PSICOLOGI – AMORE COLLETTIVO
Drast e Lil Kaneki sono tra gli artisti più interessanti degli ultimi anni. Giovani, talento a pacchi e, soprattutto, con una visione personale della musica che li ha fatti amare dal pubblico e collaborare con tanti artisti. Senza guardare troppo alle etichette che, non solo per loro, non esistono più
di Carlotta Sisti
Quando ci si accorge che nell’elenco di domande fatte manca almeno la metà di quelle preparate, vuol dire che si ha tra le mani una bella intervista. Con gli Psicologi il palleggio di pensieri prende traiettorie inaspettate, perché i poco più che ventenni di casa Bomba Dischi, Marco De Cesaris, alias Drast, e Alessio Akira Aresu, alias Lil Kaneki, hanno teste irrequiete che viaggiano veloce e non riescono ad adagiarsi sui luoghi comuni. E a proposito di luoghi – non fisici, ma figurati – colpisce vedere che, dopo un disco potente come Millennium Bag e il recente singolo Sui Muri, i due non sappiano esattamente dire a che punto sono. Forse sono a un centimetro dal chiudere il nuovo album, forse lontani uno o due anni. Ma le intenzioni, nonostante i contorni sfocati del momento, sono chiarissime.
Vi abbiamo trovati in due dei dischi di maggiore successo dell’ultimo anno, OBE di Mace e X2 di Sick Luke, da qualche mese siete usciti con un singolo che ha colpito al cuore tanto i giovanissimi quanto i più grandi: e ora?
Drast: Non lo sappiamo, perché non abbiamo mai lavorato come stiamo facendo adesso. Di sicuro abbiamo piena coscienza di chi siamo, ma per questo ora fare musica è più difficile: vogliamo fare un disco che non si ripeta, vogliamo spaziare e allo stesso tempo far sì che tutto abbia la stessa chiave. Vogliamo un disco che sia un bel colpo, non qualcosa di facile digestione e stiamo lavorando per provare a spiegare tutto questo.
Dite che non avete mai lavorato come adesso: che cosa è cambiato?
D: Ora abbiamo uno studio nostro, a Roma e, quando siamo ispirati, abbiamo un luogo in cui andare. Questo, se lo vuoi davvero, è un ambiente in cui si cresce velocemente, e Alessio ha trovato nuove forme fighe per usare la sua voce, e secondo me non le ha neanche trovate dove le stava cercando.
Lil Kaneki: Anche Marco a livello di produzioni si sta aprendo tantissimo. Siamo a un punto di comprensione reciproca tale che, quando uno dei due fa una cosa super personale, entrambi sappiamo che, se la diamo all’altro dicendogli: «Tienila che è figa», lo farà e saprà lavorarci su.
Quanto è importante per voi non ripetervi?
D: È la bellezza dello scrivere, non ti diverti più se parli sempre della stessa cosa. In questo periodo ci stiamo rendendo conto, per esempio, delle fragilità nostre e delle altre persone, ed è qualcosa che ci sentiamo di trattare. Non ripetersi è continuare a raccontare senza annoiarsi.
Chi sono gli artisti che sono riusciti a non ripetersi?
D: Quelli che non per forza hanno voluto parlare di cose “importanti”, perché esistono canzoni che hanno fatto la storia e parlano di calzini. Per me Pino Daniele è uno che non si è mai ripetuto: trovava stimoli, ci faceva un disco, poi andava dall’altra parte del mondo e ne trovava altri. De André, Battisti, Tenco e Battiato sono tutti artisti che hanno creato il loro suono, ma sono andati oltre, a livello di tematiche soprattutto. La musica è sempre cresciuta insieme a loro.
Credete che questo sia il momento storico dell’azzeramento dei generi musicali?
D: I generi sono stati importanti anche per creare legami tra persone che ascoltavano la stessa cosa. Noi amavamo il rap ed eravamo presi per il culo, eravamo emarginati, ma tra di noi “reietti” ci si sentiva in una sorta di famiglia. Oggi che tutto è accessibile a tutti, le famiglie di ascoltatori di un genere non esistono più. LK: Prendi il punk: non è un genere, è libertà, è dire «io non so suonare ma suo- no, non so cantare e canto lo stesso». Nel punk ci sono state band di pischelle che facevano il panico, era una pura interpretazione di quello che avevi dentro, era anarchia, che è il contrario delle definizioni, delle etichette.
Quale pensate sia la qualità che vi permette di collaborare con così tanti artisti diversi?
LK: Stimiamo tantissimo tutte le persone con cui collaboriamo e, in generale, un botto di gente che fa musica. Ci piace prenderci bene, far evolvere la scena. Forse non c’è una risposta a questa domanda, alla fine succede ed è bello.
Ma siete ancora avvelenati con Sanremo?
D: Sicuramente non ci andrei, ma mi fa piacere che per partecipare non si debba essere più per forza delle cariatidi, ma che ci sia apertura a musicisti di valore come Colapaesce e DiMartino l’anno scorso e Giovanni Truppi quest’anno. A me non piace che sia una gara, non capisco il senso della competizione. Se gara deve essere è ideologicamente migliore X Factor o Amici, dove quantomeno a confronto ci sono ragazzi emergenti che grazie al talent si possono far conoscere.
LK: Per me sono tutti il male. L’altro giorno sono andato a pranzo da mia madre e, in una puntata di Amici, stavano facendo la gara del più bello della classe. Ma che, davvero? La musica non è fatta per essere classificata attraverso la tv. A me piglia proprio male, e mi piglia ancora più male vedere ragazzi della mia età andare a Sanremo. Ma li rispetto e so che lo sanno pure loro in che cosa si stanno mettendo. Invece che andare a farsi dire in tv voi siete i migliori, voi siete i peggiori, dovremmo spingere tutti per far evolvere la musica. Dobbiamo spingere sull’amore collettivo.
E per quanto riguarda il vostro live, che cosa state preparando?
LK: Meglio rinviare questa domanda a quando avremo la certezza di suonare o di non suonare, perché questi continui stop sono una presa a male e se ci saltano i live di giugno… Manco ci voglio pensare.
Articolo pubblicato su WU 112 (febbraio – marzo 2022)
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