ENRICO SANGIULIANO – ORDER IN CHAOS
Il dj e producer italiano ridefinisce i confini della techno con un nuovo EP, pubblicato con la sua etichetta Ninetozero e realizzato insieme al violinista Vito Gatto. Un dialogo a più riprese tra elettronica e musica classica, alla ricerca di un “equilibrio incostante”, tra struttura e libertà
di Dario Buzzacchi
Con Order in Chaos, il nuovo capitolo della sua ambiziosa “countdown label” Ninetozero, Enrico Sangiuliano riafferma il proprio ruolo di mente visionaria della techno contemporanea. In dialogo con il violinista e compositore Vito Gatto, il dj e producer emiliano intreccia elettronica, classica ed elettro-acustica in tre atti che oscillano tra tensione e catarsi: un manifesto estetico sulla necessità di accogliere l’instabilità per trasformarla in energia creativa, un invito a trovare la propria armonia dentro la tempesta. Ne abbiamo parlato direttamente con lui, in occasione dell’uscita dell’EP e, tra studio, dancefloor e visioni future sulla musica elettronica, questo è quello che ci ha raccontato.
Partiamo dalla tua ultima release. Come nasce l’incontro e la collaborazione con Vito Gatto, e cosa ti ha colpito del suo approccio classico alla musica?
La mia collaborazione con Vito Gatto nasce dal pensiero che lui fosse la persona giusta per spingersi al di fuori delle solite regole e abbracciare qualcosa di più libero, più anarchico, più caotico. Ho sempre creduto che gli strumenti a corda potessero esprimere al meglio la dinamica e l’intimità del suono, ma anche la loro forza primordiale. Con Vito ho voluto creare un linguaggio che unisse cose più “techno” a quelle più classiche, per formare qualcosa di nuovo. Mi ha colpito molto il suo modo di non volersi limitare al ruolo del “classico violinista”. Ama processare i suoni, manipolarli, e le sue opere vivono in un mondo tutto loro. Ha un’estetica sonora personale, fa ricerca e non sceglie mai la via più facile. Nemmeno a me piacciono le strade facili, quindi mi è sembrato naturale proporgli di indagare insieme il concetto di “ordine nel caos”. Ci siamo conosciuti a Milano, dopo che lui aveva realizzato un mashup tra un mio brano elettronico e un’opera di musica contemporanea. Da lì è iniziato tutto.
In che modo questo dualismo tra struttura e libertà, che traspare dal concept di questa release, riflette la tua visione della musica elettronica?
Riflette perfettamente la mia visione, sia a livello narrativo, sia sonoro. Order in Chaos è l’incontro tra due identità, la mia e quella di Vito, che convivono tra struttura e libertà. Credo che la musica elettronica viva proprio di questo equilibrio instabile: da una parte la geometria, la logica, la programmazione. Dall’altra l’imperfezione umana, l’istinto, il rischio. Quando questi due mondi si toccano, succede qualcosa di vivo. È lì che la musica diventa comunicazione e non solo semplice costruzione sonora.
C’è una componente cinematica molto forte in tutto l’EP, specialmente in Dissolution. È qualcosa che ti piacerebbe esplorare anche fuori dal contesto del club?
Sì, assolutamente. Ma in realtà è un territorio che già conosco. Ho studiato sound design e ho lavorato più volte in contesti esterni al club, sviluppando identità sonore e paesaggi acustici per progetti narrativi e artistici. Non credo ci debbano essere troppe barriere tra ciò che è “da club” e ciò che non lo è. Per me, creare suono significa raccontare una storia, indipendentemente dal luogo in cui viene ascoltato. In questo senso, la collaborazione con Vito si colloca proprio lì: è un progetto che nasce dentro il club ma vive liberamente anche fuori.
Ninetozero, il nome che hai scelto per la tua label, è sempre stato pensato come un conto alla rovescia. Cosa succede quando arrivi allo zero?
Quando arrivo allo zero… finisce. Ninetozero è un ciclo vitale: come ogni viaggio, ha una nascita, una crescita e una fine. Quando si arriva allo zero, si torna da dove si è venuti. Ci si dissolve, si contempla, si impara da ciò che si è vissuto. È un momento di consapevolezza: si tirano le somme e si accetta che tutto, prima o poi, deve concludersi. Ma proprio lì, nella fine, c’è la possibilità di rinascita. Lo zero è chiusura e apertura allo stesso tempo.
Hai in programma nuovi live o tour legati all’uscita di Order in Chaos?
Con Vito stiamo esplorando la possibilità di portare i nostri due mondi in un dialogo dal vivo. Non c’è ancora nulla di definito, ma ci piace l’idea di creare qualcosa che unisca i nostri linguaggi e li spinga oltre i confini del club.
C’è un luogo o un festival dove hai percepito in modo particolare la connessione tra ordine e caos sul dancefloor?
Nei luoghi in cui mi esibisco questa dualità si manifesta chiaramente, penso al Kappa FuturFestival o ai club. Sono momenti in cui migliaia di persone si muovono in perfetta sincronia, eppure ognuno vive un viaggio personale e intimo. Lì senti davvero la forza della techno: è ordine collettivo e caos individuale allo stesso tempo. È un rituale, dove il ritmo diventa linguaggio universale.
Come vedi oggi l’evoluzione della scena elettronica, tra il ritorno della techno più “pura” e le nuove contaminazioni? Che cosa ti piace e che cosa ti annoia oggi?
Mi piace che la scena continui a rigenerarsi. Soprattutto nei momenti di trend, come quello che stiamo vivendo ora, c’è molta musica di merda, ma anche molta musica reazionaria che proprio per contrasto è piena di freschezza e energia nuova. È una fase che trovo super eccitante. Mi annoia invece la ripetizione sterile, la standardizzazione del suono. Quando la musica diventa formula, perde la sua verità. Ma ci sono ancora molti artisti che sperimentano e che cercano di raccontare qualcosa di personale: ed è lì che la scena resta viva.
In Italia, il clubbing sta vivendo un periodo complesso, ma allo stesso tempo creativo. Pensi che ci sia ancora spazio per innovare nel nostro Paese?
Sì, assolutamente. L’Italia ha un potenziale enorme, ma serve più fiducia nel rischio e nella ricerca. Spesso ci manca la volontà di sostenere progetti che escono dalle convenzioni. È un momento di transizione, ma anche di opportunità. Serve visione e coraggio, e credo che stiano tornando entrambi.
C’è qualcosa che hai paura di ripetere? E qualcosa che invece non vedi l’ora di rifare?
Non ho paura di ripetermi, è impossibile. Mi reputo − come tutti − in continua evoluzione. Ogni esperienza si trasforma. Non vedo invece l’ora tornare in studio, vivere con amici e famiglia e viaggiare con la musica, dentro e fuori dal club. Alla fine, la mia vita stessa è una costante ricerca di equilibrio tra ordine e caos!
Nella foto in alto: Enrico Sangiuliano, foto di Simone Biavati
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