MECNA E COCO – JOLLY DI MALINCONIA
Un disco a quattro mani tanto atteso, un joint album che mette assieme due artisti che hanno in comune qualcosa in più del nome di battesimo, con un titolo, Bromance, che non poteva essere più azzeccato
di Nicolò Tabarelli
Mecna è nato nel 1987 e si chiama Corrado (Grilli). CoCo, invece, è nato nel 1988 e si chiama Corrado (Migliarini). Insieme hanno scritto un album a quattro mani, Bromance: il loro joint album, se vogliamo, estende un discorso iniziato nel 2017 grazie a Night Skinny, che li ha messi assieme in una traccia, Equilibrio, contenuta nel suo album Pezzi. Da quel momento Mecna e CoCo si sono “ospitati” a vicenda nei rispettivi album e progetti e, ora, hanno provato a farlo in maniera più organica. Se sono arrivati a cantare ognuno le parole scritte dall’altro, come ci ha detto Mecna, è stata una gran bella idea.
Vi chiamate entrambi Corrado, siete vicinissimi d’età e siete noti per essere più “sentimentali” e più “malinconici” del rapper medio. Quali sono invece le differenze tra di voi che sono emerse durante la lavorazione di Bromance?
CoCo: Differenze ce ne sono state poche. Corrado (Mecna) ha più esperienza di me e ho imparato molto lavorando con lui. È più slanciato di me su alcune cose, ha un metodo di lavoro più rodato, più “smart” mentre io a volte mi perdo via.
Mecna: Abbiamo tante similitudini, siamo entrambi molto concentrati sul lavoro. Ci siamo chiusi in una casa per sette giorni e non era detto che sarebbe andato tutto bene. Potevamo trovarci male, non andare d’accordo. Invece non abbiamo avuto un solo problema. Poi sì, io magari sono più istintivo mentre CoCo pensa troppo. Quando una persona ti assomiglia così tanto vedi i tuoi pregi e i tuoi difetti in terza persona e li puoi correggere.
CoCo: Ma banalmente Mecna ha fatto cinque album mentre io solo due. Io sento di essere ancora in una fase di formazione della mia ricerca artistica e personale.
Nel 2016 usciva Santeria di Marracash e Guè Pequeno, forse il joint album per eccellenza nel rap italiano. Oggi si chiacchiera molto di joint album possibili (Capoplaza & Rondo su tutti). È un concept di moda secondo voi?
M: No, secondo me è che è una cosa figa. Abbiamo accarezzato l’idea per anni grazie ai nostri fan che ne parlavano. Poi, a forza di parlarne e di scherzarci su, a un certo punto ci siamo detti: «Perché non farlo veramente?». Anche guardando all’America, il joint album è una cosa molto spinta dalle fanbase.
CoCo, anni fa ti sei trasferito a Londra e hai aperto una pizzeria con Luchè. Come sono stati i tuoi giorni fino a quando non sono arrivati Shablo e Marracash a reclutarti?
C: I primi anni già facevo musica anche se in maniera un po’ amatoriale. Avevo una passione enorme, ma non chissà che ambizione di far diventare la musica il mio lavoro. La pizzeria, anche se era la nostra pizzeria, era un posto in cui lavoravo. Il primo anno lavavo anche i piatti perché non parlavo bene l’inglese e non volevo stare in sala, volevo levarmi dal casino. Poi ho incontrato Marra, che per cinque mesi ha abitato in una casa proprio sopra la nostra pizzeria mentre lavorava a Status. Un giorno è passato di lì anche Shablo e mi chiese di unirmi a Roccia Music. E così è poi uscito il mio primo mixtape.
Mecna, tutti sappiamo che ti dividi tra musica e grafica. Di che salute gode la scuola di italiana in ambito musicale, oltre a professionisti come Di Salvo, Devinu, Giudici?
M: Non la vedo benissimo, ultimamente ho visto tanta omologazione, sia in Italia sia fuori. Sono dieci anni che lavoro alle copertine dei dischi e forse sono un po’ saturo. I nomi che citi sono sicuramente validi (alcuni anche mostri sacri). Pure Sad Cheerleader spacca. È un illustratore che fa delle cose digital molto fiche, ha lavorato con Rkomi e Lady Gaga. La salute della grafica è ottima, ma vedo poca originalità. Penso si sia un po’ rotto l’argine che separava le diverse competenze. Gli artisti hanno più voce di una volta e quindi, a volte, cercano di dettare la linea grafica anche se non è il loro lavoro. Per me invece gli artwork più belli sono nati da scambi in cui dove finiva il gusto del committente iniziava il lavoro del grafico e viceversa. Serve fiducia. Senza questo confine è difficile che escano lavori originali.
Entrambi trovate lo stimolo per la scrittura quando siete “presi male”. In alcune interviste e sembrate ricalcare il “Perché scrivi solo cose tristi? Perché quando sono felice esco” di Luigi Tenco. In quest’album, visto che eravate in due, siete stati presi bene?
C: C’è stata spensieratezza nella scrittura di questo disco, eravamo spinti dal voler fare questa cosa assieme. Abbiamo comunque tirato fuori i nostri pensieri, ma durante la lavorazione eravamo “leggeri”.
M: Abbiamo tirato fuori i nostri jolly di malinconia, ma scrivere l’album è stato tranquillo. Anzi, ci sono addirittura delle strofe che ha scritto CoCo e canto io e viceversa, che non penso sia comune.
Un po’ vi siete fatti la fama di “rapper per tipe” perché intimisti, sentimentali e presi dagli sbatti. Quanto vi sta stretta quest’etichetta? Il rap, che si porta dietro una matrice se vogliamo machista, può essere veramente inclusivo?
M: A me non sta troppo stretta. Parliamo di cose nostre e forse per questo ci ascoltano più ragazze, ma ai concerti vedo anche tanti ragazzi e sono quelli più hooligan. La rivoluzione che ha aperto i confini di genere è iniziata un po’ prima della trap. Poi, certo, la trap ha portato la melodia e ha allargato il pubblico. Perché una melodia sarà sempre più accessibile di mille incastri. Figurati, nei Novanta se anche solo provavi a fare una melodia eri già etichettato come omosessuale.
C: Alla fine non sento di fare musica “per tipe”. Sicuramente nelle mie canzoni c’è una sensibilità particolare, che magari avvicina più ragazze della media alla mia musica. Non so, noto che spesso i ragazzi la sensibilità la nascondono, fanno più fatica ad aprirsi. Magari dipende solo dal fatto che le donne hanno meno limiti e si emozionano più liberamente.
Intervista pubblicata su WU 110 (ottobre 2021). Segui Nicolò su IG
Nella foto in alto: Mecna e CoCo, foto di Pietro Cocco
Mecna su IG
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