‘LA SCELTA DI ANNE’ ARRIVA AL CINEMA
Il film che ha trionfato a Venezia, diretto da Audrey Diwan, è ambientato nel 1963, in una Francia dove l’aborto era ancora illegale
di Davide Colli
Nel 2021 due registe francesi, al loro secondo lungometraggio, hanno sbaragliato la concorrenza e ottenuto i due premi più ambiti del panorama festivaliero. I film di cui parliamo sono Titane di Julia Ducournau, vincitore a Cannes, e La Scelta di Anne – L’Evenement di Audrey Diwan, che si è aggiudicato il Leone D’oro durante l’ultima edizione del Festival di Venezia.
Entrambe le pellicole portano sul grande schermo il conflitto tra una donna e il proprio corpo, tra l’io femminile e la società coercitiva in cui si ritrova a convivere, il tutto intrattenendo un dialogo con il cinema di genere. C’è però tra i due una sostanziale differenza: se in Titane il corpo femminile diviene oggetto di una continua esibizione, ne La Scelta di Anne, invece, lo stesso sembra quasi una creatura di matrice cronenberghiana, un’essenza in continuo divenire, verso la quale l’individuo non è in grado di imporre una qualsiasi forma di controllo, scontrandosi con un regime che invece pretende tale capacità.
Il cinema di espansione identitaria/corporale della Ducournau di Titane, quindi, è in contrasto con il concetto di costrizione fisica e morale che accompagna invece l’opera di Audrey Diwan. Anne (una Anamaria Vartolomei inseguita compulsivamente in un pedinamento degno dei fratelli Dardenne) scopre di essere incinta nella Francia del 1963, periodo in cui la pratica dell’aborto artificiale era illegale. L’incombenza della pena carceraria e la pressione sociale dell’epoca si traducono visivamente in una oculata selezione del formato 4:3, che schiaccia Anne, ne limita il campo d’azione e la costringe a confrontarsi con uno sguardo che ne giudica il fisico in ogni minimo dettaglio, come se la regista prestasse il proprio occhio privilegiato alla comunità bigotta imperante.
Le forme di antagonismo a tale status quo, giovani donne nella medesima situazione della protagonista o sparute presenze in loro occasionale aiuto, si nascondono in silenziosi anfratti ed è proprio da uno di essi (il formato ridotto) che viene mostrata la marginalità della loro lotta (rigorosamente solitaria) per la paradossale conquista dell’annullamento del sé, del suo brutale annientamento, unica via possibile per il raggiungimento della libertà laddove l’affermazione identitaria assume connotati utopici.
Con questa costruzione estetica ben precisa, La Scelta di Anne richiama fin da subito una dimensione orrorifica che vedrà la sua concretizzazione nei minuti finali, in un “nemico” invisibile e inossidabile che prende forma e sostanza dopo essere rimasto nell’ombra per il resto del film, come in qualunque prodotto di fantascienza per adulti post Alien che si rispetti. Ancor più che un body horror, La Scelta di Anne costituisce un esempio anticonvenzionale di prison movie, raccontando la fuga di un’adolescente da un mondo opprimente e oscurantista, nel disperato tentativo di liberarsi di una vita per poter partire, finalmente, alla ricerca della propria.
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Davide Colli
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