LE FINESTRE SUL FUTURO
L’emergenza climatica obbliga a un ripensamento dell’architettura e dal Regno Unito si sta diffondendo in tutto il mondo il grido di Architects Declare, un manifesto firmato da importanti studi internazionali che invita a un riciclo consapevole anche in questo settore
di Elisa Zanetti
I Lego ce lo insegnano da sempre: con gli stessi mattoncini colorati si può fare e disfare, costruire infinite soluzioni che seguano la creatività e le necessità del gioco. L’improrogabile urgenza di affrontare l’emergenza climatica fa sì che sia tempo di recuperare questo approccio e di trasportarlo nel mondo dell’architettura e dell’edilizia. L’impatto di questi settori sull’ambiente è infatti allarmante. Basti sapere che l’energia impiegata per costruire gli edifici in cui viviamo rappresenta il 40% circa delle emissioni globali di anidride carbonica e che, se considerassimo l’industria del cemento come una nazione, questa rappresenterebbe il maggiore produttore di di CO2 dopo Cina e Stati Uniti.
Fortunatamente però qualcosa inizia a muoversi: a maggio 2019, nel Regno Unito, alcuni importanti studi hanno dato vita ad Architects Declare, un manifesto per un nuovo approccio all’architettura. Tra i punti che compongono Architects Declare troviamo l’impegno a: sostenere pratiche di progettazione rigenerativa che vadano oltre lo standard delle zero emissioni di carbonio; aumentare la consapevolezza riguardo l’emergenza climatica e favorire la sensibilizzazione di clienti e fornitori; accelerare il passaggio a materiali a basse emissioni di carbonio; collaborare con ingegneri, imprese, fornitori e clienti per ridurre i rifiuti di costruzione e riqualificare gli edifici esistenti favorendone un uso prolungato come alternativa alla demolizione e alle nuove costruzioni ove possibile.
Architects Declare ha presto trovato numerosi sostenitori e ha raggiunto diversi Paesi fra cui Norvegia, Australia, Islanda, Sud Africa, Nuova Zelanda, Francia… In Italia, a guidarlo, c’è lo studio milanese Piuarch. «Ci siamo impegnati a raccogliere le adesioni al manifesto, che conta a oggi più di 300 studi – spiega Gino Garbellini, co-fondatore con Francesco Fresa, Germán Fuenmayo e Monica Tricario dello studio – Il dato interessante è che per la prima volta gli architetti italiani hanno preso posizione su un tema tanto centrale come quello dell’emergenza climatica».
Tra i progetti recenti più interessanti realizzati da Piuarch troviamo Gucci Hub, headquarter milanese della maison, che ha visto il recupero dell’ex-fabbrica Caproni, valorizzando i caratteri formali delle architetture industriali. «Il topic del recupero è certamente una declinazione del concetto di sostenibilità, non solo energetica, ma anche urbana, sociale e paesaggistica. È il punto di partenza per reimmaginare la trasformazione urbana in un’ottica di preservazione ambientale a tutto tondo – commenta Garbellini – oltre ad avere recuperato e riutilizzato i materiali originali laddove possibile, abbiamo preservato il paesaggio urbano ricostituendo gli edifici bassi sovrastati da coperture a shed. L’intervento si configura come opera di conservazione e riqualificazione e ha ridato vita a un edificio abbandonato da decenni, contribuendo alla rinascita del distretto locale».
La tendenza al recupero sta prendendo sempre più piede, con soluzioni spesso particolarmente creative: lo studio canadese YYYY-MM-DD ha ideato dei sacchetti incredibilmente resistenti e riutilizzabili da riempire con calcestruzzo di recupero per essere sfruttati in nuove costruzioni. In Giappone invece, a Kamikatsu, nella prefettura di Tokushima, tra le più impegnate nel raggiungimento dell’obiettivo zero waste, lo studio Hiroshi Nakamura & NAP ha realizzato la Kamikatz Public House, scegliendo materiali di recupero presi dalla ricicleria locale.
La città, che ha già raggiunto un tasso di riciclaggio dell’80%, ha il suo fiore all’occhiello in questa architettura che racchiude all’interno un negozio di prodotti per la casa, di cibo e birra a peso, una birreria e un pub. Qui vecchie bottiglie sono oggi diventate un lampadario, i giornali sono stati usati come carta da parati, scarti di cedro locale sono stati applicati alle pareti esterne, attrezzature agricole in disuso sono state trasformate in espositori di prodotti, mentre piastrelle abbandonate hanno dato vita al pavimento.
Ma il tocco più affascinante è dato dalle vecchie finestre recuperate, che ricoprono quasi interamente una delle sue facciate e che illuminano intensamente gli interni. Sono gli occhi del tempo, da qui i vecchi abitanti hanno visto cambiare la loro città e da qui gli avventori di oggi guardano al domani di una località che, anche grazie al suo impegno per un futuro migliore, sa far sentire i cittadini comunità e attrarre turisti e visitatori.
Articolo pubblicato su WU 101 (aprile – maggio 2020).
Nella foto in alto: il Gucci Hub realizzato da Piuarch recuperando un’ex fabbrica milanese. Foto di Giovanni Hanninen
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