ELLA BOTTOM ROUGE – IL CORPO (NUDO) POLITICO
Un disagio atavico verso il corpo, sempre inadeguato, soffocato come fonte di piacere, denigrato come fonte di dolore. Una delle prime performer di burlesque in Italia racconta come quello che fa diventa una cura per sentirsi corpi viventi e colmare la distanza da noi stesse
di Giorgia Martini
Decostruire il mito della diva, sovvertire le coordinate di questo idealtipo nell’immaginario collettivo, abbandonare ogni concezione idealizzata dell’artista come figura bidimensionale. Lasciare tutto, per ricostruire l’anti-diva. Per Ella Bottom Rouge, una delle prime performer di burlesque in Italia, artista e anche attivista, questo è il compito di chi come lei si esibisce su un palcoscenico. Andare on stage per lei è un atto di empowerment perché passa attraverso il corpo in tutta la sua fisicità. Non è l’estetica di un’immagine forte e glitterata, non è la messa in scena della nudità, il burlesque è soprattutto esprimere attraverso il corpo la consapevolezza dei propri limiti e delle proprie possibilità.
Ella, sono più di dieci anni che il burlesque è entrato nella tua vita. Cosa rispondi alle persone che accusano questa forma d’arte di essere una pratica che strumentalizza il corpo femminile?
Rispondo che evidentemente del burlesque non sanno nulla. Il termine viene da burla, perché alla fine del 1800, quando si pensa sia nato, per evitare la censura, si mettevano in scena stacchetti che univano la nudità alla satira. Spettacoli erotici con fini politici che, attraverso performance sensuali, deridevano il potere. Oggi continua a essere uno strumento anche politico, che deride e combatte il pensiero comune e gli stereotipi. Si porta sul palco il proprio corpo in tutta la sua umanità. Ferite, smagliature, segni del tempo sono sotto i riflettori, senza essere al centro della scena, perché quello che facciamo passa attraverso il corpo ma è tutt’altro che mero corpo.
Credi che questa lotta per la riappropriazione del corpo, della quale il burlesque si fa manifesto, possa diventare un movimento di massa?
Quando metto in scena uno spettacolo, do in qualche modo forma alla mia etica e cerco sempre di scegliere persone che rappresentino il più ampio ventaglio possibile di sfaccettature, dal punto di vista artistico e umano, se può esistere questa distinzione, perché l’intento è quello di portare sul palco persone e non figure idealizzate. Allo stesso tempo però, il burlesque celebra il corpo in tutta la sua carnalità: un corpo che vive, respira, prova e dà piacere. È qualcosa che ci obbliga a fare i conti con noi stessi e questo purtroppo non è né da tutti, né per tutti.
Quanto, nell’era dell’immagine, il corpo statico, immortalato in una foto, ci disabitua a pensarlo come fonte concreta di piacere e dolore? E come il burlesque può diventare un antidoto a questa distanza dalla nostra carnalità?
Il burlesque è un atto di teatro e come, e forse più, di altre forme di performance fisiche, vuole instaurare un rapporto immediato con chi assiste allo spettacolo. L’artista è protagonista di un gioco di seduzione con il pubblico, nel quale su- scita emozioni e reazioni. Già questo di per sé è fisico, ma soprattutto perché ciò avvenga, l’artista deve percepire il proprio corpo, sentirlo in tutta la sua presenza e nel suo erotismo. Intimamente è una questione di corpi: quello di chi performa e quello di chi guarda. In questa complicità sta la forza di una forma d’arte che si configura come performance da e per il corpo.
Troppo femmina per essere lesbica. Troppo poco queer. Il Burlesque è una cosa da etero per gli etero. Quanto Ella Bottom Rouge smentisce e ribalta la comune attitudine a ridurre il mondo ai minimi termini per poterlo meglio etichettare?
Credo che le questioni siano più di una: da un lato, per quanto io faccia fatica a comprenderlo, non si riesce ad accettare che lo spettacolo sia frutto in primis del desiderio dell’artista. Non saliamo sul palco solo per il pubblico, ma anche per noi. Dare piacere a chi guarda, sedurre gli spettatori, è fonte di piacere per me, a prescindere dai miei gusti sessuali. Ridurre il burlesque a una donna che si spoglia su un palco davanti a degli uomini è una delle cose più machiste e patriarcali che si possano pensare. Il burlesque è un rapporto sensuale, non sessuale. Dall’altro lato abbiamo la pretesa di leggere il mondo attraverso compartimenti stagni, nel migliore dei casi aumentiamo le categorie, ma non accettiamo che queste possano incontrarsi e intersecarsi: se sei lesbica devi essere per forza androgina, se sei queer devi avere per forza un’estetica sui generis, se non sei etero non puoi fare burlesque. Io semplicemente attraverso queste categorie, senza incarnarne stereotipicamente nessuna.
Secondo te il fatto che Elly Schlein, una donna dichiaratamente bisessuale, sia stata eletta come segretaria di uno dei partiti più istituzionalizzati del mondo politico, contribuirà alla normalizzazione del mondo queer nella percezione dei più?
Sono convinta che il personale sia politico, quindi sì. Quello che siamo si riflette inevitabilmente in quello che facciamo. In modo più o meno conscio, credo che questo entrerà nella coscienza collettiva. Certo, non dimentichiamoci che i doppi standard sono un classico della classe politica – di esempi, negli anni, ne abbiamo avuti tanti – e noi li introiettiamo spesso senza rendercene conto. Quindi per quanto l’elezione di Elly Schlein possa essere un primo grande passo, resto convinta che la maggior parte del lavoro lo debbano fare i singoli, continuamente, nelle proprie vite.
Articolo pubblicato su WU 119 (aprile – maggio 2023)
Ella Bottom Rouge su IG
La foto in alto è di Anna La Naia
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