CINQUE COSE CHE STANNO UCCIDENDO IL TEATRO IN ITALIA
Come se la passa il teatro nel nostro Paese? Qualcuno parla di rinascita, qualcun altro no. Proviamo a vedere il bicchiere “mezzo vuoto” e analizziamo le cause che non permettono alla scena nazionale di trovare una sua strada
di Matteo Torterolo
Si fa un gran parlare in giro della rinascita del teatro in Italia. Sinceramente, lavorando a stretto contatto con questo mondo, non capisco bene di cosa si stia parlando. Il che non mi impedisce di sperare di sbagliarmi, quando penso che probabilmente il teatro in Italia è un condannato a morte. Ma cosa ha ucciso il teatro? O, se siete degli inguaribili ottimisti, cosa rischia di ucciderlo nonostante l’attuale fioritura straordinaria? Ho messo insieme cinque possibili risposte. Spoiler: non è stata la televisione.
I CLASSICI
I classici. Cioè, nessuno dice che i classici non siano importanti. Sono fondamentali. La domanda da farsi però è un’altra: perché, se entro in un locale che fa musica live, difficilmente mi trovo ad ascoltare la Quinta Sinfonia di Beethoven, mentre in teatro la probabilità di sorbirsi l’ennesima versione di Romeo e Giulietta è molto, molto alta. Nessuno ce l’ha con i classici, ma qui c’è urgente necessità di nuovi canoni dai quali ripartire. La tradizione può essere un’autentica trappola, e in questo Paese ha già fatto parecchie vittime.
I TEATRI
Da qui nasce subito un’altra considerazione, almeno guardando alla mia città, ma pensando che possa valere anche altrove: quanti locali che fanno musica dal vivo ci sono? E quanti spazi teatrali? La risposta alla seconda domanda è facile: troppi. Troppi come le volte che mi sono trovato seduto in platee vuote o quasi. Intendiamoci: nessuno vorrebbe veder chiudere un teatro. Però di fatto poi tanti teatri chiudono, e stanno chiudendo, perché la loro attività non è più sostenibile, e da tempo non viene sostenuta a sufficienza. Prima di piangere lacrime di coccodrillo, sarebbe bene che si cominciasse a ragionare finalmente in maniera seria di politiche culturali, a partire dalla revisione del sistema dei finanziamenti del settore (vedi punto 5).
I DIRETTORI ARTISTICI
Anche qui c’entra la tradizione, perché portata avanti per inerzia. È assurdo che nel teatro italiano del 2023, esattamente come nel 1700, la stragrande maggioranza dei direttori artistici dei teatri siano anche artisti, tendenzialmente registi. Il che porta inevitabilmente a scelte opinabili, se non a veri e propri conflitti di interesse e gelosie. In tutta Europa (e anche in Italia) esistono corsi di studio e di specializzazione dedicati alla formazione di curatori e direttori artistici: prima o poi qualcuno reclamerà il proprio posto no? Evviva la separazione delle carriere, dico io.
LA CATTIVA COMUNICAZIONE
Ho una collezione di flyer rivoltanti che ho messo da parte in questi anni in teatri e festival di tutta Italia. Li raccolgo gelosamente per ricordarmi di non sottovalutare mai l’efficacia di una buona narrazione. Ma da dove arriva questa sottovalutazione nel settore? Sicuramente c’è un certo snobismo: quella convinzione imponderabile che, in quanto teatranti, si sia i depositari di un messaggio intellettuale superiore, porta inevitabilmente a considerare qualsiasi “medium” per trasmetterlo semplicemente svilente. Peccato che stiamo parlando appunto di mezzi e, si sa, senza mezzi si va poco lontano.
LA POLITICA
Un altro luogo comune. O forse no? Parliamo di politica culturale ovviamente, questa sconosciuta. Per cominciare a darle un senso, andrebbero innanzitutto ripensati i “criteri” di finanziamento: perché ancora nel 2023 si ragioni in termini di teatro, danza, musica come compartimenti stagni e non si riesca al contrario a trovare un modo di pensare (e sostenere, ma anche raccontare) una proposta culturale nel suo complesso, resta un mistero. Senza dimenticarci dunque di dire che la cultura va sempre sostenuta – penso al confronto impietoso con gli investimenti nel settore dei nostri vicini europei – bisognerebbe poi imparare a migliorare (anche) la sua capacità attrattiva nei confronti di possibili partner e sponsor privati, che diventano ogni giorno più vitali per la sopravvivenza del teatro in Italia.
Foto in alto: foto di Kilyan Sockalingum da Unsplash
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