‘FRANCE’ E L’AUTENTICITÀ DELL’IMMAGINE
Presentato in Concorso Ufficiale durante l’ultima edizione del Festival di Cannes, in anteprima italiana al Milano Film Festival come film d’apertura, l’ultimo lavoro del discusso autore francese Bruno Dumont, la storia di ascesa e caduta della reporter televisiva France De Meurs (Lea Seydoux), arriva nei cinema italiani
di Davide Colli
La società dello spettacolo e le sue sfaccettature diventano oggetto di indagine di due film, due produzioni a capo di due tra i registi francesi più riconosciuti del cinema contemporaneo, entrambi con la propria opera selezionata in Concorso per l’ultima edizione del Festival di Cannes, polarizzando entrambi pubblico e critica. I titoli in questione sono Annette di Leos Carax e France di Bruno Dumont.
Se il primo decide di inscenare il principio di reiterazione di un mondo perennemente sotto i riflettori tramite il genere più esasperato nell’evidenziare la finzione cinematografica, ovvero il musical, inserito in un intreccio da tragedia greca, France sceglie una strada che abbandona la coralità per concedere il palcoscenico alla sua incontrastata protagonista, France De Meurs, la più matura interpretazione di Lea Seydoux vista finora.
In un mondo dominato dalla bulimia di immagini, France De Meurs è l’unica eroina in grado di governare la falsità e la finzione del patrimonio immaginifico in cui si ritrova a sguazzare, grottesca sequela di apparizioni angoscianti nella loro palese costruzione. Durante un confronto con un insospettabile Emmanuel Macron nei panni di sé stesso (primo grande cortocircuito tra realtà e irrealtà), al comando della Francia di oggi c’è lei, la donna che ha saputo gestire la propria malleabile icona (che, come Dumont fa dire a un personaggio del film, è composta da melma) per poter incarnare l’ideale di paladina della verità, sempre sul posto dei propri servizi e partecipante con molteplici ruoli (attrice quanto regista) nei prodotti audiovisivi che la coinvolgono.
France, partendo da questo status di onnipotenza dell’omonima protagonista, distrugge progressivamente la sua più grande abilità e certezza, la capacità di distinguere le tracce di realtà che le si parano sporadicamente davanti, andando a perdere anche il proprio potere sull’immagine artificiale. Proprio grazie a questo espediente narrativo, France si trasforma in un horror movie: Lea Seydoux si mostrifica a favore di camera, sbraitando orrendamente e contorcendo ai limiti della metamorfosi il caposaldo della propria apparenza, ovvero quel volto insediato in ogni piccolo o grande schermo francese. La reazione di France a tale disperato crollo personale risiede nel suo ripetuto e controllato pianto, unico residuo di un’autenticità ormai non più in grado di captare e calibrare: l’inquietudine per la finzione è diventato terrore nei confronti del reale.
La foto in alto è di R. Arpajou
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Davide Colli
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