LINA SIMONS – ISN’T IT IRONIC?
Ha da poco pubblicato il suo primo album, P.A.S., in cui rappa mixando italiano, inglese e napoletano. Il suo flow non nasce su TikTok, ma anche lì (e in televisione) si difende più che bene grazie alla sua innata ironia
di Enrico S. Benincasa
C’è chi la conosce per l’ironia dei suoi TikTok, chi per la sua partecipazione di qualche settimana fa a Propaganda Live, occasione nella quale ha cantato la sua Nuda e un classico di Lauryn Hill come Ready or Not. I più attenti alla scena urban, però, avranno sicuramente sentito parlare di Lina Simons da un po’ più di tempo. Nata vicino Napoli, cresciuta non distante da Benevento e da qualche anno emigrata a Londra per studiare imprenditoria musicale, Lina ha iniziato un percorso artistico con Mine Music che è culminato con la pubblicazione di P.A.S. lo scorso settembre in cui ha messo veramente tanto di lei, dal trilinguismo musicale all’ironia con cui si esprime nella vita anche quando non è in studio.
Lo scorso settembre è uscito il tuo primo album intitolato P.A.S. Ci aiuti a capire come lo dobbiamo pronunciare?
In realtà non c’è un’unica via. Si può pronunciare per esteso o puntato, alla fine contiene le prime lettere del mio nome – Pasqualina – ma contiene anche le iniziali dei membri della mia famiglia.
È un album a cui lavori da tempo?
Molti dei brani sono stati scritti anni fa, quando ho iniziato il mio percorso con Mine Music. L’idea di fare un album, però, è più recente. Avevo dei dubbi sul fatto se fosse o meno il momento giusto ma, ragionando assieme a tutto il team, ho capito che era invece era arrivato il tempo di farlo. Mi sono convinta soprattutto pensando alle canzoni, perché era giusto che molte di loro vedessero finalmente la luce. Anche fare un EP poteva essere una soluzione, ma alla fine ci sono dischi e dischi. Questo è il mio disco di introduzione, il mio biglietto da visita. E l’album, nel mio caso, era il formato giusto per farlo.
Ti definiresti un’artista “overproduttiva”?
Vorrei esserlo, mi piacerebbe tantissimo, ma non lo sono. Vado a tratti: ci sono giorni in cui faccio mille cose, altri in cui non riesco a unire i puntini. Cerco di concentrarmi al massimo per fare bene anche i dettagli e questo mi porta a non essere veloce nel percorso creativo. Forse anche vivere a Londra influisce sulla mia creatività. Per quanto io ami questa città, per quanto mi piaccia vivere qui, ogni giorno è sempre sfidante. Il mio trasferimento ha coinciso con l’arrivo dell’età adulta e delle responsabilità. Mettere assieme università, lavoro, musica e tutto il resto influisce senz’altro su questo aspetto.
Quali sono state, se ce ne sono state, le tracce più difficili da chiudere?Quelle dove le parti in italiano sono preponderanti. Quando ho iniziato con il rap facevo solo pezzi in inglese, prima di tre-quattro anni fa non avevo fatto nulla in italiano. La metrica della nostra lingua è totalmente diversa ed è difficile adattarsi se parti da un’altra lingua. Mi rendo conto che faccio più fatica rispetto a quando uso l’inglese o il dialetto napoletano, ma è una sfida. A me le sfide piacciono e quindi continuo a impegnarmi il doppio quando scrivo in italiano.
Dove hai registrato P.A.S.? In Italia o a Londra?
Direi la metà in Italia, l’altra metà a Londra. Quando avevo la possibilità di venire a Milano e incontrare i miei produttori, facevamo tutto assieme. La gran parte delle parti vocali, però, le ho fatte a Londra, in uno studio dello Youth Centre del mio quartiere, un posto che frequento da quando sono arrivata a Londra. Le persone che mi hanno aiutato a registrare o chi passava in studio, in genere com- mentava così: «Non capisco nulla di quello che dici, ma mi piace!»
Dopo diversi anni che sei a Londra, come vedi da lì l’Italia?
Londra è una città che è certamente difficile comparare con una realtà come quella dalla quale provengo, forse in Italia è possibile paragonarla solo con Milano. Sicuramente Londra mi ha dato tanti stimoli e la possibilità di entrare in contatto con scene, come quelle afrobeat e afroswing. Sono musicalmente molto stimolanti e credo che, se fossi rimasta in Italia, avrei fatto fatica a incontrarle.
In Italia hai recentemente debuttato anche in tv, a Propaganda Live su La7. Come è andata questa – immagino – nuova esperienza?
Molto bene. Era la prima volta che mi esibivo in diretta, ma la situazione che si è creata mi ha molto aiutata. Tutti mi hanno messo a mio agio, a cominciare da Diego (Bianchi aka Zoro, NdR). Dopo l’esibizione, mi sono stupita di quanta gente avesse apprezzato il pezzo che ho cantato, Nuda. Spesso sono eccessivamente “protettiva” con le mie canzoni, scherzando dico che loro sono le mie bambine che devo appunto proteggere, ma quella è stata un’occasione per fare crescere una di loro e sono rimasta contentissima di come è andata.
Parte del pubblico di Propaganda probabilmente non ti conosceva ancora, certamente ti conosce il pubblico di Tik Tok dove hai avuto modo di farti notare…
La prima volta che ho visto TikTok non mi piaceva, ero molto scettica, non capivo quello che dovevo fare. Pian piano sono entrata di più nel meccanismo, le cose hanno cominciato a ingranare e mi sono ricreduta su questa piattaforma. Alla fine faccio cose simili agli sketch che facevo su Facebook quando avevo 13-14 anni, non sono così diverse. A me piace condividere le mie opinioni anche aggiungendo quella componente ironica che fa parte di me. Ma so che alle volte posso essere fraintesa perché non tutti comprendono il mio humour.
Non resta che sentirti dal vivo. Suonerai presto in Italia? Avete già in programma delle date nei primi mesi dell’anno nuovo?
Il live è la mia parte preferita dell’essere una musicista, se potessi suonerei dal vivo tutti i giorni perché amo lo scambio di energia che si crea tra l’artista e il pubblico. Sicuramente suonerò presto dal vivo in Italia, le date non sono ancora ufficiali ma appena lo saranno troverete tutto sui miei social.
Intervista pubblicata su WU 123 (dicembre 2023)
La foto in alto di Lina Simons è di TJ Roderick
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