con lo psicologo, portando a passeggio il cane, insultando il postino, acquistando droghe, passando al cimitero davanti alla lapide di sua moglie. Ma è proprio in ognuno di questi luoghi che Tony, nel susseguirsi dei sei episodi che compongono After Life, si rende conto che tutto sommato «vale la pena restare nei paraggi per provare fare di questo piccolo angolo di mondo un posto un po’ più bello». C’è la nuova stagista che gli ricorda quanto gli piace il suo lavoro, c’è la prostituta che gli rammenta che ogni vita è preziosa, l’anziana vedova del cimitero (la vera analista in fondo è lei) che gli rivela che la felicità è una cosa meravigliosa, che non importa se la proviamo noi o la doniamo agli altri. E poi arriva l’infermiera della casa di riposo che permette al cuore di Tony di ricominciare a battere.
After Life è una piccola ode alla gentilezza, che in questi tempi di brutalità ed egoismo viene spesso confusa col buonismo. «Sarà forse un po’ semplicistico e senz’altro arduo da mettere in pratica, ma direi che, nella vita, non sarebbe un’idea malvagia cercare di essere più gentili», suggeriva George Saunders ai laureandi della Syracuse University in un toccante discorso diventato poi un libro (L’egoismo è inutile, minimum fax). I dialoghi di questa piccola grande serie – già rinnovata per una seconda stagione – sono sferzanti e dolci allo stesso tempo, senza mai l’ombra della paternale ma intrisi di humor inglese. Giusto per intenderci:
Vedova: «Non si tratta solo di te, capisci. No siamo qui solo per noi, ma anche per gli altri».
Tony: «Questa solfa su Dio con me non attacca».
Vedova: «Neanche con me, sono tutte stupidaggini. Non abbiamo altro che il prossimo. Dobbiamo aiutarci a vicenda, aiutarci fino a quando non saremo al capolinea. Non serve a niente piangerci addosso e rendere anche tutti gli altri tristi. Tanto vale farla finita se ti senti così».
Tony: «Sicura di voler fare volontariato?»
Fatevi un regalo, guardate After Life. Alla fine un po’ di gentilezza può fare solo bene.
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