IL RITORNO ALLE ORIGINI DI GUS VAN SANT TARGATO GUCCI
Girato assieme ad Alessandro Michele, direttore creativo di Gucci, il nuovo progetto di Gus Van Sant è stato presentato durante lo showcase online GucciFest
di Davide Colli
Rispetto alle più recenti opere dal sapore holliwoodiano di Gus Van Sant, possiede un sapore diverso Ouverture of Something that Never Ended, serie di cortometraggi realizzati per Gucci dal regista americano insieme ad Alessandro Michele. I cortometraggi, sette in totale, sono stati pubblicati sul canale YouTube di Guccifest a partire dal 16 novembre (l’ultimo episodio conclusivo è stato reso disponibile domenica scorsa).
Sembra che il regista statunitense abbia avuto finalmente la possibilità di tornare in una sua comfort zone ideale, con una libertà espressiva paradossalmente “concessa” dalla pandemia in corso, che ha costretto la troupe a muoversi rapidamente e a concepire l’intero progetto come una creatura in continua evoluzione durante il breve periodo di riprese di una dozzina di giorni, condizioni sicuramente più vicine alle sue pellicole più intimiste, come Gerry, Elephant e Last Days, che compongono la trilogia di film dell’autore focalizzati sull’irrefrenabilità della morte e la caducità dell’essere umano.
Tale totale mancanza di costrizioni, impensabile persino in un contesto di produzione indipendente, ha permesso di riprodurre lo stato di entropia situazionale nel quale si trovano i figuranti della miniserie, a partire dalla protagonista Silvia Calderoni, già nel cult underground La Leggenda di Kaspar Hauser di Davide Manuli. In questo scenario algido e patinato, l’occhio di Gus Van Sant si adagia e si sofferma sull’attrice e modella transgender, seguendola nei suoi surreali incontri con icone del contemporaneo del calibro di Billie Eilish (stella indiscussa del segmento diretto da Harmony Korine, l’uomo dietro Gummo, Spring Breakers e The Beach Bum), Harry Styles e del drammaturgo statunitense Jeremy Harris, e utilizzando il suo personaggio come portavoce di un discorso sulla rivoluzione sessuale che il regista porta avanti da decenni nel corso della sua corposa filmografia e che mai come in questo specifico caso è radicato profondamente allo zeitgeist odierno.
Se in taluni momenti l’intera operazione rimanga in bilico tra il prodotto di uno sguardo autoriale e un mero ed esibizionistico showreel, causa i medesimi vincoli garanti dell’indipendenza creativa dell’artista, Ouverture of Something that Never Ended rimane un esempio chiave del come una poetica ben precisa e consolidata negli anni possa incontrarsi con le esigenze del mondo del marketing e dell’advertising senza esserne soffocata.
Nell’immagine in alto: immagine dal primo episodio di ‘Ouverture of Something that Never Ended’
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Davide Colli
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