‘BETTER IN THE DARK THAN HIS RIDER’ DI FRANCESCO MERLINI
Senza l’omonimo libro questo progetto non esisterebbe. Il fotografo Francesco Merlini, con Luca Reffo e Francesca Todde della casa editrice Départ pour l’Image, ha scavato all’interno del suo archivio tra immagini «orfane, bloccate in una sorta di limbo» e scattate in oltre 10 anni e in quattro continenti. Immagini eterogenee la cui storia si dipana nella fase di transizione tra veglia e sonno, tra i ricordi e futuri possibili della dimensione ipnagogica, quella dei sogni lucidi
di Alessandra Lanza
Com’è nato questo progetto fotografico?
Ho visto progetti in cui immagini sconnesse sono tenute assieme da riflessioni puramente visuali, con testi forzati che potremmo affiancare a qualsiasi serie. Artisti di talento hanno dato così origine a progetti concettuali validi la cui forza sta proprio nell’associazione a posteriori di nuovi significati a materiale altrimenti frammentato. Non volevo fare nulla di simile, ed ero incuriosito ma anche preoc- cupato dal processo. Quando però io, Reffo e Todde abbiamo iniziato a muoverci nell’archivio, abbiamo visto una storia chiara e definito una sequenza i cui passaggi fondamentali segnano cambiamenti di registro. Il libro inizia con associazioni figurative alle forme anatomiche dell’occhio, il luogo dove inizia il sogno, fino ad arrivare alla narrazione principale legata ai sogni lucidi. Le ultime pagine conducono al sogno puro, dove si perde ogni controllo. Il libro è pensato come un’esperienza immersiva, che ricrei l’imprecisione e la mancanza di definizione tipica del mondo onirico.
Quanto è grande il tuo archivio e che rapporto hai con esso?
Realizzare progetti a medio e lungo termine mi ha allontanato dall’abitudine di scattare senza un fine progettuale. Con la pandemia ho riscoperto una leggerezza che ha fatto sì che molte delle immagini contenute nel libro siano state scattate più di recente. Il mio archivio oggi arriva a più di 10 mila immagini, divise in cartelle con nomi precisi che mi permettono di trovare ciò che cerco. Degli assignment tengo solo i file selezionati e post-prodotti. Conservo invece tutto di progetti personali e foto “libere”: non si può mai escludere che diventino rilevanti e interessanti, per me o per altri, come in questo caso.
Come si sceglie un titolo così?
Questo l’ha trovato Reffo in uno dei molti testi letti durante la realizzazione del libro, in un manuale di ottica del XIX secolo in cui si legge “molto meglio al buio del suo cavaliere”, riguardo al confronto tra la visione notturna dell’uomo e dell’animale, di cui il primo deve fidarsi. Questa frase ci parla dello stato di abban- dono di cui si ha bisogno per accedere al mondo dei sogni. Come fotografo, leggo anche l’importanza di lasciar vagare sguardo e mente, fidandosi della fotocamera e dell’intuito. La pianificazione è importante, ma c’è il rischio che progettualità e rigore possano a lungo andare uccidere lo stupore e le epifanie.
Sogni spesso? Che valenza ha per te il sogno?
Quasi ogni notte. I sogni hanno sempre avuto un impatto sul modo in cui guardo le cose. Il meccanismo con cui la mente raccoglie, seleziona e modifica i frammenti di realtà che vengono visualizzati durante il sogno è simile al lavoro di un fotografo, soprattutto rispetto alle sue decisioni in grado di deformare la realtà.
FRANCESCO MERLINI Classe 1986, è un fotografo documentarista laureato in design industriale al Politecnico di Milano. Nel 2023 ha pubblicato Better in the Dark than His Rider. Coordina come photo editor e curatore l’agenzia fotografica Prospekt.
Articolo pubblicato su WU 124 (febbraio 2023)
Tutte le foto nella pagina sono di Francesco Merlini