‘DARDO’ DI SACHIKO SAITO
La fotografa giapponese Sachiko Saito ha iniziato a raccontare gli immigrati curdi che vivono nella Prefettura di Saitama, vicino a Tokyo, nel 2018. Si è avvicinata loro dopo aver scoperto il tasso bassissimo di riconoscimento di rifugiati in Giappone e delle pessime condizioni nei centri di detenzione per immigrati. Sorpresa che nemmeno una persona curda avesse ottenuto il riconoscimento di rifugiato, pur avendo ottime conoscenze del Paese e della lingua – in particolare i bambini –, ha capito di doverne parlare, per provare a cambiare le cose
di Alessandra Lanza
Quando hai scoperto la fotografia?
Alle scuole medie. Prima volevo diventare pittrice, ma non ero così brava. Ho cominciato a scattare foto ai miei amici con le macchine istantanee, all’epoca molto popolari in Giappone. Poco dopo mi sono appassionata all’espressione fotografica e da allora non ho pensato a nessun altro percorso possibile.
Cosa significa la parola “dardo” che dà il nome a questo progetto?
È una parola che un giovane migrante aveva tatuata sulla pelle e mi disse che il suo significato era “dolore”.
Come vivono i migranti in Giappone?
Vengono sfruttati come forza lavoro dal governo: c’è un controllo molto rigido del loro status di residenza e possono essere detenuti arbitrariamente. Chi non è bianco sperimenta quotidianamente il razzismo, per esempio coi controlli di routine della polizia, la difficoltà di trovare casa in affitto e addirittura il rifiuto da parte dei ristoranti. Ogni anno la repressione è più dura.
È cambiato qualcosa dal 2018 a oggi?
Per i curdi dal 2018 è cambiato molto: prima poco conosciuti, sono diventati un tema centrale per i media, in quanto “vittime del problema dell’immigrazione”, il che ha generato compassione. Nel 2023, però, il governo giapponese ha varato una legge che spinge i richiedenti asilo ulteriormente verso il baratro e online hanno cominciato a diffondersi discorsi d’odio e false voci contro i curdi, gene- rando minacce di omicidio, proteste e sorveglianza non autorizzata dei bambini.
Come ti sei avvicinata alla comunità curda, come ti hanno accolto?
Ho iniziato dalla loro festa di primavera e ho continuato grazie all’aiuto di sostenitori locali della comunità ed eventi di scambio culturale tramite cui ho ottenuto le interviste. Molte persone sono state ricettive e disponibili, ma ci sono stati casi in cui qualcuno ha cambiato idea e annullato i colloqui. È inevitabile.
Com’è cambiato nel tempo il tuo approccio?
Andando avanti ho scoperto la complessità di questa comunità. Ora il punto chiave del mio racconto non sono solo loro in quanto rifugiati o migranti, ma in quanto esseri umani. Questo mi ha reso più consapevole della violenza della fotografia e ho capito che il mio ruolo non si limita allo scatto.
Pensi che la fotografia possa aiutare a cambiare la società?
Non può cambiare le leggi, ma può toccare i cuori delle persone. È importante non rinunciare a questo obiettivo.
Continuerai a lavorare su Dardo?
Il mio obiettivo con Dardo è arrivare a pubblicare un libro fotografico e per farlo è necessario continuare a dedicarmi a questo progetto.
SACHIKO SAITO fotografa con base in Giappone, si è laureata al College of Art dell’Università Nihon, nel Dipartimento di Fotografia, e ha iniziato la sua carriera come fotografa nel 2015. Si concentra principalmente su questioni sociali, diritti umani e disuguaglianza nel Giappone contemporaneo (sito)
Articolo pubblicato su WU 129 (dicembre 2024)
Tutte le foto nella pagina sono di Sachiko Saito