NAVA – SCONFIGGERE I DEMONI
Il gruppo nato dall’artista nata a Teheran ma milanese di adozione si è evoluto ora in un progetto solista. Bloom è il primo tratto di strada di questo nuovo percorso dal fascino irrequieto e catalizzante
di Carlotta Sisti
Nava aveva demoni da scacciare, e per farlo li ha prima resi oggetti sensoriali, udibili e visibili agli occhi, poi li ha depotenziati della loro carica minacciosa. Dal bisogno di liberarsi di ombre che inquinavano la mente è partito il suo nuovo percorso da solista che ha preso forma in un visual EP, Bloom, nel quale ogni brano prende vita insieme al video che lo accompagna. Il mood è dark, potente, aggressivo, ma con un’eleganza e un equilibrio innati che la rendono una delle artiste più affascinanti della scena contemporanea italiana. Ma non solo, perché la musica di Nava si presta in modo del tutto naturale a poter essere goduta in ogni parte del globo. Stupisce il contrasto tra il suo essere gioiosa quando si racconta e l’irrequietezza della sua musica ma, spiega, «nelle mie canzoni vive quello che potrei definire un alter ego, che nella vita di tutti i giorni non trova spazio, ma che nella musica si prende la scena».
Come mai ha deciso di continuare il tuo percorso da solista?
Lo scorso agosto abbiamo fatto il nostro ultimo live come band, ma lì abbiamo capito che non c’era più la stessa grinta a tenerci uniti. Io, invece, sentivo l’esigenza di fare tantissime cose, ero in un momento di carica a mille e così ci siamo detti che era meglio separarsi per un po’, pur continuando a collaborare, ogni tanto.
Però continui ad avere una bella squadra, intorno a te.
Sì, siamo un vero collettivo, con Matteo Strocchia e Marco Servina che si occupano di tutta la parte visiva, delle foto, dello styling. In più, nell’EP, ci sono cinque diversi produttori, uno per ogni traccia. E con una pandemia in mezzo, è stata un grande sfida mettere insieme così tante persone, da Milano a Madrid.
Come mai la parte visual è per te così preziosa?
Perché l’EP è nato dalla voglia di liberarmi da cinque demoni, perché, come molti, scrivo quando non sto benissimo. Quando ho raccontato questi “mostri” a Matteo e Marco, ci siamo trovati a immaginarli sullo schermo, e questa cosa mi ha gasata tantissimo. La mia musica ha un lato cattivo, hardcore, acido, era tempo che venisse fuori anche nei video e loro mi hanno spinta a sperimentare senza freni, fino in fondo, e ci sono stata al cento per cento.
Questi demoni erano pensieri o fattori esterni che avvertivi come minacciosi?
Sono stati mentali derivati da cose che mi sono successe, da persone che ho incontrato, ma anche da quello che accade nel mondo.
Quanto è difficile parlare in musica di temi sociali?
Se è una cosa in cui si crede tantissimo, secondo me è possibile far arrivare un messaggio molto potente. Per quel che mi riguarda, non potrei non parlare, per esempio, del tema ambientale, perché sono vegetariana da quando ho 16 anni e il mio sogno da ragazza era andare a salvare le balene. Poi è arrivata la musica e lì ho messo il mio attivismo. Vorrei tanto diventare, con le dovute proporzioni, il Leonardo Di Caprio del mio settore! Uno dei miei obiettivi è, infatti, provare a far riflettere la fetta di pubblico che mi segue su cose che ritengo cruciali, tipo la foresta amazzonica che va a fuoco, la follia degli allevamenti intensivi, il cambiamento climatico. Tengo tantissimo anche a essere un riferimento per le ragazze persiane, far vedere loro che si può essere anche estreme, senza che questo sia per forza uno scandalo.
L’Iran è uno degli ultimi regimi islamici al mondo: com’è vedere il tuo Paese da lontano?
Negli ultimi anni sto vedendo l’Iran in una discesa allucinante verso l’abisso. Cerco di far venire più i miei qua, piuttosto che andare io là, anche se nell’ultimo anno e mezzo è stato difficilissimo fare entrambe le cose, ovviamente. La situazione sta peggiorando, per esempio ora mancano spesso acqua ed elettricità, le elezioni sono state poco partecipate, segno che non so ancora per quanto la gente possa sopportare la povertà e la tirannia. Non è un caso che tutti i miei amici se ne sono andati e tornano pochissimo. E siamo stati anche fortunati, perché molti non possono nemmeno andarsene.
L’arte ti ha aiutata a sentirti comunque più libera, anche in quel contesto?
Certo, ma non è stato l’unico motivo. Ha contato anche il fatto di essere nata in una famiglia molto aperta: i miei nonni vivono da anni in America e i miei non sono praticanti. Sono cresciuta madrelingua inglese e questo mi ha dato una prospettiva del mondo come luogo da esplorare.
Musicalmente, chi sono stati i tuoi riferimenti?
In primis Lana Del Rey. Sono cresciuta con gli Abba e Mariah Carey e pensavo che cantare volesse dire raggiungere quelle tonalità. Quando ho sentito lei, con quella voce così bassa, ho capito che dovevo rischiare, osare e, infine, trovare la mia, di voce. Poi Fiona Apple, una donna fortissima, che dice quello che le arriva dalla pancia, una ribelle, che non va manco ai Grammy e magari ne vince otto. Si percepisce che lo fa proprio per la musica.
Sta preparando il tuo nuovo live?
Stiamo preparando un live, ma sarà più verso settembre, perché spero si potrà non dover più stare seduti. Sono convinta che con il pubblico seduto il mio show per- da il 50% della sua magia. Siamo speranzosi e stiamo pensando a tantissime cose per creare non un semplice concerto, ma un’esperienza che ti faccia uscire con la percezione di aver vissuto appieno un momento speciale. Come se fossi andato in universo parallelo, per poi tornare qua, arricchito.
Nella foto in alto: Nava, foto di Matteo Strocchia e Marco Servina
Nava su IG
Intervista pubblicata su WU 109 (settembre 2021). Segui Carlotta su IG
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