JOHNNY COBALTO – CI SERVE PIÙ STUPORE
Le illustrazioni di Johnny Cobalto colorano flyer, poster, locandine, T-shirt, felpe e album cover, sanno codificare mondi illusori fatti di linee e geometrie, sogni, incubi e labirinti dell’immaginazione. Lui non disegna mai abbastanza e c’era bisogno di questa intervista per ricordarglielo
di Marco Torcasio
Johnny Cobalto è un artista classe 1988 che vive a Milano con una grande passione per il disegno che lo ha portato, per tutta la vita, a lavorare ovunque. Si è laureato in grafica all’Accademia di Brera e ha poi cominciato a lavorare nel mondo della pubblicità, alternando la produzione video alle illustrazioni e alla grafica. Scrive di sé: «Johnny Cobalto disegna, guarda, mangia la pastasciutta, accumula cose inutili. Dicono sia simpatico e non ami uscire di casa; gli piace avere idee diverse ogni giorno ed è vicino alla scoperta del segreto per condurre una vita serena». Poche righe da cui si evince chiaramente lo spiccato senso della provocazione che lo contraddistingue, tanto nella vita di tutti i giorni quanto nella sfera artistica. Alle spalle ha un passato da regista e una breve esperienza come tatuatore, ma disegnare è sicuramente la cosa che gli piace di più. Ce lo racconta in questa intervista nata dalla scoperta dei suoi disegni matti, a primo acchito lineari ma incredibilmente ricchi di doppi fondi, stipati di sentimenti belli, ma anche brutti.
Quando hai cominciato a disegnare?
Non me lo ricordo perché il disegno è una di quelle passioni innate che fa parte di me sin da quando ero piccolo, anche se poi è diventato un lavoro. Ero diviso, con il cuore spaccato a metà, tra illustrazione e cinema e mi cimentavo in entrambi i setto- ri. Ho frequentato il Liceo Artistico e poi l’Accademia di Brera per diventare regista o comunque per lavorare in ambito cinematografico. La passione per l’illustrazione è sfociata in una professione quando ho iniziato a postare su Tumblr gli schizzi che facevo a casa per pura passione, insieme a qualche flyer per eventi, concertini e serate tra amici. Il mio stile molto “low pro” su Tumblr ha riscosso un successo inaspettato. Poi ho iniziato a lavorare come illustratore a Toronto e, al mio rientro in Italia sono entrato in Visionar, agenzia che mi rappresenta tuttora.
Toronto è abbastanza inusuale come punto di partenza…
Mi trovavo alla fine di un percorso di lavoro abbastanza lungo in Mediaset come assistente di redazione e, contemporaneamente, uscivo da una relazione durata sei anni. Era un momento di stallo. Il caso ha voluto che due miei conoscenti-musicisti partissero da lì a poco per il North by Northeast, un festival di musica e arte che si volge ogni anno tra Nord America e Canada. Per loro avevo già realizzato la cover e il booklet del primo disco e mi chiesero di disegnare la locandina del tour. Così colsi la palla al balzo e li accompagnai con l’idea di fermarmi per un mesetto, ma poi trovai lavoro e rimasi per circa un anno. Alla fine sono tornato perché mi mancavano i miei amici e la mia casa.
Cosa porti ancora con te di quell’esperienza?
A Toronto posso dire tranquillamente di aver raggiunto il Nirvana. Non in senso ortodosso, chiaro, ma dato il momento “no” che stavo attraversando è stata proprio una manna dal cielo. Se i miei amici non mi avessero coinvolto mai mi sarebbe venuta in mente l’idea di espatriare. Non ero mai stato oltreoceano, a 22 anni avevo in testa il mondo e lì a Toronto l’ho effettivamente scoperto. Molte esperienze sono state abbastanza bohémien ma, dopo aver fatto un primo giro di conoscenze, mi sono reso conto di quanto Toronto fosse viva: ogni sera un concerto, un festival, una mostra. È stata un’esperienza decisamente life changing.
L’arte che ti ha lasciato un segno?
Quella di Hieronymus Bosch. Ma anche quella di eBoy, trio di illustratori olandesi considerato apripista della pixel art. Con i loro lavori super dettagliati hanno sdoganato la grafica isometrica e tutto quell’impianto estetico così affascinante. Se fossero un videogioco potremmo dire di loro che hanno una giocabilità infinita. Mi piace molto anche Jeremy Ville, un illustratore, designer, fumettista e pittore tra i più prolifici al mondo. La sua creatività nasce da una vera passione per il disegno, applicato ai più svariati ambiti, dalla produzione di giocattoli, adesivi e T-shirt alla realizzazione e customizzazione di tavole da skate e sneakers, dalla creazione di animazioni per la televisione fino alla divulgazione di illustrazioni e fumetti. In particolare mi piace il suo modo di utilizzare le parole, a tratti tenero e persino infantile.
Dentro di te è come se albergassero due anime che si esprimono attraverso l’illustrazione vera e propria oppure con l’utilizzo del video. È una descrizione in cui ti riconosci?
Sì, in me c’è una sorta di bipolarismo creativo che si avvale di più strumenti e si spacca totalmente. Con il video ho sempre cercato di esprimermi in maniera goliardica, anche un po’ provocatoria. Nell’illustrazione invece lascio defluire più cattiveria e rabbia. Non sono mai incazzato quando disegno, ma è un po’ come se il mio inconscio venisse fuori. Magari parto disegnando una casa con dei pini e poi ci metto a fianco una macchina che va a fuoco con sopra uno che accoltella un lupo…
Il disegno ti ha portato un po’ ovunque. Tra i diversi supporti sperimentati, quali ami in particolar modo?
La carta. La matita. E la china. Sono i miei strumenti preferiti, perché posso controllarli. Inizio a esprimermi prima a matita, eventualmente cancello quello che non va, con la china poi fisso il disegno definitivo. Mi piace tantissimo la parte della finalizzazione con il pennino e annesso crampo alla mano. Sono le grandi gioie dell’illustratore… Quella sensazione di avere in mano qualcosa di artigianale.
Cos’è per te la curiosità?
Nasce sempre sulle spalle di una passione già presente. Non ho mai investito su robe che non c’entrassero nulla con il mio background. Ma è sempre più difficile stupirsi, ogni giorno ne vediamo talmente tante…
Cosa c’è all’interno della tua comfort zone? Sicuramente non i social…
Una parmigiana di melanzane infinita. Una baita di montagna con un clima che non superi i 15 gradi. Piccole cose che mi porto dietro da tanto tempo, certi film… Quelli scoperti da bambino, registrati sulla VHS e poi riguardati in loop.
Adesso devi darci anche un paio di titoli però!
Basil l’investigatopo, con un altissimo grado di imbarazzo, e Indiana Jones l’ultima crociata, terzo capitolo della saga in cui c’è anche Sean Connery.
Progetti in cantiere?
Non sono scaramantico, mi ritengo una persona abbastanza razionale. Detto questo, non vorrei portarmi sfiga da solo. Posso dirti che sto portando avanti un progetto editoriale. Sto intraprendendo un percorso nuovo, che non ricalca in alcun modo quanto fatto finora.
Nella foto in alto: Johnny Cobalto
Johnny Cobalto su IG
Intervista pubblicata su WU 108 (giugno-luglio 2021). Segui Marco su IG
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