LA METAMORFOSI DELLA MASCHERA IN BORAT 2
Il ritorno sugli schermi di Borat è arrivato su Amazon Prime Video, giusto in tempo per le elezioni presidenziali statunitensi
di Davide Colli
Una delle prime impressioni che Borat Subsequent Moviefilm: Delivery of Prodigious Bribe to American Regime for Make Benefit Once Glorious Nation of Kazakhstan (questo è il delirante titolo completo) suscita alla fine della visione è il fatto che l’intero film non sia altro che un documento nascosto, rimasto nell’ombra per un tempo indefinito, che Sacha Baron Cohen ha deciso di riportare alla luce in questo momento propizio, un periodo storico a dir poco tumultuoso per il paese a stelle e strisce.
Su tale alone di mistero e ignoto Amazon ha puntato molto ancor prima dell’uscita di Borat su Prime Video, facendo particolare attenzione a diffondere materiale pubblicitario in maniera estremamente centellinata e concentrando la propria campagna marketing nelle ultime settimane. Il secondo capitolo dedicato al più celebre reporter kazako mai (non) esistito gioca fin dai primi minuti sulla scomparsa di quello che dovrebbe essere il frontman dell’intera operazione, trovandosi quindi egli stesso a rimanere più in ombra rispetto al passato.
La prima delle ragioni di questo sostanziale cambiamento d’intenti avvenuto da un film all’altro è prettamente funzionale: l’esplosione della pellicola datata 2006 è stata talmente incisiva nell’immaginario collettivo che per Borat diviene impossibile girare indisturbato nei meandri dell’America di Trump, esibendosi in un collage di situazioni e aderendo completamente in tal modo al format della candid camera.
Sacha Baron Cohen quindi estromette con naturalezza la sua creatura più amata dallo sguardo aggressivo della cinepresa, decidendo di ibridare l’intera operazione con il suo recente progetto televisivo Who is America, il quale ne influenza fortemente il modus operandi, culminando tale processo con l’inclusione di alcuni degli esasperati personaggi già visti nella serie del 2018.
Il comico britannico decide quindi di far compiere al suo protagonista un ulteriore passo indietro per cogliere con maggior puntualità lo zeitgeist contemporaneo. Per venire incontro a tale esigenza c’è bisogno di un nuovo personaggio: ecco così Tutar (la semi-esordiente Marija Bakalova), la figlia di Borat. Quello che all’inizio sembra solo un espediente narrativo si rivela, nel corso del film, una presenza importante e Tutar, dal suo apparente status di mera spalla, diventa la vera chiave dietro Subsequent Moviefilm.
L’entità femminile prende il ruolo di ponte tramite il quale lo sbiadito stereotipo di Borat compie la sua redenzione, oltrepassando la sua natura statica e attuando la sua trasformazione da parafulmine dell’ignoranza umana del primo film a maschera esemplare, passando per l’annullamento della maschera stessa a causa della notorietà acquisita. Il percorso che subisce questa figura come non mai emblematica sembra quasi un augurio nei confronti degli Stati Uniti d’America prossimi alle elezioni, nella speranza che anch’essi riescano a progredire e liberarsi dalle catene di questo sconcertante immobilismo ideologico.
Nella foto in alto: Sacha Baron Cohen e la necessità di mascherarsi anche quando si è già nei panni di Borat
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