NEUROMANTIC
Indagare le dipendenze affettive e le relazioni disfunzionali attraverso le immagini e la ricerca scientifica è il punto di partenza di ‘Neuromantic’, progetto di Ana Vallejo solo in parte autobiografico che, più che un libro, potrebbe diventare in un prossimo futuro un’installazione
di Alessandra Lanza
«My name is Ana and I’m a love addict». Con questa premessa autobiografica si apre il progetto ongoing di Ana Vallejo, che indaga tramite immagini e ricerca scientifica le dipendenze affettive e le relazioni disfunzionali. La fotografa di origini colombiane è partita, dalla sua esperienza personale e da quelle di chi le sta vicino e analizzando dati e testimonianze in una piattaforma multimediale aperta, coglie un problema universale, che riguarda soprattutto le nostre generazioni.
Com’è iniziato il progetto Neuromantic?
Ho notato che l’amore era al centro della mia vita, usavo cotte e relazioni per definire la mia identità. Parlandone tra amici ci siamo resi conto di condividere tutti queste esperienze un po’ adolescenziali dell’amore, pur avendo passato i vent’anni. Ho cominciato fotografando un ragazzo da cui ero ossessionata e gli incontri aperti per chi soffre di dipendenza affettiva, con un approccio più documentaristico. Poi ho capito di aver molto da dire sulla mia storia e di poter adottare un punto di vista più personale. La pandemia mi ha fatto capire che è un problema diffuso, che deriva dal mito di Cenerentola e del lieto fine con cui siamo cresciuti, insieme ai traumi e alle storie di abusi e dipendenze che molti hanno subito nelle proprie famiglie.
Siamo la famiglia da cui proveniamo?
Molte dinamiche d’attaccamento dipendono dal rapporto con i genitori, che contribuisce a formare la personalità. Il fatto che mio padre abbia sempre sofferto di schizofrenia ha contribuito alle mie ansie, come il machismo della società colombiana in cui sono cresciuta. A un certo punto ho sentito che mi stavo vittimizzando, mi concentravo sulle cose che erano state fatte a me. L’unico modo per cambiare il mio rapporto con gli altri era lavorare su me stessa, anche attraverso le loro esperienze raccolte con sondaggi anonimi o confronti. È stato più facile a New York, dove ho trovato maggior apertura e io stessa mi sono sentita più inclusa.
È stato per te terapeutico?
Sì, mi ha aiutato a riconoscere alcuni pattern di comportamento e ad avere una migliore vita sociale. Prima ero molto più spaventata. Ho sempre avuto troppe aspettative da ogni singola storia. Ora ho capito che ognuno di noi è libero, non serve forzare le tappe. Bisogna soprattutto indagare meglio da che tipo di persone siamo attratte, anche per capire meglio noi stessi.
Sia nell’amore sia nelle dipendenze c’è un elemento chimico, e le tue immagini, con la loro lavorazione, sembrano sottolinearlo.
Mi sono molto divertita a rovinare le immagini e a intervenire sulle foto per poi scannerizzarle – lavoro in un laboratorio di stampa! Non è stato facile confrontarmi con la malattia di mio padre, vedere quanto lo fa soffrire. Ho sfogato e ricreato la rabbia strappando la carta, e in generale ho realizzato che amo la fotografia anche in senso materiale. Sono ossessionata da colori, texture, sperimentazione.
Alla fine, quindi, l’amore è qualcosa di buono o di cattivo?
È fantastico. Abbiamo bisogno di amore e di relazioni per sopravvivere. Quasi tutte le dipendenze portano a relazioni povere, e queste ti rendono ancor più soggetto a isolamento. Ne parlo anche via Instagram con @all_these_feelingss: credo sia un buon mezzo per discutere il trauma e anche il processo di guarigione.
C’è moltissimo materiale, farai un libro?
Mi piacerebbe, ma non ho fretta: essendo il mio primo progetto concettuale vorrei continuare a scattare e a perfezionarlo. Potrebbe diventare un’installazione.
ANA VALLEJO Fotografa documentarista concettuale di origini colombiane. Laureata in New Media Narratives presso l’ICP di New York, città in cui oggi vive e lavora, ha in precedenza studiato biologia, è affascinata dal cervello e dalla coscienza umani e fonda i suoi progetti sulla ricerca scientifica e la sperimentazione.
Articolo pubblicato su WU 110 (ottobre – novembre 2021). Segui Alessandra su IG
Tutte le foto presenti in questa pagina sono di Ana Vallejo
Ana Vallejo su IG