VENERUS – IL SEGRETO
Un’ode all’imperfezione e un progetto che non asseconda le mode. Dopo due anni dall’uscita di Magica Musica, l’artista milanese torna con Il Segreto, un concept album libero dalle etichette di genere e dalla spiccata componente cantautorale
di Dario Buzzacchi
In un’epoca contrassegnata da musica tutta uguale, con scelte commerciali e storture digitali sullo sfondo, Il Segreto – il nuovo disco di Venerus in uscita il 9 giugno per Asian Fake/Sony Music – è un inno alla musica suonata, e un manifesto di un nuovo umanesimo musicale basato sulla condivisione e sull’imperfezione. «La condizione umana che più crea una sospensione è quella del segreto – racconta l’artista – il segreto come promessa, come ricetta, come origine di una meraviglia. In un mondo che va verso l’intelligenza artificiale, questo album è il manifesto di una musica umana».
Registrato in presa diretta, senza successivi edit, insieme alla band nella sua casa-studio milanese, Il Segreto è un concept album prezioso: dieci tracce da scoprire tutte d’un fiato, in cui il cantautore e polistrumentista accompagna l’ascoltatore in un viaggio nel suo mondo. A distanza di un anno dal suo ultimo tour Piano Soltanto, che l’ha visto esibirsi per la prima volta in Europa, Venerus porterà il suo nuovo album in giro per i principali festival in Italia. In attesa di vederlo al Tener-a-mente al Vittoriale, o al siciliano Alcart, questo è quello che ci ha raccontato.
Il titolo dell’album richiama una dimensione intimista, ma il progetto ha una forte componente comunitaria. Ci racconti questo aspetto?
Non necessariamente a livello di tematiche, ma proprio a livello ontologico. Si parla molto di comunità, nel senso dei miei amici: anche se le canzoni le ho scritte io, c’è un forte elemento di condivisione. In questo il percorso dal vivo mi ha insegnato molto: dai live, insieme ai componenti della mia band ci siamo accorti di quanto fosse più congeniale improvvisare ed eliminare dalla performance man mano tutta la dimensione digitale. Lavorando in questo modo ogni concerto è diverso. Un pezzo lo suoni una volta veloce, l’altra lenta: un’altra ancora, ti prendi bene e il pezzo dura dieci minuti in più. Così mi sono detto: perché non facciamo un intero disco così? Quindi, io e Filippo Cimatti, produttore dell’album e mio carissimo amico, abbiamo impostato Il Segreto in maniera totalmente radicale: «Lo facciamo tutto così, tutto con la band, tutto in presa diretta. Senza click, senza editare niente».
Registrare un disco in un take, e per di più in casa, non è una scelta “facile”.
Un disco in presa diretta, quindi con la band che suona insieme in un posto che non è uno studio di registrazione in senso stretto del termine, non è proprio scontato. Ci sono delle caratteristiche tecniche che dovrebbe avere un posto che qui non hai. Ma questa dimensione in compenso ha tutte le altre caratteristiche a livello bioenergetico che, dal mio punto di vista, sono molto più importanti. E, se ci sono queste, tutto il resto si può arrangiare. Ciò di cui sono contento è che, sicuramente, tra trent’anni, se ascolterò Il Segreto, sentirò questo luogo. È un aspetto che è particolarmente piacevole nei dischi che amo: rendersi conto che si sta ascoltando un momento, un istante che è accaduto con delle persone, piuttosto che una mera composizione o produzione.
C’è una canzone in particolare de Il Segreto che ritieni che rappresenti meglio il concetto dell’intero album?
Il brano che penso che racchiuda in modo più sintetico e concreto Il Segreto è Fantasia, canzone che chiude il disco. Dopo un viaggio tra gli arrangiamenti e tra le possibilità sonore di una band che suona insieme attraverso tutto il disco, Fantasia arriva come la sintesi più sincera di quello che rappresenta fare musica insieme. Un brano che parla dello sguardo bambino; registrato con due microfoni e quattro musicisti seduti in cerchio; una take, e i rumori dello stare insieme. Quando la si ascolta, sembra di essere proprio lì in mezzo.
La cover è bellissima, e molto d’impatto. C’è un significato dietro questi scatti e quel vestito rosso?
L’idea della copertina mi è arrivata “dal cielo” una mattina, rientrato da una serata, mentre ascoltavo la versione demo del disco. Ho immaginato un grande vestito rosso, indossato da me, sul quale stavano tutti i miei amici. Il vestito rappresenta la comunità e la musica, che in questo caso indosso io, ma lo potrebbe indossare chiunque di noi.
Puoi darci qualche anticipazione sul Tour Segreto?
Per il Tour Segreto abbiamo pensato a qualcosa di essenziale e fenomenale. Vogliamo continuare a spingere e portare avanti il nostro manifesto, mostrando al pubblico tutte le possibilità che nascono dal suonare insieme. Penso che, più che mai, al centro di questo tour ci saranno le canzoni.
Intervista pubblicata su WU 120 (giugno – luglio 2023)
Nella foto in alto: Venerus, foto di Matteo Strocchia e Marco Servina
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