MARI PEOPLE, A PAGAN BEAUTY
Raffaele Petralla ha fotografato i Mari, popolazione di una piccola repubblica della federazione russa che vive in un tempo sospeso, scandito dalla ciclicità della natura, dalle tradizioni e da rituali pagani. Un lavoro lungo dieci anni, iniziato quasi per una casualità ma portato avanti con costanza e che, a breve, troverà la sua conclusione in un libro che ripercorre questa esperienza
di Enrico S. Benincasa
Mari People, a Pagan Beauty: com’è cominciato questo lavoro?
È iniziato tutto per caso. Era il 2010, mi trovavo in Ucraina e, guardando la mappa della Russia, ero incuriosito dal nome di questa regione della Russia, Repubblica dei Mari El. C’erano solo poche righe su Wikipedia, si parlava di una regione autonoma abitata da una popolazione di origine ugro-finnica che celebrava rituali pagani. Ho deciso quindi di andarci dopo aver contattato una persona del posto su internet.
Quante volte ci sei andato in questi anni?
Cinque volte, la prima nel 2010 e l’ultima del 2018. Ero parzialmente soddisfatto del lavoro realizzato in seguito al primo viaggio, mi piaceva ma era troppo figlio del fascino del luogo e non così approfondito come avrei voluto. Mancava una parte fondamentale della loro vita, i rituali, perciò sono ritornato per alcune celebrazioni che fanno in particolari momenti dell’anno. Questi viaggi hanno avuto per me anche un significato personale, perché mi è venuto naturale confrontare quello che vedevo con i racconti dei miei nonni sulla vita rurale e sulla ciclicità della natura.
È stato difficile ottenere la loro fiducia e convincerli a farsi ritrarre?Sono stato ospite di diverse famiglie e questo mi ha aiutato, ma l’ingresso della macchina fotografica nella nostra relazione è sempre stato graduale. Prima di partecipare ai rituali, comunque, c’è stato un lavoro di socializzazione e ho dovuto farmi accettare dalle popolazioni dei villaggi. Mi sono attenuto a delle regole come, per esempio, non fotografare mai il leader spirituale di fronte, perché in quel momento lui è in contatto con una divinità e nessuno si può porre in mezzo a loro.
Com’è il rapporto tra le giovani generazioni e quelle più anziane?
I Mari hanno sempre tramandato oralmente le loro tradizioni, riuscendo a resistere agli ostacoli. Ai tempi dell’URSS, per esempio, era stato loro proibito di celebrare questi rituali. Hanno inoltre una propria lingua che studiano a scuola insieme al russo. È la musica il punto di incontro tra le generazioni: a quella tradizionale suonata con strumenti classici, si aggiungono nuovi brani realizzati con strumenti elettroni- ci. Nelle feste post rituale, si suona e si balla tutti insieme qualsiasi tipo di canzone.
Come si è evoluto il tuo modo di scattare durante le tue visite ai Mari?Mi sono sempre interrogato su come volevo raccontarli. Nel corso degli anni ho capito che volevo sottolineare questa situazione di “tempo sospeso” che li caratterizza. Ho cercato quindi di non ritrarli troppo da vicino, in orari come il tardo pomeriggio e la mattina presto anche perché l’estate è molto calda.
Quando esce il libro?
Il libro nasce perché nel 2018 ho vinto il Premio Voglino con questo lavoro. Siamo alle battute finali, il Covid ci ha un po’ rallentato, ma stiamo ultimando tutto con la curatrice Annalisa D’Angelo. Nel progetto ci sarà spazio anche per alcuni racconti dello scrittore russo Denis Osokin, autore della sceneggiatura di Celestial Wives of the Meadow Mari di Alexander Fedorcenko. Dovrebbe uscire entro la fine dell’anno.
RAFFAELE PETRALLA Originario di Matera, vive a Roma ed è fotoreporter, documentarista e docente di fotografia. I suoi lavori sono stati pubblicati su testate italiane e internazionali, tra cui The New York Times, Washington Post e Der Spiegel. Ha vinto numerosi premi e, dal 2015, è membro dell’agenzia Prospekt Photographers. Il suo sito è www.raffaelepetralla.com
Intervista pubblicata su WU 103 (settembre 2020). Tutte le foto nella pagina sono di Raffaele Petralla