VISIVA #15 – LE MOSTRE DI FEBBRAIO 2022
Bergamo, Londra e Pordenone ospitano le tre mostre che abbiamo scelto per la puntata di Visiva di questa settimana
di Emma Cacciatori
Nulla è perduto. Arte e materia in trasformazione
Lavoisier lo aveva detto nel lontano 1789: «Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma» e da allora l’approfondimento di quel postulato ha prodotto rivoluzionarie teorie scientifiche, nonché innegabili progressi tecnologici. Ora alla Galleria di Arte Moderna e Contemporanea (GAMeC) di Bergamo la mostra Nulla è perduto. Arte e materia in trasformazione dà la possibilità di constatare quanto questo tema a tutt’oggi coinvolga anche la produzione artistica. L’evento, seconda tappa del progetto espositivo Trilogia della materia, è costituito da una sessantina di opere, tra pitture, sculture e installazioni provenienti da collezioni internazionali, a partire dalle provocazioni alchemiche dei surrealisti fino ad arrivare ad artisti di ultima generazione. La mostra è organizzata in quattro sezioni, quanti sono gli stati di aggregazione della materia: aria, terra, fuoco e acqua. In ciascuna la trasformazione è rappresentata metaforicamente o prodotta artisticamente, da processi di condensazione, evaporazione, di combustione o da interazioni con agenti chimici o atmosferici, sempre all’insegna della casualità, in quanto risultato di un’azione predisposta dall’artista ma imprevedibile nel risultato. Questo evento ha una portata non solo estetica e invita a una visione trasversale e interattiva dell’arte, in dialogo con ciò che la circonda e con chi la fruisce. Ne è testimone la collaborazione con importanti realtà del territorio bergamasco impegnate nell’educazione e divulgazione scientifica e culturale come l’associazione BergamoScienza, la Fondazione Meru /Medolago Ruggeri, impegnata nella ricerca biomedica, e la Fondazione Dalmine.
Bergamo
GAMeC
Fino al 13 febbraio
Sito
Kehinde Wiley
L’arte occidentale sembra avere l’accesso all’universalità soprattutto in opere come quelle del Rinascimento Italiano o del Romanticismo Europeo. Chi oserebbe dire, per esempio, che i paesaggi di Turner o di Friedrich, con la loro visione sublime della natura, non appartengono al patrimonio di tutti? Non a caso i loro lavori sono custoditi nelle più prestigiose gallerie a rappresentare i modelli a cui ogni artista deve sapersi ispirare. Ma proprio in uno di questi santuari dell’arte, la National Gallery, Kehinde Wiley, artista afroamericano famoso, tra l’altro, per avere realizzato nel 2017 il ritratto del presidente Obama, riesce a mettere in dubbio le nostre certezze. E lo fa proprio eseguendo le riproduzioni di alcuni dei più famosi quadri del canone estetico occidentale, ma introducendo nuovi personaggi in quelle storie, nuovi proprietari degli sguardi di quegli spazi esaltanti, nuove posture e convenzioni che depotenziano l’aura trionfante delle immagini originarie e disorientano lo spettatore bene educato. La mostra, per la verità molto piccola, è divisa in due parti, una con cinque dipinti dell’artista e un’altra con una installazione, dove su sei schermi viene proiettato il film in bianco e nero di trenta minuti Prelude. Qui alcuni personaggi, passanti neri da lui scelti nei pressi della Galleria, si aggirano spaesati e intirizziti a causa di abiti inadeguati in alcuni sperduti paesaggi invernali della Norvegia, mentre la voce narrante legge brani di letteratura del sublime. I dipinti, a loro volta, consistono in tre rifacimenti de La nave dei folli di Bosch, dove gli ospiti della barca sono neri in procinto di affogare e due famosi capolavori di Friedrich, Le bianche scogliere di Rugen e Il viandante sul mare di nebbia (Bing). La versione di Wiley di quest’ultimo, per esempio, è apparentemente fedele all’originale, ma, nel suo dipinto i colori sono più “belli”, volutamente vivaci e commercialmente più appetibili e poi il viandante, bianco, che nel quadro di Friedrich contempla eroicamente lo spazio è diventato un nero sul cui cappotto fuori misura sono rimasti i riflessi blu della fotografia eseguita nello studio.
Londra
National Gallery
fino al 18 aprile
Sito
Mœbius. Alla ricerca del tempo
È arrivata da Napoli al PAFF (Palazzo Arti Fumetto Friuli) di Pordenone la più completa raccolta italiana della produzione del grande illustratore e fumettista Jean Henri Gaston Giraud, in arte Mœbius, scomparso dieci anni fa. Si tratta di più di 300 opere tra disegni originali, riproduzioni, incisioni, stampe, riproduzioni digitali, opere in realtà aumentata, accompagnate dal documentario Metamœbius di Damian Pettigrew e Olivier Gal. Nelle numerose sezioni della mostra è dedicato uno spazio ai rapporti tra l’artista e l’Italia e uno al suo Paradiso di Dante. Ma nella sua “ricerca del tempo”, filo conduttore del progetto espositivo, restano fondamentali le costruzione fantastiche degli universi paralleli, in cui sono ambientate le storie delle sue graphic novel, in bilico tra new age e surrealismo, evasione e provocazione. La sua inesauribile e versatile creatività fu ricercata anche da numerosi registi per i loro film per i quali, tra gli altri, disegnò i costumi (Alien), storyboard (Tron), concept art (Abyss, Il quinto elemento). Nel catalogo della mostra è presente anche una lettera di Fellini. Ma la sua straordinaria abilità raggiunge l’apice della visionarietà nella collaborazione con l’istrionico regista cileno Jodorowsky. Con lui, che ne scrisse la sceneggiatura, Mœbius ha al suo attivo i sei volumi della space opera L’Incal (1981-1988) e il monumentale lavoro preparatorio del film tratto dal romanzo di Frank Herbert Dune, lungometraggio mai realizzato per i colossali costi di produzione. Da questa mostra si esce un po’ storditi, come se si emergesse da un universo che inquieta e nello stesso tempo consola. Ma non è forse quello che dovrebbe fare ogni vera opera dell’arte e della letteratura?
Pordenone
PAFF
Fino al 13 febbraio
Sito
Visiva #01 – DEM e il pensiero selvatico
Visiva #02 – CTM Festival e abitare la distanza
Visiva #03 – Suzanne Saroff e il ritorno alla natura morta
Visiva #04 – Kostis Fokas e il corpo altrove
Visiva #05 – Marta Blue, c’è del glitter nell’oscurità
Visiva #06 – Carlo Alberto Giardina e l’equilibrio
Visiva #07 – ‘Describe’ di Perfume Genius e il gioco del remix
Visiva #08 – Naama Tsabar, vedere il suono
Visiva #09 – Iringó Demeter e le anatomie affettive
Visiva #10 – Mayuka Yamamoto e la metamorfosi indossata
Visiva#11 – Anna Magni e il retro delle stelle
Nella foto in alto: Moebius, Riparazione Ptero guasto, foto di Pietro Marcolini
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Emma Cacciatori
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