IL PANINO VINCENTE È INSTAGRAMMABILE
Istrionico, innovativo, a volte persino dissacrante (si ricordano ancora le polemiche sul “panino terrone”), Pabel Ruggiero, co-founder di Pane & Trita, un format prima ancora che una catena, ci racconta come sta contribuendo a cambiare le regole della ristorazione in Italia
di Stefano Ampollini
Dall’intuizione di due amici, Pabel Ruggiero e Filippo Lo Forte, è nato nel 2015 Pane & Trita, food concept dall’approccio ludico al mondo della carne, tra abbinamenti mai banali e piatti dai nomi ironici o a volte irriverenti. Un mix vincente che ha conquistato in poco tempo una clientela trasversale ed eterogenea, approdando a Milano nel giugno 2021. Ciò che colpisce è l’attenzione maniacale all’immagine, non solo nel design e negli arredi della location, che richiama ambientazioni molto “american style” (da Happy Days in giù), ma soprattutto nella costruzione dell’offerta culinaria e della carta.
Tutto è indirizzato a offrire a una clientela giovane, curiosa e molto social panini dall’aspetto unico e assolutamente instagrammabili: l’Uniporco e il Cono del Macellaio sono solo due esempi di un nuovo modo di fare ristorazione. Autore e mente creativa dei menu food (ma anche drink) di “Pane & Trita”, Pabel Ruggiero unisce alla sua creatività visionaria un’inarrestabile passione culinaria che parte dal ricco patrimonio gastronomico nazionale (anzi, dalla “cucina della nonna” come dice lui), per traghettarlo verso un futuro la forma è importante quanto la sostanza e la qualità delle materie prime.
Un format nato in Brianza che ha avuto subito successo anche in una piazza molto complessa come Milano. Quale pensi sia stata la chiave del successo a Milano?
Credo che la chiave del successo di Pane & Trita vada ricercato nell’aver cercato di trasformare un format un po’ “monotono” come quello delle steak house, e a grande frequentazione maschile, in qualcosa di divertente che potesse piacere e fare stare bene anche il pubblico femminile. Il mio socio e io, che venivamo dal mondo delle discoteche, dove l’offerta era modellata proprio su questo tipo di pubblico, abbiamo analizzato il mercato e abbiamo pensato di trasformare la carne in qualcosa di simpatico, anche per il pubblico femminile. In provincia piaceva molto perché è un format nazional popolare che offre la possibilità di mangiare qualcosa di diverso, con un approccio ludico. A Milano sicuramente, rispetto alla Brianza, c’è molta più concorrenza e molta più varietà di offerta, per questo abbiamo aspettato qualche anno prima di aprire, abbiamo voluto testare bene il format e poi ci siamo “buttati”: l’aver portato un tocco di giocosità e di divertimento in una settore abbastanza ripetitivo, per di più con un ambiente gradevole dall’estetica particolare, credo che questo mix sia stato apprezzato dai nostri clienti.
Siete molto attenti all’immagine. Quanto le vostre scelte di novità da inserire in menù vengono condizionate e indirizzate da Instagram?
La ristorazione è cambiata, bisogna esserne consapevoli. Penso che la mia generazione abbia contribuito a dare una svolta radicale al panorama della ristorazione italiana. La vecchia trattoria, l’osteria, sono luoghi sacri che rimarranno sempre, però oggi l’approccio è più “imprenditoriale”, ispirato al modello “americano”, fatto di format e di catene. Negli Stati Uniti non si mangerà il cibo migliore del mondo, ma a livello imprenditoriale, non possiamo che imparare da loro. Creando un piatto, il ristoratore tradizionale pensa a come bilanciare bene gli ingredienti, perché il piatto sia buono. Noi, senza rinunciare ovviamente al gusto e alla qualità, riflettiamo su quanto possa essere “instagrammabile”. È il cliente a richiederlo, il cliente è il primo mezzo pubblicitario. Con il telefono in mano, richiede che gli venga portato qualcosa di unico, di instagrammabile, attende un piatto da poter ricondividere e in questo modo ci pubblicizza. Da un certo punto di vista, si instaura un rapporto di fiducia: quando gli portiamo qualcosa di unico, il fatto di ricondividerlo, dà a noi visibilità, ma a sua volta lo renderà importante agli occhi di chi lo segue.
Ci puoi raccontare il processo creativo da cui nascono i vostri piatti?Fondamentalmente pensiamo a come far sorridere la gente, a come renderla felice. Girando per i vari locali, osservo i clienti, se sorridono bocca e occhi, significa che abbiamo fatto centro. Per me l’importante è suscitare un sorriso. La qualità del cibo la dò per scontata, facciamo tanta ricerca e selezioniamo attentamente i fornitori perché è fondamentale anzitutto che i piatti siano buoni e gustosi, ma quando ognuno di noi esce a cena o a pranzo non lo fa solo per mangiare e nutrirsi, ma per avere un’esperienza conviviale, di svago, di piacevolezza. Con un sorriso è tutto più semplice.
Nella foto in alto: l’Uniporco di Pane & Trita
Pane & Trita su IG
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