VISIVA #14 – LE MOSTRE DI GENNAIO 2021
È dedicata al disordine e al caos l’edizione di gennaio di Visiva: ecco tre mostre scelte per voi, a Milano, Torino e a Rovereto
di Emma Cacciatori
‘Visiva’ è una rubrica che si occupa di arte. Più che fornire il rendiconto di quanto si sa che c’è, cerca di far vedere quanto sta per esserci, lasciando immaginare quanto sta per cambiarci.
In questa nuova edizione vi daremo delle piccole coordinate per raggiungere dei luoghi fisici (e virtuali) in cui poter vedere con i vostri occhi quello che più vi sta incuriosendo a parole.
Che il mondo fosse complesso lo sapevamo da un po’. Eravamo anche disposti a pensarlo fluido, sfuggente e ci stavamo attrezzando, rassegnandoci a gestire la sua precarietà. Con il Covid, però il gioco si è fatto pesante e così la caparbia, instancabile imprevedibilità delle mosse del virus ha fatto diventare tutto drammatico e conflittuale. Nella confusione delle verità, da una parte ci sono quelli che offrono soluzioni inevitabilmente non definitive, dall’altra quelli che difendono risposte semplificate e manichee. Ma se questa epidemia ci stesse insegnando, ancora una volta, che il disordine fa parte della vita, che è una modalità dell’esistere con cui convivere? In questa edizione di gennaio Visiva ci invita a conoscere alcuni artisti che hanno deciso di fare i conti col caos, non per dargli una spiegazione, ma per provare a dialogarci.
McArthur Binion – Sol LeWitt
Nella prestigiosa Casa Corbellini Wassermann, dal 2019 sede della Galleria del collezionista Massimo De Carlo, sono messi a confronto due artisti americani, il più anziano Sol LeWitt (deceduto nel 2007) e il 75enne pittore afroamericano McArthur Binion. Il loro modo di accostarsi al caos è la serialità: Sol LeWitt crea moduli elementari, forme geometriche di colori “nudi”, prive di profondità e riprodotte di preferenza direttamente sul muro. Il minimalismo delle composizioni e la loro ripetitività si associa alla casualità della loro combinazione, come fossero le carte sempre uguali di una partita imprevedibile. Mc Arthur Binion, a sua volta, lavora a partire da griglie variamente stratificate, la cui astrazione è invece resa problematica da una messa in scena identitaria, costituita da frammenti autobiografici di certificati di nascita, fotografie, spartiti musicali, rubriche telefoniche personali. E così rigidità di base dell’opera è messa in discussione dalla improvvisazione delle schegge esistenziali sovrapposte, come potrebbe avvenire in una performance jazzistica.
Milano
Galleria Massimo De Carlo
fino al 5 febbraio
sito
Luigi Ontani – Alam Jiwa & Vanitas
Se il rapporto che LeWitte e Binion instaurano con il caos mira alla sua semplificazione attraverso la reiterazione di frammenti, Luigi Ontani ne accetta la multiforme varietà, cavalcandolo spudoratamente con la sua volubile fantasia. Naturalmente anche in questo caso viene esclusa la strada della rappresentazione naturalistica. Nella Wunderkammer di questa mostra, vera stanza delle meraviglie, sculture, acquarelli, maschere, ceramiche e arzigogoli esotici dai colori accesi danno vita al sincretismo di miti, allegorie, immagini trasfigurate e in metamorfosi. Una rappresentazione sgargiante del caos, ironicamente contenuto in una fantasmagorica manciata di simboli, il cui significato è sintetizzato dal titolo della mostra: Alam Jiwa & Vanitas. Infatti, le prime due parole in balilese significano “natura dell’anima”, qui rappresentata da una collezione di festose icone, che però vengono associate alla “Vanitas”, al vuoto di un giocoso, volutamente irriverente divertimento.
Torino
Galleria Civica di Arte Moderna e Contemporanea (GAM)
fino al 30 gennaio
sito
Herta Ottolenghi Wedekind – Il sogno dell’opera d’arte totale
Ancora il caos ordinato in una stanza, ma stavolta i meravigliosi arazzi che si possono ammirare nelle sale espositive, insieme a tappeti, cuscini, stoffe, paraventi non appartengono all’allestimento di una esuberante wunderkammer, ma provengono piuttosto da stanze vere, dalle abitazioni di agiati cittadini degli inizi del Novecento. Herta Ottolenghi Wedekind (1885 – 1953) è stata non solo una ricca mecenate e collezionista d’arte, ma artista a sua volta, e di rilievo. Vincitrice di numerosi premi negli anni Venti e Trenta, alcune sue opere sono custodite al British Museum e al Metropolitan Museum. Sull’onda dell’arte decorativa teorizzata e prodotta con splendidi risultati in quel tempo, Herta si proponeva di realizzare un’arte applicata, finalizzata a materializzarsi in oggetti d’uso o ornamentali. Nel suo caso, tale destinazione non comporta una rinuncia alla perfezione estetica ma, piuttosto, come segnala il titolo della mostra, spinge alla ricerca di “un’arte totale”. Per raggiungere la quale, ancora una volta ci troviamo di fronte alla rielaborazione di motivi astratti, modulati attraverso duplicazioni, simmetrie, tracciati casuali che risentono delle influenze del surrealismo e che alcuni critici hanno paragonato alle macchie di Rorschach utilizzate nella psicodiagnostica. Un altro modo per esorcizzare e catturare il caos nelle maglie della creatività. Un altro modo, sembra una contraddizione, per servirsi della fantasia per fare ordine. Herta Ottolenghi Wedekind sceglie di ospitare il caos in casa, quasi per neutralizzarlo, rendendolo ornamento della quotidianità
Rovereto (TN)
MART
fino al 13 febbraio
sito
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Visiva#11 – Anna Magni e il retro delle stelle
Nella foto in alto: un’opera di Luigi Ontani in mostra alla GAM di Torino
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Emma Cacciatori
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