IL FUTURO È VERDE
La rivoluzione nel piatto parte dal vegetale. Golosi, intraprendenti e meno banali di quel che sembra, le primizie della terra sono sempre più protagoniste in cucina, nel rispetto della stagionalità e con la giusta attenzione che meritano
di Martina Di Iorio
Ode al vegetale, quello che in purezza, lavorato oppure trattato è il protagonista delle grandi tavole italiane. Non certo una moda, sebbene il peso di questo ingrediente sia cresciuto a dismisura grazie all’attenzione particolare di tantissimi chef nel mondo, ma una vera e propria strada per il futuro. Infatti puntare sui vegetali – cosa ben diversa da una cucina prettamente vegetariana o vegana – vuol dire andare a braccetto con i maggiori leit motiv di questo millennio.
Si cerca la stagionalità, il chilometro zero, i produttori locali, tutto va nella direzione di un racconto etico e schietto, sostenibile, aldilà di ogni trend e storytelling possibile. Il vegetale, infatti, viene finalmente trattato alla stregua degli altri ingredienti in carta: come una normale proteina, di cui prende in prestito cotture, lavorazioni, la stessa attenzione che solitamente si riserva a una carne o un pesce. Il vegetale è elegante, richiede precisione millimetrica e studio profondo delle sue caratteristiche, utilizzi e dei cicli stagionali. Non è più il cuoco a decidere cosa mettere a disposizione dei propri clienti, ma è la natura ad avere un peso importante. Sempre di più.
Tante sono le sue bellissime interpretazioni in cucina, che viene trattato con un rispetto gastronomico e una ricerca di sapori e gusto al pari di ogni altro ingrediente. Perché non dimentichiamolo mai, il vegetale non è sinonimo di semplicità e banalizzazione di sapori, ma è pilastro della nostra tradizione culinaria e una delle possibili strade per un mondo sostenibile per davvero.
Il binomio territorio-vegetale, infatti, è la strada che viene battuta da sempre più chef. È il caso dell’Osteria degli Assonica, una stella Michelin, a pochi chilometri da Bergamo, terra di grande cultura artigiana tra allevamenti e coltivazioni di vario genere. La cucina dei fratelli Alex e Vittorio Manzoni è in simbiosi con la natura e il territorio, per un connubio indissolubile che si esprime sul piatto con un menù totalmente vegetale e quindi sostenibile: «La nostra idea di sostenibilità parte dall’utilizzo della materia prima quindi dal prodotto stesso che deve essere del territorio. Valorizziamo ingredienti locali di aziende bio e rispettose dell’ambiente. Utilizziamo anche prodotti del nostro orto personale nel rispetto della stagionalità. Per noi è sostenibilità anche il rispetto del tempo e dello spazio del personale, creando condizioni ottimali di lavoro nel rispetto della persona».
Qui vengono utilizzate pratiche come il foraging, ovvero la raccolta di erbe spontanee che crescono libere nelle zone circostanti: «Per come lo intendiamo noi, il foraging viene fatto in primavera ed estate, quindi solo erbe spontanee che usiamo come prodotto fresco mentre altre le conserviamo per poterle utilizzare in altri periodi dell’anno». Una cucina golosa e di struttura che parte dal vegetale lavorato poi per intensificare i sapori. «In sintesi la nostra cucina si basa su un’idea istintiva di sapore, legata all’esperienza di ognuno di noi che poi viene sintetizzata e resa personale con l’uso dei vegetali, delle erbe e dei sapori che amiamo tanto», raccontano così i fratelli Manzoni.
Un altro bell’esempio da portare è quello di Antonio Chiodi Latini, a Torino, amante della terra e dei suoi prodotti, che propone una cucina non ama definire vegana ma vegetale creativa: «Le nuove generazioni sono sempre più lontane dal mangiare carne», afferma Chiodi Latini. «Questo ha fatto si che ci fosse una grande riscoperta del vegetale. In realtà noi siamo il Paese della dieta mediterranea, anche se poi questo concetto si è paradossalmente più sviluppato all’estero che qui. Ma siamo sulla buona strada. C’è sempre però più richiesta e attenzione a livello globale sulla cucina vegetale». Non è, però, una strada facile: «Gli ortaggi e le verdure non sono così semplici, in realtà. Fino a oggi sono state servite come contorno, e va da sé che sono state quasi sempre scartate. Se invece vai nella forma più caratteristica del vegetale scopri che sono decisamente complessi e particolari: se non le sai trattare e lavorare possono mortificare il gusto. Per questo bisogna studiarli e conoscerli affinché si distacchino dai ricordi negativi che abbiamo, come l’odore del cavolfiore di quando tornavi a casa e mamma lo aveva cucinato per cena».
Spostandoci radicalmente verso est, dal Piemonte si arriva sulle Dolomiti, dove lo chef Chris Oberhammer alla guida del Tilia, una stella Michelin, porta avanti lo stesso tema di sostenibilità, territorialità e mondo vegetale. Nato nel 2010 a Dobbiaco, con il Südtirol come sfondo, la proposta gastronomica di montagna di questo ristorante riassume il suo pensiero in cucina che ora trova spazio anche nel suo nuovo progetto Mons by Chris Oberhammer, nato sui temi di sostenibilità, regionalità, rispetto, onestà e consapevolezza ambientale. Tre diversi modi di intendere la cucina e il territorio, di fare cultura sull’ingrediente offrendo sguardi e contributi diversi al futuro.
Articolo pubblicato su WU 118 (febbraio – marzo 2023)
Nella foto in alto: uno dei piatti del ristorante Assonica
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