VISIVA #18 – 17 MARZO 2022
Nella nuova puntata di Visiva tre mostre tra Napoli, Termoli e Modena che hanno come protagonista l’ecologia e il paesaggio
di Emma Cacciatori
Perplessi di fronte a una natura spesso snaturata, abbruttita dagli insediamenti umani o saccheggiata delle sue ricchezze dalla ricerca del profitto, preoccupati di fronte alle catastrofi ambientali, in parte conseguenza di tutto questo, possiamo ancora chiedere all’arte di rappresentare vedute pittoresche o orribilmente belle di monti e mari, o sereni paesaggi campestri en plein air? Verrebbe da dire: “Non è più la natura di una volta”. E neppure l’arte lo è, come vedremo in questo “Visiva” di marzo 2022.
Le 3 ecologie
Ora l’idea è consolidata: l’ambiente naturale è strettamente interconnesso con quello antropico delle nostre azioni quotidiane. Lo aveva teorizzato più di trent’anni fa Guattari, che ipotizzava l’esistenza di tre ecologie: ambientale, economico sociale e mentale e invitava a pensare secondo una “ecosofia” capace di affrontare il nostro rapporto con la natura e i suoi abitanti in modo globale. Se le cose stanno così, anche l’arte deve saper sperimentare nuove pratiche estetiche capaci di cogliere trasversalmente aspetti e contraddizioni dei mutamenti in atto. Come? La mostra Le 3 ecologie allestita al MACTE (Museo di Arte Contemporanea di Termoli) ci offre alcuni esempi, attraverso dipinti, filmati, installazioni, fotografie di 11 artisti provenienti da vari paesi riuniti da Caterina Riva, storica dell’arte con una lunga esperienza all’estero.
Tra questi contributi, ci sono due documentari molto significativi. Wild Relatives, realizzato nel 2017 da Jumana Manna, racconta il viaggio di sopravvivenza di alcuni semi. Molti sono gli aspetti e i personaggi, le istituzioni e le competenze coinvolte nel tragitto: agricoltori, scienziati, camionisti, biologi, sacerdoti. Tutto parte da Aleppo, distrutta dalla guerra per passare alla valle della Bekaa in Libano, minacciata dalla siccità e da lì si arriva alle isole Svalbard, dove queste sementi sono messe al sicuro nel Global Seed Vault, la banca genetica nel mare Artico, che, a 20 grafi sotto zero, custodisce le principali colture di tutto il mondo. Con Whutarr: Saltwater Dreams, invece, il collettivo aborigeno del Karrabing Film Collective, ci porta in Australia. A partire dal perché si è rotto il motore di un fuoribordo, le spiegazioni si moltiplicano: le ragioni dei meccanici improvvisati si sovrappongono a quelle degli antenati, la voce della burocrazia a quella della terra, le tracce della violenza del colonialismo alla memoria di una spiritualità ancestrale. L’ “improvisational realism” con cui viene usata la cinepresa rende conto di questa stratificazione di piani, che si manifesta in una copresenza di reale e surreale. Perché stiamo calcando i territori del dreamtime, dove nel bel mezzo di una conversazione si può entrare (e per fortuna uscire) nella dimensione sconnessa ma veritiera del senso del luogo.
Termoli
MACTE
Fino al 15 maggio
info
Rethinking Future
Il collettivo dei Karrabing è presente anche tra i 40 artisti ospiti della mostra Rethinking Nature presso il MADRE (Museo d’Arte contemporanea Donnaregina delle Regione Campania). In particolare, il “ripensamento” proposto dagli organizzatori vuole invitarci a riflettere “sulle radici storiche di una visione colonialista della natura in quanto riserva permanente di cui appropriarsi. Anche in questo caso il percorso espositivo è costituito da molte opere e pratiche multidisciplinari spesso con un esplicito intento militante. Tra gli aspetti ricorrenti della mostra è più volte riproposto il parallelismo tra lo sfruttamento del territorio e quello delle persone che lo abitano, tra depauperamento ambientale e culturale. Adriana Bustos, per esempio, in una parte del suo contributo affronta il problema attraverso una serie di dipinti e ceramiche, con cui coglie lo stretto legame tra visione della natura da parte delle scienze bio e geologiche e i processi coloniali. Per farlo si serve di una rete di narrazioni, bestiari, cronache di viaggiatori, spiegazioni di scienziati cinquecenteschi, che, di fronte all’impresa di capire l’esistenza altra e inedita del “nuovo mondo” danno vita alla rappresentazione di una realtà “mostruosa”, che apre la strada e giustifica l’opera di “civilizzazione” della colonizzazione e della espropriazione europea. Invade in qualche modo i piani dell’esposizione l’installazione degli artisti filippini Alfredo e Isabel Aquilizan, che da un’instabile barca capovolta rovesciano nell’ambiente una cascata di scatole e cartoni di carta riciclata, che rappresentano un disordinato ammassamento di case, casette, baracche giardinetti; una specie di bidonville precedentemente realizzata in collaborazione con i ragazzi della cooperativa sociale Dedalus di Napoli. Come a dire che quelle precarie abitazioni, nomadi rifugi affidati a un inaffidabile mezzo di trasporto, chiedono l’accoglienza solidale di quell’antico porto di mare.
Napoli
Madre
Fino al 2 maggio
Sito
Strade
Le mostre di cui abbiamo parlato ci dicono che nel nostro pianeta la natura, intesa come qualcosa di selvaggio, autonomo, separato dall’uomo, non esiste. Essa è diventata territorio: un ambiente in cui i meccanismi fisici e biologici interagiscono con le dinamiche sociali, economiche, affettive di chi lo abita, lo disegna, lo utilizza e lo sfrutta, il più delle volte con scelte sprovvedute quando non sono sconsiderate. È in un sistema complesso e delicato costituito da una serie di spazi senza soluzione di continuità, nei quali quelli antropici, dovuti agli insediamenti produttivi o abitativi dell’uomo, giocano un ruolo determinante. Tra i numerosi artisti che da più di vent’anni lavorano in questa dimensione sociale dello spazio c’è senz’altro il catalano Jordi Colomer (1962), scultore, architetto, storico dell’arte, ma soprattutto protagonista di installazioni, video art e di azioni performative partecipate. Non a caso la mostra retrospettiva che la FMAV (Fondazione Modena Arti Visive) gli dedica si chiama Strade: infatti una buona parte dei video presenti sono immagini in movimento per le vie, dove personaggi si muovono, raccolgono oggetti, arrischiano attraversamenti, portano in giro i modellini degli edifici davanti ai quali camminano, suonano strumenti, improvvisano messe in scena, relazioni, provocazioni, si perdono nel paesaggio urbano. Quello che ci insegnano queste forme di “teatro espanso” è il mestiere dell’abitare, del vivere lo spazio come abitanti prima che produttori di merci e clienti. La creazione di queste situazioni, che spingono a un contatto relazionale, ci invitano ad assumere una visione attiva del territorio, ad esercitarne un uso consapevole, ad averne cura, insieme con gli altri. Proprio in questo spirito di riappropriazione collettiva della coscienza del luogo, primo compito di una civilizzazione ecologica, per domenica 27 marzo Colomer sta preparando un’azione performativa partecipata attraverso un percorso che attraverserà, guarda caso, le “strade” di Modena. Il corteo, ma forse potremmo parlare di processione laica, partirà dal Cimitero di San Cataldo e terminerà il suo percorso alla Palazzina dei Giardini, sede della mostra.
Modena
FMAV
fino all’8 maggio
Sito
Nella foto in alto: particolare di’ Ipogea’ di Piero Gilardi, in mostra al MACTE di Termoli. Foto di Gianluca Di Ioia da Instagram
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