ANGELICA – BAMBINA FEROCE, TALENTO PURO
Il Mi Ami Festival è stato, contro tutti i pronostici, poco bagnato rispetto alle previsioni e quindi molto fortunato. La pioggia ha “risparmiato” anche il live di Angelica: dopo la sua performance l’abbiamo intervistata, sfidando proprio un acquazzone che è arrivato giusto un minuto dopo la fine della sua performance
di Giorgia Salerno
Una voce avvolgente, una presenza scenica vulcanica, una personalità dalle mille sfaccettature: Angelica non è “solo” bellissima, ma è anche la migliore amica che vorresti sempre avere accanto. Quando finisce la festa è un disco tanto pop e colorato, quanto intimo e profondo che non ha nulla da invidiare alle varie Marina e Ariana Grande d’Oltreoceano. Le canzoni di Angelica parlano d’amore, ma sono orgogliose, feroci e poetiche al tempo stesso. I testi si prostrano alla musica quasi fosse una preghiera pop, ma senza mai perdere la propria identità in favore della melodia: tutto mantiene una salda presa, c’equilibrio e il risultato è un disco forte e prezioso che non può mancare nella tua prossima playlist. Questo è quello che Angelica mi ha raccontato dopo il suo concerto.
Angelica, come è entrata la musica nella tua vita?
Avevo 11 o 12 anni ed ero malata in casa ad agosto, la mia famiglia è molto poco musicale e chiesi in regalo una radio – che non avevamo – per tenermi compagnia mentre il resto del mondo era in vacanza. Nella radio, per errore, il negoziante aveva lasciato la compilation One dei Beatles. Appena schiacciato play sono impazzita, come se fossi stata investita da un treno. È stato il mio momento zero dove è successo tutto, lo ricordo perfettamente.
Qual è stato il momento in cui hai capito che volevi intraprendere un percorso solista?
È stato naturale: ho iniziato molto presto come solista ma poi a 23 anni stavo già registrando il primo disco con i Santa Margaret, con i quali sono stata attiva fino al 2016. Dopo un percorso di alti e bassi emotivi avevo bisogno di dimostrare a me stessa che la mia insicurezza non era patologica e che potevo farcela da sola, senza l’aiuto e il comfort del lavoro in gruppo. Trovare la mia identità musicale è stato un percorso difficile, scontrarsi contro sé stessi e con le cose che non vorresti vedere di te è tutt’altro che facile ma fondamentale per crescere.
Il tuo disco mi è rimasto impresso per mille motivi, tra cui il titolo: ci racconti cosa succede quando finisce la festa e soprattutto, che tipo festa stai vivendo dopo questo debutto solista?
Mi ossessiona quel momento in cui “quello che c’era non c’è più”, così come il suo contrario, ovvero “quello che deve cominciare non è ancora cominciato”. Non hai in mano nulla, sei in un limbo, ma è in quel limbo che decidi quello che puoi fare del tuo futuro. Quando finisce la festa è un momento di catarsi. Questa nuova festa invece, è appena iniziata. È una liberazione crescere, pagherei per aver avuto questa serenità, maturità e allo stesso tempo leggerezza qualche anno fa, ma sono le regole di quel gioco a cui giochiamo tutti: la vita.
Qual è stato il concerto del Mi Ami che Angelica non vedeva l’ora di gustarsi?
La verità è che venerdì ero impegnata, sabato avevo la febbre e la domenica dovevo suonare! Amo molto la direzione artistica che ha il Mi Ami, è un festival molto libero, anarchico e innovativo. Volevo assolutamente rivedere Dimartino, La Rappresentante di Lista e per la prima volta gli amici I Hate My Village. Per fortuna erano tutti lo stesso giorno in cui suonavo io, quindi ho fatto en plein.
Le tue foto su Playboy mi hanno fatto volare: credi sia una cosa che ci potremo aspettare in futuro anche da un artista uomo? E, più in generale, cosa pensi dello squilibrio numerico tra uomini e donne nel panorama musicale italiano?
Non sai quanto ho volato pure io! La verità è che noi donne, per millenni, nel fiore degli anni, anziché dedicarci alle arti e ai mestieri, ci siamo dedicate, per convenzione sociale, a fare figli, crescerli e occuparci della famiglia. Ora per fortuna siamo molto più libere di scegliere cosa fare col nostro utero e soprattutto quando, però inevitabilmente è stato complicato creare una tradizione radicata di donne, nell’arte e non. Per centinaia di anni la donna artista era un’emarginata, pensiamo alle grandi scrittrici o poetesse del passato. Ovviamente questo si riflette anche in musica. Oggi, quest’epoca ci permette di porre le basi del cambiamento e di costruirlo. Alcune situazioni (vedi: Mi Ami Festival, NdR) sono molto equilibrate in questo senso, altre (vedi: una lista, ahimè, ancora lunghissima, NdR) molto meno. Ricordo che una volta un discografico mi disse, nel 2012, quando ancora non avevo la band: «Noi non firmiamo donne». Ora sarebbe inaccettabile dire una frase del genere. Per quel che riguarda le foto di questo tipo a un maschio… Ben vengano! Giocare col proprio corpo è sempre arte, accompagna la musica, pensa a Bowie quanto ha giocato con la sua figura.
Bambina Feroce è un pezzo autobiografico? Come vedi Angelica oggi e quanto sei cambiata rispetto al passato?
Tutte noi siamo un po’ bambine feroci! L’odio che provi da bambino è un odio puro, non pericoloso, non è scuro come quello che può provare un adulto. In questa canzone esprimo odio, ma non voglio essere cattiva, voglio trattare questo sentimento come lo tratterebbe un bambino. Oggi mi vedo molto più consapevole, sciolta, quieta. Ho un po’ abbracciato la la ragazzina che ero e l’ho (quasi)perdonata. Sono cambiata tantissimo, cambio continuamente, sono acquario; non posso stare ferma!
Quali sono i tuoi progetti per il futuro e, in particolare, il sogno che speri di vedere realizzato?
Nel futuro ci sarà un tour estivo e poi un tour autunnale. Suonare dal vivo è in assoluto la cosa che preferisco: scrivere è bellissimo, ma è un viaggio introspettivo che può essere molto sofferente. La band è super unita e ci divertiamo. Soprattutto sul palco, mentre suoniamo. Sto già pensando il disco nuovo che uscirà l’anno prossimo. Il sogno che spero di vedere realizzato sto cercando di realizzarlo, è una follia utopica, ma se ci riesco… Volo! I sogni servono per provare a realizzarli, non solo per stimolare la fantasia.
La tua estetica ha avuto la meglio anche sulle condizioni meteo del Mi Ami: come studi i tuoi outfit e, più in generale, quali sono le tue principali ispirazioni visive?
Gli outfit me li scelgo all’ultimo, in base al mood del momento, se li studio con anticipo poi va a finire che faccio in tempo a cambiare umore e vado “in sbatti”. Mi piace molto mescolare le epoche e i movimenti, un po’ di estetica glam anni Settanta, un po’ di primi anni duemila, un po’ di retro-romanticismo, un po’ maschiaccio e un po’ femme fatale, come cantava Nico coi Velvet Underground.
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