POPULOUS – COME LA SETA
Populous è uno dei protagonisti del main event di Viva! Festival. Qui la nostra intervista sul suo ultimo lavoro, W, uscito per La Tempesta e Wonderwheel
di Enrico S. Benincasa
«Un mio amico l’altro giorno mi ha detto che questo disco suona come la seta e mi sono commosso». Populous ci lascia lo spunto per il titolo alla fine di una lunga chiacchierata telefonica, quando ci mettiamo a parlare di quella sensazione di eleganza musicale che accompagna l’ascolto delle tracce di W. Un paragone, quello con la seta, che è calzante e fotografa bene l’idea di femminilità che il producer salentino ha voluto rendere suono.
Nel disco di Populous troviamo dieci tracce in cui troviamo tante ospiti, una nutrita rappresentanza italiana – L I M, Matilde Davoli, Lucia Manca, Myss Keta e la “nostra” Emmanuelle – e tante artiste conosciute da Andrea in giro per il mondo, come la messicana Paulina di Sotomayor e l’argentina Clara Trucco dei Weste. Un’altra prova convincente – album del giorno su Bandcamp appena uscito, con successivo sold out – che segue l’altrettanto solido Azulejos, con cui cominciamo la intervista.
Dopo Azulejos avresti potuto fare un disco più in comfort zone, no?
È una cosa su cui mi è capitato di riflettere: l’album precedente è andato bene, stilisticamente funziona ed è stato suonato da un sacco di dj. A me, però, non piace fare due volte la stessa cosa e un progetto come questo dove c’è un concept così forte non lo avevo mai fatto. So già che il prossimo disco sarà diverso da questo.
L’idea del disco nasce prima del Pride milanese dell’anno scorso, quando con Myss Keta avete concepito House of Keta?
Sì, il progetto W nasce prima. Con Myss Keta volevamo fare un pezzo vogueing da tempo, che omaggiasse la scena ballroom e la sua inclusività. La prima traccia prodotta è stata quella con Cuushe: lei era appena uscita da un periodo difficilissimo, e questo pezzo, che ha un testo che parla proprio di rinascita, è il primo che ha registrato dopo questa fase non fortunata della sua vita. Con L I M ed Emmanuelle abbiamo registrato da me in Puglia. Emmanuelle è venuta lo scorso Natale, abbiamo pranzato assieme a casa mia proprio il 25 dicembre. Si è messa poi a fare la dj, mi ricordo che quel giorno ha messo Vinicious De Moraes… È nata in quei giorni Flores do mar, che abbiamo dedicato alla dea del mare protettrice delle donne, Iemanjà.
È stato difficile comporre questa tracklist?
Non sono uno che fa 80 pezzi e poi ne sceglie dieci, faccio i miei provini ma poi porto avanti solo quelli che sono sicuro di concludere. Sapevo che avrei voluto iniziare il disco con Desierto, aveva l’intro giusto, e sapevo anche che Roma era la canzone giusta per chiudere. Molti miei amici musicisti mi chiedono di fare le tracklist, dicono che mi vengono meglio dei dischi (ride, NdR).
In Roma troviamo Matilde Davoli e Lucia Manca. Qual è stata la genesi del pezzo?
Sentivo che mancava qualcosa in Roma, ma non capivo cosa. Ho chiesto aiuto quindi a Matilde Davoli, che me lo ha rimandato con i suoi interventi di synth. Mi ha suggerito di aggiungere un coro e così ho chiamato Lucia, ma mi sembrava che il tutto non fosse ancora completo. Allora abbiamo provato a mettere del recitato nelle due pause: ci siamo messi a pensare insieme a cosa dire e siamo arrivati a queste frasi che, con un po’ di ambiguità, fanno pensare sia alla nostra capitale sia al quartiere di Città del Messico a cui in effetti il pezzo è dedicato. L’abbiamo registrata come esperimento e l’abbiamo lasciata.
Le tue due etichette, Wonderwheel e La Tempesta, come hanno accolto il progetto?
Con entrambe è andata bene. Wonderwheel è un’etichetta che approfondisce certi tipi di suoni, il disco gli è piaciuto subito e in cinque giorni ha fatto sold out. Siamo rimasti spiazzati tutti, tanto che nei giorni di uscita ho dovuto dedicarmi anche a recuperare copie del disco per non lasciare senza gli store online. La gente mi chiedeva: «Come è possibile che sia già sold out?» e sinceramente non sapevo cosa rispondere.
Ti è mai venuta l’idea di mettere una traccia con un uomo?
Ci sono presenze maschili, come Protopapa e Kenji nel pezzo con Myss Keta, o Nicola Napoli che ha fatto le grafiche. È una cosa che avrei fatto solo se fossi stato certo di realizzarla in modo provocatorio, magari dopo una serie di “esperimenti matti”. Un obiettivo che avevo era provare a far seguire il progetto unicamente da donne, dalla pre-produzione, alla promozione. Sono impazzito, per esempio, nel tentativo di cercare qualcuna che mi facesse una sessione di mastering. Ho scritto mail a tutte le donne ingegnere del suono, che non sono tante nel mondo. I tempi di attesa erano troppo lunghi e non ci sono riuscito, ma ci ho provato.
L’accesso a certe professioni è ancora difficile secondo te?
Fare il tecnico del suono specializzato nel mastering è una professione che puoi fare senza doverlo chiedere a nessuno: lavori in autonomia e non per una corporation, devi solo essere bravo/a. È solo una questione di tempo, fra un po’ ce ne saranno senza dubbio di più. Dal punto di vista dell’accesso alla professione forse è meno inclusiva la discografia.
La discografia è più maschilista rispetto a quando tu hai iniziato?
La percentuale è fisiologicamente diminuita, ma c’è ancora strada da fare. Ce n’è tanta in un certo tipo di rap, un genere che è così connesso con il mondo dei ragazzini purtroppo a volte non riesce a essere al passo con i tempi risultando vecchio, già sentito. Mi piace quando qualcuno, in questo campo, fa qualcosa fuori dal coro. Per esempio Achille Lauro al di là del mero discorso musicale.
Hai mai pensato di posticipare il disco causa lockdown?
Ci ho pensato, ma questo disco ha due dimensioni, una da ballare e una da ascoltare. All’inizio della quarantena – che ho passato fortunatamente benissimo, prendendo- mi del tempo per me – ho tratto giovamento dai dischi che sono usciti, mi ha aiutato per esempio dedicarmi all’ascolto di quello di Nicholas Jaar. Quindi, d’accordo con le etichette, abbiamo deciso di pubblicarlo. È un disco che ha una componente dance ma è nato anche per essere ascoltato. Sono contento così, in una situazione normale avrei potuto fare tante date ma vivo un momento felice della mia vita, non mi manca niente, preferisco pensare alle cose belle che stanno accadendo e non a quelle che non sono accadute.
Populous suonerà l’8 agosto per Viva! Festival alla Masseria Aprile di Locorotondo. Qui il sito di del festival.
Intervista pubblicata su WU 102 (luglio 2020)
Nella foto in alto: Andrea Mangia aka Populous, foto di Silvia Violante Rouge
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