TONNI DI SICILIA
L’Italia è il secondo produttore in Europa di tonno in scatola. La storia di questo prodotto nasce nell’Ottocento in Sicilia grazie all’intuizione della famiglia Florio e ancora oggi, in questa regione, si porta avanti una tradizione di mare, maestranze e scatolette
di Gian Mario Bachetti
Che sia quella antica di una meticolosa massaia o quella malandata della cucina di una casa di fuorisede, una dispensa italiana non sarà mai priva di qualche scatoletta di tonno “per ogni evenienza”. E non è un caso se di questo alimento il nostro Paese è il secondo produttore in Europa dopo la Spagna, se gli italiani ne sono tra i più voraci consumatori al mondo e se, soprattutto, la paternità dell’invenzione è siciliana. Una storia resa celebre dal libro, prima, e dalla serie tv, poi, I leoni di Sicilia che raccontano l’epopea dei Florio, laboriosa famiglia borghese che diventerà tra le più importanti della Sicilia e d’Italia.
Nel 1841 i Florio, che da una bottega in via dei Materassai a Palermo sono diventati tra i più importanti produttori di Marsala al mondo, decidono di investire nella tonnara di Favignana. Qui realizzano uno stabilimento moderno dove il tonno pescato con le tonnare viene bollito e asciugato per poi essere inscatolato sott’olio e commercializzato in Italia e all’estero. Quella del sott’olio è una rivoluzione copernicana: fino a quel momento il tonno veniva messo sotto sale, una tecnica meno vantaggiosa in termini di conservazione, costi e tempistiche. Grazie a questa intuizione la famiglia costruisce un impero: nel 1874 acquista le intere Isole Egadi, presenta all’Esposizione universale del 1891-92 innovative scatolette di latta con apertura a chiave e arriva a possedere, oltre alle tonnare e alle cantine, una flotta merci, una fonderia, banche, cantieri navali e saline. Nei primi decenni del Novecento, però, una serie di concause portano a una progressiva decadenza e alla cessione della tonnara di Favignana e del marchio Florio agli imprenditori genovesi Parodi, marchio poi nel 2016 acquistato dall’azienda Nino Castiglione.
«Per noi ha significato chiudere un cerchio aperto dal suo fondatore, Nino Castiglione, che da ragazzo lavorava con il padre per la tonnara Florio di Favignana, dove poi è tornato negli anni Ottanta come gestore dei suoi diritti di pesca, delle imbarcazioni e dello stabilimento», racconta Eugenio Giacomazzi, presidente dell’azienda fondata nel 1933 e che oggi è il primo produttore nazionale a marchio privato di tonno in scatola per la GDO. Quando si presenta l’occasione di rilevare il brand, alla Nino Castiglione non se la fanno scappare: «Volevamo fortemente che un nome che significa Sicilia, qualità, territorio, tradizione rimanesse patrimonio di questa regione, così da non disperdere il bagaglio di conoscenze che Trapani e le Egadi rappresentano per la pesca del tonno rosso».
La Nino Castiglione ancora oggi custodisce le competenze, le maestranze e anche i luoghi di questa tradizione: la tonnara di San Cusumano, acquistata nel 1969, è l’unica in Sicilia ad aver mantenuto la sua funzione originaria. «Tutte le altre tonnare sono diventate strutture ricettive o musei; la nostra è l’unica in cui ancora si svolge la la- vorazione e l’inscatolamento del tonno. Per renderla attuale abbiamo ottimizzato gli spazi e la logistica, rinnovando i macchinari e investendo in sistemi di controllo della materia prima». Un lavoro immenso che però permette all’azienda di lavorare nello stesso specchio d’acqua in cui Nino Castiglione ha calato, per moltissimi anni, la sua tonnara.
La storia del tonno sott’olio è una storia di mare, di expertise e ovviamente di scatolette. Lo sanno bene in Portogallo e in Spagna dove il packaging di sardine e tonni negli ultimi anni è diventato un vero e proprio culto. Lo sanno soprattutto alla Salerno Packaging, azienda fondata a Palermo nel 1903, che ha fornito iconici vestiti di latta ai tonni dei Florio per decenni. L’Amministratore Delegato Giorgio Salerno mi spiega meglio l’evoluzione della realtà di cui ha raccolto le redini: «All’inizio stampavamo solo sul metallo attraverso la litografia, poi negli anni Cinquanta siamo passati all’assemblaggio delle scatolette». Nei primi anni le scatolette vengono montate da artigiani locali e la Salerno si occupava “solo” di stampare le immagini – le etichette – su lastre di acciaio. A fornire i disegni erano le aziende produttrici che commissionavano veri e propri quadri a pittori della zona, anche se la Salerno aveva il suo team di creativi – diremmo oggi – che seguiva i clienti più piccoli. L’opera veniva poi incisa a mano su pietre litografiche che assorbivano l’inchiostro per trasferirlo sui fogli di metallo.
Quando la Nino Castiglione rileva il marchio Florio chiede alla Salerno Packaging di fornire loro le lastre e le pellicole originali, in modo da ricostruire nel modo più filologicamente corretto l’immagine del brand. Ripenso alle parole che Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel Gattopardo fa pronunciare da Tancredi, il nipote del Principe di Salina: «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi». Dopo i racconti di Eugenio e di Giorgio questa frase perde qualsiasi patina di trasformismo, per diventare il simbolo di una tradizione che in Sicilia trova sempre la forza di rinnovarsi.
Articolo pubblicato su WU 124 (febbraio 2024)
Nella foto in alto: la tonnara di Favignana dove sorge l’ex stabilimento Florio, foto di Civa61
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