REASON, DEBATE AND A STORY
Lutfor Rahman è tornato nel suo villaggio in Bangladesh per documentare i cambiamenti che incidono sulla vita delle persone e sulla tradizione
di Alessandra Lanza
Lutfor Rathman è un fotografo e artista visivo nato in Bangladesh, in un villaggio a nord di Dacca. Ha deciso dopo anni trascorsi lontano da casa di puntare il suo obiettivo sui cambiamenti che da alcuni anni interessano l’area dove è cresciuto. Tra zone verdi coltivate e fiumi in cui si pratica la pesca, oggi il suo villaggio è sempre più utilizzato come set per film e luogo di villeggiatura per i ricchi di Dacca, e sta perdendo pian piano le sue tradizioni.
Quanto hai iniziato il progetto?
Per frequentare l’Università del Bangladesh avevo lasciato il posto in cui ero nato. Ho deciso di tornare nel 2016 per vedere com’era cambiato. Negli ultimi cinque anni in Bangladesh sono arrivati cinque milioni di migranti ma non sentivo un legame diretto con questo tema, già molto coperto. Se non mi sento connesso e soprattutto benvenuto non riesco a scattare. Per me quindi era importante studiare i luoghi che amavo di più, soprattutto per raccontare i loro cambiamenti.
Di che posto stiamo parlando di preciso?
Gazipur, a nord della Capitale, dista circa 30/40 minuti di automobile. È ancora forte la cultura rurale, infatti la scelgono spesso come set per farci dei film. Ora stanno costruendo sempre più case destinate alla villeggiatura e al turismo per le classi elevate, rendendo quindi molte aree sempre meno accessibili anche per chi come me ci è cresciuto. I contadini che ci hanno sempre abitato ora sono in difficoltà, molti hanno abbandonato l’agricoltura e preferiscono lavorare al servizio di ville e residence. I tremila abitanti tra cui sono cresciuto mi conoscevano tutti, ora invece ci sono sempre più estranei che passano di lì.
Quali altri cambiamenti racconti nelle tue immagini?
Innanzitutto non si fanno più le case come una volta: prima erano fatte di terra, oggi si fanno solo ville in muratura per turisti. Si sta perdendo anche la cultura della pesca, probabilmente entro una decina d’anni nessuno saprà più pescare. Ho cercato di fotografare quello che resta della mia cultura, dalle mie amiche vestite con gli abiti tradizionali, alle tecniche che si utilizziamo per salvare gli alberi di litchee per proteggerli dagli animali, alla religione, che qui si divide in particolare tra indù, musulmana e cristiana. Ogni tanto è ancora possibile incontrare qualche elefante per la strada, ma ora è più comune vedere cartelli pubblicitari.
Il progetto è concluso?
No, sento che manca qualcosa. Sono in Europa da due anni per studiare: prima sono stato in Danimarca, ora sono in Italia, ma mi piacerebbe entro la fine dell’anno tornare nel mio Paese per finirlo. Ho cercato di includere tutte le sei stagioni che ci sono in Bangladesh, come vedi dalle immagini che vanno dall’inverno ai monsoni, dalla primavera all’estate, ognuna molto diversa con i suoi colori. Mi piacerebbe che questo studio quasi “antropologico” diventasse un libro, per me l’espressione ultima della fotografia.
Nel frattempo a cosa stai lavorando?
Qui a Milano ho conosciuto moltissime persone del Bangladesh e sto lavorando sul tema dei migranti, ce ne sono almeno 400 mila in Italia provenienti dal mio Paese. Molta della mia gente è arrivata qui viaggiando prima via terra, poi in barca, passando per la Turchia e per la Grecia. Uno dei miei più cari amici è scomparso durante una traversata via mare, e questo mi ha profondamente segnato.
LUTFOR RAHMAN Di base ora a Milano, è un artista visivo nato nel 1995 a Dacca, la capitale del Bangladesh. Ha lasciato gli studi di grafica per la fotografia ed è entrato a far parte di Pathshala. La sua fotografia esplora la transizione e il cambiamento che stanno attraversando i luoghi dove ha le sue radici.
Articolo pubblicato su WU 112 (febbraio – marzo 2021). Segui Alessandra su IG
Tutte le foto presenti in questa pagina sono di Lutfor Rahman