GIOELE AMARO – COSÌ È (SE VI PARE)
Superfici lucide, illusioni ottiche e inediti canvas sono gli strumenti di lavoro del giovane artista nato a Reggio Calabria e diviso tra Parigi e Milano. Dopo aver lavorato per l’Atelier Jean Nouvel, oggi il suo sguardo si posa sul quotidiano da un punto d’osservazione differente
di Marco Torcasio
Come una novella di Pirandello, le figure di Gioele Amaro ingannano e al contempo sorprendono lo spettatore. Ciò che sembra non è come appare: Amaro rende le sue composizioni ingannevoli utilizzando strumenti digitali, quindi le stampa su tela prima di applicare strati di vernice o pittura sulle loro superfici. Un processo che conferisce ai suoi pezzi l’aspetto lucido e riflettente della lamina o dell’acciaio inossidabile e ne aumenta ulteriormente la qualità illusoria. Sebbene siano prodotte digitalmente, le immagini di Amaro sono in debito con tecniche pittoriche come il trompe-l’œil e l’anamorfosi che sono state utilizzate per secoli per rappresentare lo spazio illusionistico.
Qual è stato il percorso che ti ha portato a sviluppare la tua sensibilità artistica e come hai affinato nel tempo le tue abilità?
Ho cominciato a dipingere già da bambino, pur senza la consapevolezza che un giorno avrei potuto trasformare la mia vocazione in mestiere. Mi sono laureato alla École Nationale Supérieure d’Architecture de Paris-La Villette coltivando il sogno di lavorare per Jean Nouvel. Ho inoltrato al suo atelier il mio curriculum, dopo poco sono stato contattato ed è iniziata un’avventura lavorativa che mi ha per- messo – lungo un arco temporale di cinque anni – di affinare le mie conoscenze e la tecnica lavorando con software di progettazione. È nata così la mia passione per il digitale che ho ben presto messo alla prova realizzando opere dipinte “digitalmente” per la Galleria Balice Hertling. Dopo il debutto del mio primo solo show nel 2018, ho scelto di lasciare il mondo dell’architettura per abbracciare quello dell’arte e da lì in poi tutto è stato più semplice.
Il tuo talento si sostanzia nella creazione di opere che superano l’arte tradizionale per servirsi di nuovi media. Ti piace confondere lo spettatore?
Mi piace meravigliarlo. È sorprendente per chi osserva i miei lavori scoprire che opere percettibilmente realizzate a mano sono in realtà digitali al cento per cento.
Che tecnica utilizzi nella fase creativa?
Parto da un disegno grafico che viene poi stampato e lucidato con un’apposita vernice protettiva. Non c’è alcun tipo di tecnica pittorica, ma ho progettato io stesso dei brush digitali che simulano i lavori a pennello e mi consentono di lavorare con texture, effetti di luce e ombre.
Hai dei punti di riferimento particolari nell’arte contemporanea?
Ho deciso di fare a meno delle grandi ispirazioni classiche o moderne per dare vita a concetti soltanto miei.
Nella tua produzione c’è una serie a cui sei più legato?
Per la mia prima personale alla Galleria Balice Hertling di Parigi sono partito da un piccolo disegno che conservo sin dai tempi della scuola elementare. L’ho trasformato nella base figurativa su cui costruire l’intera mostra. Anche i quadri “specchianti” rappresentano un punto importante della mia produzione: sono autoritratti-display apparentemente riflettenti che trascendono il vero con un piglio quasi espressionista.
In che misura la tua infanzia si inserisce nella tua produzione?
Ho avuto un excursus tardivo perché da bambino ho vissuto l’arte come qualcosa di mio e soltanto mio. Sentivo che per gli altri non aveva lo stesso valore: la mia fami- glia non possedeva gli strumenti per comprendere l’importanza del gesto artistico e nella mia regione d’origine non ho trovato terreno fertile per dare sfogo alle mie pulsioni creative. Dopo la laurea mi sono finalmente liberato del pensiero che l’arte non potesse darmi da vivere e la mia necessità di esprimermi è finalmente esplosa.
La Calabria ti ha posto soltanto dei limiti oppure ha anche ampliato il tuo orizzonte?
Umberto Boccioni, Corrado Alvaro, Gianni Versace sono sempre stati dei fari nella mia formazione culturale, uomini fortemente attaccati alle proprie origini come lo sono anche io. Il luogo in cui nasciamo ci struttura e finirà per influenzarci a vita, perché ciò che è natura territoriale è anche natura umana.
Ti abbiamo visto anche all’ultimo miart. Raccontaci com’è andata…
È stata la mia prima volta e devo ringraziare Ruinart. La maison di champagne di LVMH ha voluto coinvolgermi e insieme abbiamo dato luogo a un vero e proprio sodalizio artistico. Oltre ad aver esposto dieci delle mie opere nella vip lounge, ho anche personalizzato la second skin di venti bottiglie magnum in limited edition. Il ricavato della vendita è andato a Treedom, società benefit il cui obiettivo è piantare alberi capaci di portare benefici sociali e ambientali, oltre a sensibilizzare l’opinione pubblica a prendersi cura del pianeta. È singolare che la mia prima esposizione al pubblico in Italia sia stata voluta da un’istituzione francese…
Dopo la fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea ti piacerebbe confrontarti con universi nuovi, magari con la moda?
Nel 2021 ho partecipato – insieme ad altri sedici artisti – alla mostra Valentino Re-Signify Part Two nello spazio espositivo T-10 di SKP South a Pechino per reinterpretare i codici stilistici della maison oggi guidata da Pierpaolo Piccioli. Arte e moda dialogano costantemente e mi piacerebbe molto lavorare ancora a contatto con i fashion designer.
Puoi svelarci qualche progetto in divenire?
Dal 9 giugno al 30 luglio presenterò la mia seconda personale The Wall: Gioele Amaro alla Galleria Almine Rech di Bruxelles. Ad agosto esporrò alla Gether Contemporary di Copenaghen e poi a novembre sarò a Parigi con una mostra del tutto inedita: esporrò solo opere nuove e spingerò ancora di più l’acceleratore sull’arte digitale.
Le opere parlano sempre per conto dell’artista. Anche quando l’artista le posta su Instagram?
Con un tono di voce basso rischierei di non farmi sentire. Instagram invece è un megafono perfetto che mi consente di urlare.
Articolo pubblicato su WU 114 (giugno – luglio 2022)
Gioele Amaro su IG
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