‘DORADO’ DI MAHMOOD, RELOADED
Con ‘Reloaded’ ripercorriamo la genesi di una canzone che, al di là dei risultati, si è rivelata importante per la realtà di casa nostra. Iniziamo con ‘Dorado’ di Mahmood
di Nicolò Tabarelli
Nel 2019 lo streaming ha sorpassato il 50% del valore complessivo dell’industria musicale italiana. Il cambiamento ha portato con sé aspetti controversi (la morte o quasi del download illegale; una rivoluzione – la trap – nell’asfittico mainstream italiano; una crescita del settore dal 2% annuo), ma una cosa è certa: i tempi con cui consumiamo la musica sono molto più veloci e l’autonomia con cui scegliamo ciò che ascoltiamo è molto ridotta. Al contempo, secondo alcuni, Spotify aumenta il consumo totale di musica dei singoli utenti e aumenta la varietà dei loro ascolti. Quello che però spesso manca, a fronte di questa enorme abbondanza di contenuti, è un’intermediazione che permetta di approfondire successi minori che vengono presto superati dal ciclo delle novità. Vogliamo provare a portare questa mediazione, selezionando una volta al mese un brano di cui approfondire il testo, i retroscena e l’importanza per la musica italiana.
Una di queste canzoni è Dorado, un singolo di Mahmood (il cui vero nome è Alessandro Mahmoud – la madre, Anna, è sarda; il padre, Ahmed, egiziano) con la partecipazione di Sfera Ebbasta (che non ha bisogno di presentazioni) e Feid, cantante colombiano all’intersezione tra reggaeton, hip hop e r&b. La canzone è uscita il 10 luglio 2020 e non ha mai superato la decima posizione nella classifica FIMI. In questo caso non è tanto il testo in sé a essere particolarmente significativo, ma piuttosto quanto Dorado rappresenti un nuovo standard per il mainstream italiano come produzioni, video, grafiche e anche posizionamento pubblicitario.
Il video è diretto da Attilio Cusani un regista e fotografo beneventano che, dopo aver studiato lettere antiche a Parigi, si è trasferito a Milano dove ha intrapreso una carriera nella musica e nella moda. Cusani ha girato tutti i video di Mahmood sin da Milano Good Vibes. In un video di quest’estate lo si vede chiacchierare con Mahmood e Dario Farini aka Dardust (produttore sia di Soldi sia di Dorado) e si intuisce come l’intenzione del trio quando riflettono sul “progetto Mahmood” sia di svecchiare la musica italiana e come l’estetica del progetto venga da lontano e non sia stata improvvisata sul palco dell’Ariston e scopiazzata dopo. E questo riguarda veramente tutto il progetto.
La copertina, infatti, è stata curata da Luca Devinu, in arte Blssnd, che è un grafico di fama internazionale, collaboratore storico del “re dei loghi” Christophe Szpajdel, e che ha lavorato anche per Rihanna e Rina Sawayama. L’altra ragione per cui il video di Dorado è interessante è anche la presenza di Lavazza, che potrebbe essere stata la “chiave” per girare alcune scene del video all’interno del Museo Egizio di Torino. Se così fosse, poche altre volte, in Italia, si era visto un passo così deciso verso il branded content (e ancora sono da valutare i benefici – più fondi per i video – e gli svantaggi – scene a favore di sponsor – di una scelta del genere).
Intro:
Dorado, dorado
Dorado, dorado, dorado, dorado
Prima strofa:
Nelle tasche avevo nada
Ero cool, non ero Prada
Camminando per la strada
Stringevo un rosario viaggiando lontano da qui
Fuori bevo su una scala
Dentro casa canto Lana
Nefertiti è la collana
Che porto da quando sognavo una vita così
Mahmood ha spiegato l’ispirazione da cui nasce la canzone in un’intervista al Corriere della Sera in cui ha dichiarato che «Dorado è un viaggio onirico, è un racconto che parte dall’ultimo anno che ho vissuto, un anno patinato completamente diverso da tutto quello che è stata la mia vita precedente. Mi sono trovato in cene assurde con Lenny Kravitz, con lo stilista Riccardo Tisci e la cantante Rosalía, mi sono confrontato con artisti come Francesco Vezzoli, ho partecipato a eventi, fatto cover e passerelle. Gli artisti più grandi hanno in comune una cosa: sono quelli più semplici, ti trattano come se fossi loro amico da una vita. E questo mi ha fatto riflettere. È sempre importante ricordarsi le proprie origini, le proprie radici, come canto in Dorado: nelle tasche avevo nada, ero cool non ero Prada».
I riferimenti successivi sono abbastanza intelligibili: Lana è Lana Del Rey di cui è presente anche un poster nel video della canzone. La cantante americana ha numerosi ammiratori (su tutti Pretty Solero che le ha dichiarato eterno amore e dedicato una canzone) nella nuova scena italiana, un po’ per le sue interviste sopra le righe, un po’ per le sue provocazioni. Mahmood però va oltre la sussunzione estetica di Pretty Solero e ha dimostrato più volte di apprezzare Lana anche musicalmente. Il riferimento a Nefertiti è molto lineare: Mahmood possiede una collana, regalo di battesimo, che raffigura il profilo di Nefertiti (nel video invece che al collo di Mahmood appare in una teca del museo) a cui accompagna anche un tatuaggio sull’avambraccio che raffigura la Grande sposa reale mentre esce dall’acqua. Le altre due strofe (una di Sfera Ebbasta e l’altra di Feid) e il ritornello invece sono poco più che un (legittimo) esercizio di flexing, ovvero un’ostentazione del proprio status, dei propri soldi, dei propri averi.
Dorado va quindi recuperata perché rappresenta la nuova normalità del mainstream italiano con molti suoi pregi (più inclusività, più internazionalizzazione, artisti più giovani e collaborazioni di alto livello) e alcuni suoi difetti.
Nella foto in alto: un’immagine dal video ‘Dorado’ di Mahmood
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Nicolò Tabarelli
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