GASPAR NOÈ – IL CINEMA COME LE MONTAGNE RUSSE
Gaspar Noé è il regista di ‘Climax’, film che esce in Italia il 13 giugno. Ne abbiamo parlato con lui durante la presentazione del lungometraggio alla Fondazione Prada
di Davide Colli
Gaspar Noé è stato ospite di Fondazione Prada a Milan la settimana scorsa. Il regista di Love, Enter The Void e Irreversible, è passato in Italia per la proiezione di Climax, il suo lungometraggio presentato nel 2018 al Festival di Cannes e proiettato anche all’ultimo Milano Film Festival (qui la nostra recensione) che arriva nei cinema italiani a partire dal 13 giugno. Al termine della proiezione abbiamo chiacchierato con Gaspar Noé di Climax e della sua filmografia, da sempre oggetto di discussione ma mai passata inosservata.
In Climax viene stravolta la grammatica cinematografica, posizionando ad esempio i titoli di testa a metà film: cosa ti ha spinto a utilizzare questo espediente?
Andare al cinema non è poi così tanto diverso rispetto a salire sulle montagne russe: non vai sulle stesse montagne russe per cinquanta volte, altrimenti ti stanchi. Al cinema cerco quindi di portare qualcosa di diverso ogni volta e di attrarre lo spettatore verso qualcosa a cui non è abituato, senza però la pretesa di stravolgere il linguaggio cinematografico, poiché non ci sono riusciti nemmeno Jean Luc Godard o Lars Von Trier.
Cosa simboleggia la danza in Climax? Ha una funzione antropologica, di costruzione della società oppure di distruzione e rovina di essa?
Da quando l’uomo esiste ha sempre ricercato degli stati di alterazione e di trance e questo elemento fa parte della nostra realtà anche nella forma d’arte che è la danza, creando una netta contrapposizione tra il lato più dionisiaco del ballo, quasi orgiastico, e quello più barbaro, che esplode improvvisamente nel film. L’uomo non è solamente un essere razionale, ma anche un animale e perciò conserva delle logiche intrinseche tipiche delle bestie.
Che rapporto ha con 2001: Odissea nello Spazio, dato che le citazioni a questa pellicola costituiscono un elemento ricorrente nella tua filmografia?
In un film involontariamente si mette sempre una parte di sé: ad esempio nel personaggio di Murphy, protagonista di Love, che nel film dichiara che 2001 sia il suo film preferito, c’è molto del sottoscritto, come di alcuni miei amici. Si accinge sempre dalla propria esperienza personale e dalle conoscenze per la scrittura di un personaggio. Quella pellicola è diventata una mia personale ossessione da quando la vidi per la prima volta a sedici anni: ovviamente non capì nulla dei molteplici significati, ma fu il mio trip non indotto da sostanze stupefacenti. Da allora, quando lo riprogrammano in alcune sale cinematografiche, torno a rivivere questa esperienza visiva senza eguali. Quest’anno l’ho già visto quattro volte!
Cosa pensa Gaspar Noé della realtà virtuale? Credi possa rappresentare un giorno il “futuro” del cinema?
Ritengo che la realtà virtuale non sia ancora all’altezza: i pixel sono troppo grandi e non riescono a restituire allo spettatore una buona qualità. Inoltre con la realtà virtuale si intende un’esperienza solitaria, laddove il cinema possiede una dimensione ritualistica del collettivo, come una messa o un comizio politico, durante i quali il pubblico guarda frontalmente qualcosa, che sia una persona o che sia uno schermo. Le esperienze di realtà virtuale che preferisco sono quelle che includono parzialmente anche l’ambiente che sta attorno allo spettatore, rispetto a quelle che lo occludono in una ricostruzione fittizia.
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