TREDICI PIETRO – MATURARE NEI SOLITI POSTI, TRA I SOLITI GUAI
Tredici Pietro ha pubblicato il suo disco ‘Solito Posto, Soliti Guai’, il suo esordio sulla lunga distanza. Sarà sul palco del Mi Ami il prossimo 28 maggio
di Futura 1993
Bologna, via delle Lame. Per un giorno il ristornante Da Bertino diventa proprietà dei regaz che lo scelgono come location per il prossimo videoclip. Guarda caso sono in tredici e, nella trasposizione bolognese dell’Ultima Cena di Leonardo, al centro siede Pietro. Il titolo Solito Posto, Soliti Guai parla chiaro.
Sono ormai passati quattro anni dall’uscita di Pizza e Fichi, primo brano con cui Tredici Pietro si è presentato al pubblico. Risultato: questa cosa la sa fare per davvero. Dai sodalizi con Lil Busso, Mr. Monkey e gli Psicologi, passando per Assurdo, prima raccolta di brani dell’artista, e la freschissima Dimmi Come Fare, Lo Faccio, Pietro entra prepotentemente nei radar del rap italiano. Manca solo il primo disco ufficiale.
Il primo sussulto arriva con X Questa Notte: sette brani usciti nell’incertezza della zona rossa, ma una svolta per la carriera del giovane talento. Il progetto, interamente prodotto da Andry the Hitmaker, vede le collaborazioni con alcuni tra i maggiori esponenti del genere. In mancanza di concerti live tuttavia la risposta è smorzata: l’album si iscrive al club dei lavori i quali sembra impossibile misurare l’impatto. Per fortuna che poi arriva la primavera.
Esattamente un anno e un giorno dall’uscita di X Questa Notte, il 22 aprile 2022 esce Solito Posto, Soliti Guai, primo disco ufficiale del rapper di San Lazzaro di Savena. Tre nuove canzoni, di cui due inedite, che si aggiungono alla già edita tracklist di X Questa Notte. Un percorso che ha portato Pietro a trasferirsi da Bologna a Milano, allontanandosi da quei luoghi e quegli amici che lo hanno cresciuto. Non un’analisi retrospettiva – perché, come ci racconta, il presente a Milano è più roseo che mai – ma uno sguardo su Bologna vista per la prima volta da lontano.
Nel video di Solito posto, soliti guai si condensa tutta la personalità di Tredici Pietro: tovaglie a quadretti, dita infarinate di pasta all’uovo e tazze da caffè si mescolano con l’attitude hip-hop di chi, partito per gioco, ha zittito tutti. Le due facce di Pietro, quella da regaz e quella da rapper, si animano in sintonia con i tredici amici da cui deriva il suo nome d’arte. La cortesia del barista con gli occhiali storti si tramuta nella tradizionale fotta bolognese in una rimpatriata tra sigari e Sangiovese. Il tutto a ritmo del beat, senza che la testa riesca a stare ferma.
Quando gli amici chiedono come starà a Milano, Pietro risponde “easy”: già lo sa che una parte di lui rimarrà lì, con la sua gente, dove i danni fatti non sono che virgole di una storia ancora tutta da scrivere. Lo dice in Fumo Pensando a Te: «io non ho mai cappato» e noi gli crediamo.
Con quest’album Tredici Pietro entra finalmente nel campionato dei grandi, togliendosi di dosso anche lo stigma del figlio d’arte che in Italia genera spesso dissenso. Ne è passato di tempo da quando «la city sembrava Vice City / e fumavamo in cantina da Piraz». Ora Pietro è qui per raccontarci cosa è cambiato da allora.
Ciao Pietro, come stai? Ma soprattutto, quanto fa male la mano dopo aver firmato tutti quei vinili?
Dai, non fa male per niente! Sto bene, sono alla grande, sono carico e non vedo l’ora di portare la mia musica in giro per l’Italia, questa è la cosa principale.
Sono da poco uscite le versioni live acustiche di Dall’Alto e Come Fossi Andato Via, entrambe freschissime. Dal momento che il tour è di fatto già iniziato, le riproporrai live? Suonerai con la band?
Questi video anticipano un po’ la tendenza che vorrei portare live. Stiamo facendo le prove, mettiamola così, per onorare queste versioni anche sul palco.
Dal titolo Solito posto, soliti guai non c’è dubbio che il disco sia ambientato a Bologna nonostante sia stato scritto a Milano. Mi interessa molto il rapporto fra queste due realtà: quali sono i valori con cui Bologna ti ha educato? E hai paura che Milano possa corrompere la tua identità bolognese?
Penso che Milano abbia già smorzato la mia identità bolognese. Da bolognese odiavo Milano e se c’è qualcosa di negativo della nostra mentalità è un po’ il discorso legato al provincialismo. Non saprei nemmeno come definirlo, lo indicherei come la tendenza alla chiusura rispetto agli altri, il pensare: «sono meglio io e gli altri vadano a quel paese», in tutto, non solo nella musica. Milano mi ha tolto questa cosa e mi ha aiutato tanto a essere più aperto, più curioso e a mettermi in dubbio costantemente. Bologna, dal canto suo, mi ha educato con valori molto puri, quasi puristi, anche a livello di rap. Milano mi ha aiutato a non essere così chiuso, per quanto io non mi considerassi uno di quelli chiusi a Bologna.
ll bambino di Come Fossi Andato Via alla fine se n’è andato o è rimasto?
Eh no, non se ne può andare, per quanto si sia convinti e ci si convinca che la nostra razionalità batta il nostro cuore. Noi rimaniamo quel bambino di tre anni, che ha appena imparato a dire le prime parole ed è anche un po’ cattivo, in senso buono. Non è che i bambini siano cattivi, sono puri, se vogliono una cosa piangono per ottenerla, vanno dritti al punto senza girarci intorno. È così, e il bambino dentro di noi ci sarà per sempre.
Ci puoi raccontare un guaio successo in uno dei vostri soliti posti?
Se raccontassi dei guai seri offenderei delle persone, se raccontassi dei guai leggeri non sarebbero divertenti. Quindi è dura… Non sono raccontabili, sono tutti nascosti, sono tutti un po’ offuscati ed è giusto che rimangano così.
Fumo Pensando a Te è un brano che non sfigurerebbe nel repertorio di Mecna. Cosa ti è rimasto e cosa hai imparato dai featuring del disco?
Lo considero come un complimento, perché Mecna spacca. Penso di aver imparato tanto ma, in realtà, non so perfettamente indicare precisamente cosa. Forse ho preso una piccola cosa nella chiusura delle righe da Giaime, qualcosa dalla precisione metrica da Nayt e condivido con Mecna, che è uno dei pochi che ha sempre fatto rap senza essere “canonico” nel farlo, una simile fragilità. Sono artisti che ho ascoltato, che mi hanno ispirato, che hanno sicuramente più storia di me e che hanno fatto dischi che ascolto da prima che iniziassi a fare musica. C’è qualcosa di loro in me e lo si può notare.
X Questa Notte viene concepito, nasce e parla di pandemia. Solito Posto, Soliti Guai fiorisce durante gli ultimi sussulti dello stato d’emergenza. Bologna è una città molto umana, dove le persone vivono in strada a contatto le une con le altre. In che modo la pandemia ha modificato il modo di vivere la tua città?
Durante la pandemia ho vissuto una buona parte di quarantena a Bologna, senza uscire di casa, andando solo fuori per pochissime occasioni. In quel periodo qualsiasi cosa era uguale all’altra: nel momento in cui si esce e non è possibile frequentare un determinato posto, quel luogo diventa un luogo non sicuro, quindi tutto è uguale. Poi mi sono spostato a Milano, ho iniziato a imparare a conoscere la città in quarantena e quindi non l’ho conosciuta davvero fino a quando non è stato possibile uscire di nuovo. Per questo, il mio modo di vivere la città è cambiato com’è cambiato per tutti, non era più un luogo sicuro in quel momento.
In quarantena è cambiato anche il modo di fruire la musica, sia per gli artisti che per il pubblico. Il mercato musicale si è adeguato con nuove strategie di comunicazione che hanno fatto emergere artisti sconosciuti dal nulla. In tutto questo pensi che il pubblico sia diventato più esigente?
Penso che non sia tanto dovuto alla pandemia, quanto, se parliamo di rap e di urban, al fatto che in questi anni stia aumentando una consapevolezza: il tempo a disposizione sta aumentando e abbiamo tutti una libreria musicale da collezionisti, con infinite fonti ogni giorno a disposizione. Tutto questo aumenta lo standard, aumenta la sensibilità, aumenta tanto sia la possibilità di fare quello che si vuole, perché ci sarà qualcuno che ti può scoprire, sia la sensibilità da parte di chi ti ascolta. Perciò non credo che sia la quarantena, ma credo che sia proprio il nuovo modo di fruire la musica.
In un articolo di Repubblica Umberto Eco scrisse: «Avere un nemico è importante non solo per definire la nostra identità ma anche per procurarci un ostacolo rispetto al quale misurare il nostro sistema di valori e mostrare, nell’ affrontarlo, il valore nostro. Pertanto quando il nemico non ci sia, occorre costruirlo». Chi è il tuo nemico?
Io non ho nemici. Umberto Eco probabilmente stava parlando di politica e di come si costruiscano certi pensieri e certe dinamiche in determinati movimenti ideologici. Penso che avere consapevolezza del fatto che noi visceralmente abbiamo bisogno di un nemico, già ti levi il nemico. Non saperlo ti allontana. L’ignorare che dentro di noi ci sia una parte di energia negativa che vuole un nemico, porta ad avere un nemico senza nemmeno razionalizzarlo. È importante prendere consapevolezza delle proprie energie, perché regolano la nostra testa, la nostra razionalità. In ognuno di noi esiste una parte di odio, non esistono i buoni o i cattivi. Siamo tutti uguali, penso però che ci sia chi sappia regolare questa cosa meglio di altri.
In un’intervista hai detto di avere difficoltà nel sentirti crescere. In concomitanza con l’uscita del primo disco ufficiale, sull’uscio del mondo dei grandi della musica, ti senti più maturo?
No. Mi sentirò per sempre in una costante montagna russa che va dal costruirsi al distruggersi. È una sinusoide, c’è un periodo in cui evolvo e un periodo in cui faccio fatica ad evolvere, in cui faccio dei passi indietro. L’importante è che nel periodo di evoluzione si facciano cinque passi avanti e nel periodo opposto se ne facciano solo quattro indietro. Bisogna sempre portare avanti un tassello alla volta, anche se saremo sempre in esame con noi stessi.
Intervista a cura di Antonio Verlino
Nella foto in alto: Tredici Pietro
Tredici Pietro su IG
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