12H, LA VIDEO PLAYLIST DEL 10 MARZO
12H è una playlist con i pezzi più interessanti usciti nell’ultima settimana, perché ci sono sempre nuove e belle canzoni da ascoltare
di Carlotta Sisti
Sanremo si porta dietro strascichi, che fino a quest’anno erano brevi e si scioglievano presto nelle cose della vita e del mondo prima che arrivassi te, pandemia. Calato il palco sull’Ariston, andavamo ai concerti, ora, salutati alle tre di notte quei sequestratori di tempo ed anima che sono stati Amedeo (se lo chiama così Orietta Berti, per me è imperativo categorico adeguarmi) e Fiorello e i vincitori Maneskin, ci è salito l’horror vacui.
Perché, nonostante i momenti cringe, tanti, e al netto di un Achille Lauro, che avrebbe dovuto essere la variabile impazzita dello show, ed invece si è ripetuto e più che stupire ci ha fatto venir voglia di vederlo dentro un costume da Gabibbo, che quella sì sarebbe stata rottura degli schemi, il Festival è stato, stavolta più che mai, un rito collettivo, in grado di farci assembrare in chat e gruppi Telegram a dire la nostra, o a leggere e ridere e basta. C’è chi lo ha definito il più brutto di sempre, ma gli deve essere sfuggita Orietta Berti.
Il suo, infatti, è stato un one women show, iniziato con il fermo della polizia per violazione del coprifuoco, proseguito con il look della prima serata che ci ha sbattuto in faccia due conchiglie di brillantini piazzate sulle tette, passato per la gaffe genera meme del duetto con i “Naziskin” (solo gli dei sanno se pianificata, e sarebbe la zampata finale della tigre) e per l’allagamento della propria camera d’hotel come accadeva nelle gite di classe della quarta ginnasio, coronato dalla sua voce de cristo che ha cantato con versi bollenti del tipo “Come una musica mi scorri dentro / Un fiume in piena ormai fino allo schianto / Pericoloso sei ma è quello che vorrei” l’amore per il marito Osvaldo. Avevo puntato su Arisa per la quota punk del festivalone, ed invece è stata Orietta da Cavriago, e ci inchiniamo a lei.
Chi lo ha definito il più brutto di sempre, deve essersi perso anche Madame, 19 anni da Vicenza, che dal secondo uno s’è presa quel palco, a piedi nudi e occhi di lince, ed è stata l’aurora boreale: incantevole, poderosa, indimenticabile. Francesca è un fenomeno, un talento naturale, di lei tutto è stato bello e giusto, a partire da Voce, prodotta da Dardust aka colui che due anni fa con Soldi è riuscito a togliere chili di polvere a Sanremo, fino alla cover Prisencolinensinainciusol, di cui, a chi le ha chiesto il motivo di questa scelta, ha risposto «Perché Celentano è una rockstar e ho a cuore la scuola». Semplice, così come il modo con cui ha detto di essere bisessuale, un termine ben preciso, di cui questa Generazione Z non ha paura.
Sempre quel qualcuno del “più brutto di sempre” avrà mancato le esibizioni de La Rappresentante di Lista, visione per gli occhi, sia per gli outfit migliori (insieme a quelli di Malika) firmati Valentino, sia per il magnetismo di Veronica, che oltre ad avere la voce più bella di tutt* è anche una tale alchimista che riesce a rendere ogni esibizione un’esperienza fisica. Il Sanremo per qualcuno più brutto di sempre, ha avuto il duo più romantico di sempre, più di Al Bano e Romina, più dei Jalisse, più di Fiorello ed il suo ego, e cioè i Coma Cose, che si sono sempre guardati negli occhi dall’inizio alla fine, con California che dondolava le braccia in una danza stramba, buffa, incantevole e Fausto che, vabbè, era in estasi, e noi con lui, e i buoni di cuore con lui. I Coma Cose a Sanremo sono stati come una pet therapy, e temo tantissimo la quantità di volte che li riguarderò.
Chi l’ha definita, infine, l’edizione più brutta di sempre, stava su un altro canale quando Elodie s’è guadagnata la candidatura per essere la star del prossimo Super Bowl, ma anche quando Loredana (non serve il cognome), che ha ancora voglia di cantarci del vento che agita anche me, dei voli a planare, della luce rossa dei coralli, ed eccolo lì, il senso di tutto, l’avanguardia delle donne della canzone italiana del passato, e quella delle ragazze di oggi, esseri simili, che si passano un testimone strizzandosi l’occhio, facendo finta che la parentesi rassicurante delle Pausini e degli anni Novanta, sia stata solo una parentesi di assopimento. Le ragazze fluide, coraggiose, innamorate hanno vinto questo Sanremo, nonostante i siparietti svilenti di Amedeo e Fiorello che perculano Jo Squillo e Sabrina Salerno, nonostante la Palombelli e la retorica del suo monologo che è stato un volo a schiantare, perché come ha detto una di loro, che ha quasi 90 anni ma è una millenial e si chiama Ornella Vanoni «È stato importante fare questo festival comunque» e lo ha detto commossa, e peccato per chi non ne capisce il perché.
IL RISVEGLIO: ‘FIAMME NEGLI OCCHI’ DEI COMA COSE
Non so se sia quel forse involontario riferimento «al basilico al sole di un balcone italiano», immagine pandemica e straziante che ci ricorda di quando i balconi suonavano e cantavano, mentre oggi servono per affacciarci e dire al corriere che può lasciare il pacco nell’androne, grazie, «che sa, sono in call», o semplicemente il fatto che è un canzone d’amore, pura e cristallina come le lacrime che Fausto vuole grattugiare per condire la pasta, sta di fatto che Fiamme negli occhi mi fa stare bene, per quattro minuti. Ho la presunzione di credere che fosse più o meno questo, l’intento dei Coma_Cose, e allora svegliamoci così, pieni di buoni propositi, che ce lo ha insegnato la regina, che finché la presa bene, tu lasciala andare.
LA PAUSA CAFFÈ: ‘PAY YOUR WAY IN PAIN’ DI ST. VINCENT E ‘TI PIACI COSÌ’ DI MALIKA AYANE
Annie Clark si è trasformata di nuovo. Pay Your Way in Pain, il primo singolo tratto dal suo prossimo album Daddy’s Home si spoglia del lattice e si infila nei panni morbidi di una stellina degli anni Settanta con caschetto biondo cento per cento Carrà, sensualità obliqua, malinconia e struggimento. La canzone è un sovraccarico di influenze: una linea di pianoforte di apertura lascia presto il posto a un funk spinto, mentre è impossibile non sentire il Bowie di Young Americans quando St. Vincent arriccia le labbra intorno alla parola “pain” nel ritornello. Anche se non c’è molto calore in Pay Your Way in Pain, c’è molto desiderio: alla fine del brano, Clark lancia il grido Voglio essere amata, rauco e gutturale, da rockstar quale è. Malika Ayane ha fatto le esibizioni sanremesi che più hanno emanato godimento, piacere, voluttuosità, brama di mangiarsela, la musica, che è arte ma è anche materia. E la sua Ti piaci così è esattamente tutte queste cose, in un momento della carriera, e forse della vita, di Ayane in cui sembra aver mollato qualunque resistenza, per nuotare libera, seguendo le mille correnti che è perfettamente in grado di domare. Vogliamo il disco, vogliamo il tour.
PRANZO: ‘WANT AND NEEDS’ DI DRAKE FEAT. LIL BABY
La traccia più bella del nuovo Ep di Drake, Scary Hours 2, è a mani basse questa, dove Lil Baby spacca di brutto. Lo strumentale è vibrante e lunatico, le melodie svolazzanti si riversano su bassi risonanti mentre Baby spara una barra dopo l’altra di rap incessante e spaccone. Drake fa il suo, ci accarezza con uno dei suoi ritornelli classici, e la sua voce morbida fluttua sugli strumentali rilassati. È orecchiabile, facile da cantare e grondante di spavalderia, insomma è già un classico, magari anche un Grammy.
APERITIVO: ‘AMARE’ DE LA RAPPRESENTANTE DI LISTA E ‘DESCRIBE’ DI PERFUME GENIUS (A.G. COOK REMIX)
Veronica Lucchesi e Dario Mangiaracina, insieme alla loro band-famiglia di creature fantastiche, hanno fatto un Festival splendido splendente, con ed il loro è il live che andremmo a vedere domani, si potesse. Amare, che subito sembrava più canonica rispetto ad Alieno che già avevamo messo in 12H, diventa più figa ogni volta che la ascolti, e loro sono dei draghi di musicisti, oltre che portatori sani di pensieri liberi, come questo di Dario, quando dice che «ci sentiamo portatori di un’identità Fluida, perché la sessualità non ha confini. Ma son servite le definizioni, le lotte per i diritti di prima, per poter affermare, come faccio io, di non volere essere “fissato” in uno schema di genere». E viva anche i peli sotto le ascelle in prima serata su Rai Uno, che sembra un dettaglio, ma non lo è. A. G. Cook, invece, ha remixato il mio pezzo preferito di Perfume Genius, ed io non saprei davvero che cos’altro aggiungere.
PRIMA DI ANDARE A DORMIRE: ‘VOCE’ DI MADAME
«Ho fatto un’altra canzone, mi ricorda chi sono, ho messo un altro rossetto sopra il labbro superiore, l’ultimo soffio di fiato e sarà la voce a essere l’unica cosa più viva di me, voglio che viva cent’anni da me». Madame è pronta, a fuoco, è cresciuta, ma non si è normalizzata, aveva detto che il rap era solo una parte della sua musica, e con questo brano lo ha chiarito alla perfezione. Madame non assomiglia a nessuna, in un momento in cui non è la sola giovanissima a fare musica alla grande, e questo è il suo talento più prezioso. Sapevamo che era forte, non avevamo idea che fosse così devastante.
BONUS INSONNIA: ‘BY YOUR SIDE’ DI SOFIA KOURTESIS
Non dormiamo, e allora balliamo, con Sofia da Lima, Perù. Come la maggior parte del lavoro di Kourtesis fino ad ora, anche questo pezzo è la più accogliente forma di deep house, con strati sovrapposti di sintetizzatori, campioni, percussioni e voce che si prestano alla sua sensazione di sole screziato. Quindi dateci dentro, e pregate le forze dell’universo che si trovi anche in Italia un modo, dannazione, per riportarci sul dancefloor, che altrove lo hanno già fatto.
Nella foto in alto: St. Vincent, foto di Michael Zackery
Clicca qui per la playlist di settimana scorsa
La playlist 12H di WU curata da Carlotta la trovate anche su Spotify, qui sotto il player
Dello stesso autore
Carlotta Sisti
INTERVIEWS | 24 Aprile 2024
CLAUDYM – AL CENTO PER CENTO
INTERVIEWS | 7 Marzo 2024
ANY OTHER – SCELGO TUTTO…
INTERVIEWS | 9 Marzo 2023
SANTI FRANCESI – GIOIA FRENETICA
INTERVIEWS | 24 Novembre 2022
MEG – BELLISSIMO MISTERO
INTERVIEWS | 29 Settembre 2022
BIGMAMA – NIENTE TRUCCHI