IL MOMENTO DEL KOMBUCHA
Questa bevanda asiatica fermentata è entrata nel mercato italiano grazie a una serie di produttori indipendenti. È un’alternativa all’alcol e alle bibite gassate? Probabilmente molto di più
di Gian Mario Bachetti
Etichette colorate, forme fresche, scritte vivaci. Bottiglie e lattine di kombucha non fanno nulla per nascondersi nelle vetrine frigo dei locali. L’attrazione per gli oggetti esteticamente appaganti – soprattutto nell’era delle Instagram Stories – non è però l’unico motivo del successo del kombucha, una bevanda che si ottiene fermentando il tè, grazie a una coltura simbiotica di batteri e lieviti chiamata SCOBY (Symbiotic Culture of Bacteria and Yeast).
Bevanda asiatica, le sue origini si perdono nelle leggende. Una di queste cosmogonie è ambientata nel 200 A.C. in Cina, e vede il kombucha come il risultato della ricerca di un elisir di lunga vita da parte dell’imperatore Qin Shi Huang. Per rispondere alla sua ossessione di un siero per l’immortalità, un medico di nome Kombu preparò questa bevanda, di cui ora potete anche intuire l’origine del nome. Lasciando agli aedi la mitologia, questa bevanda ha iniziato a essere consumata in Occidente solo negli ultimi decenni, diventando il prodotto perfetto per una larga fetta di consumatori sempre più attenti ai prodotti healthy e analcolici. Ma a che punto siamo in Italia? Ci accompagnano in un viaggio per rispondere a questa domanda alcuni dei produttori più interessanti del nostro Paese: Mia Kombucha, Funky Fermenteria, Legend Kombucha e Pao Pao Kombucha.

Una bottiglia di Funky Fermenteria
Per Gabriele Mezzadri, Marketing e Comunicazione di Mia Kombucha, «La popolarità del kombucha è esplosa perché alimentata dalla crescente consapevolezza dei consumatori riguardo al benessere e, di conseguenza, da un aumento della domanda di prodotti salutari e sostenibili». Non solo, secondo Giulia Faraon e Francesco Vedovato, founder e partner di Funky Fermenteria quello del kombucha «è un concetto diverso da quello della bibita gassata perché rappresenta una alternativa sana e dal grande potenziale soprattutto per la ristorazione, che vede una gamma di prodotti nuovi da contrapporre alla riduzione dei consumi di bevande alcoliche» su cui un po’ tutti stanno cercando di capire gli impatti del nuovo Codice della Strada. Ma il kombucha sembra essere al centro di un fortunato allineamento astrale dei gusti, come l’attenzione ai cibi fermentati, probabilmente importato insieme a un nuovo e crescente interesse per l’estetica di Paesi dell’estremo oriente come la Corea del Sud e il Giappone.
Potrebbe essere un clash culturale, soprattutto in un Paese enogastronomicamente conservatore con l’Italia, dove è difficile scalfire la sacra trinità vino-caffè-acqua minerale. Lo conferma Ettore Ravizza, titolare di Legend Kombucha: «Il kombucha si presenta come una valida opzione salutare a caffè, vino e soprattutto verso le altre bibite gassate, ma una delle sfide principali nel mercato italiano rimane la tradizionale preferenza per l’acqua minerale». «Riceviamo tantissimi ordini da famiglie, che comprano anche 36 lattine a settimana, perché preferiscono dare ai figli il kombucha rispetto ad altre bibite gassate che contengono molti più zuccheri», gli fa eco Antonio Iemolo di Pao Pao Kombucha.

le lattine di Mia Kombucha
Ma a quali mercati e quali influenze guardano i produttori italiani? Per Ettore Ravizza «nonostante i volumi parlino di Germania e Francia, la Spagna è un mercato davvero innovativo». Conferma Antonio Iemolo: «Sicuramente la Spagna è un mercato davvero interessante. Quando sono stato lì per i World Kombucha Awards ho visto kombucha anche tra gli scaffali dei supermercati. Come gusti e sperimentazione però secondo me in Asia sono avanti. Ho assaggiato un kombucha del Taiwan incredibile». Guardano dall’altra parte dell’oceano Giulia e Francesco: «Gli USA per le strategie commerciali sui prodotti analcolici: c’è un mercato no/low decisamente più strutturato. Oltre al kombucha, anche proxies, vini dealcolati, spirits e sode funzionali dietro cui non è raro trovare anche testimonial molto noti». Come anche Gabriele Mezzadri: «Come offerta direi che Nord America e Australia sono i più maturi e i più completi. Propongono una sempre più crescente varietà di opzioni per i consumatori. Anche nel Nord ed Est Europa però si sperimenta molto».
Ma torniamo tra i nostri confini. Gabriele Mezzadri, nelle fiere e negli eventi vede che il trend è in crescita: «Dal primo assaggio in assoluto siamo passati al “secondo assaggio”». «Forse la difficoltà è arrivare ad assaggiarla perché ancora è presente solo in pochi locali, magari di nicchia, ma è una bevanda che può funzionare per tutti. Io ho clienti anche di ottant’anni che di certo sono meno dentro certi trend di moda», racconta invece Antonio Iemolo. Immaginiamo di essere dei futurologi, immaginiamo scenari possibili. Ci provano Giulia e Francesco di Funky Fermenteria: «L’ingresso nel mercato di un brand affermato in categorie merceologiche vicine, bibite o la birra, potrebbe portare la Kombucha a un pubblico più vasto». Per Ettore di Legend Kombucha, invece «il mercato italiano è pronto e questa bevanda conoscerà un buon aumento dei volumi soprattutto per la sua grande duttilità».
Nella foto in alto: la Legend Kombucha al gusto Ginger Bomb
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