TEA HACIC – GIRLS MAKE POP CULTURE HAPPEN
Il punk non è morto. È tornato nel secondo libro della scrittrice croato-americana, cool e irreverente. Una voce di cui l’Italia ha bisogno, che ha creato attorno a sé una community di giovani ragazze, persone LGBTQ+ e queer che cercano la libertà
di Elena Quadrio
Dopo L’anima della Festa (Fandango, 2020), Tea Hacic – Vlahovic ha pubblicato un nuovo libro negli States, A cigarette lit backwards (Overlook, 2022), che arriva in Italia nella primavera prossima. Nata in un paesino vicino a Zagabria, la scrittrice e performer balcanica è emigrata con la famiglia in America in seguito allo scoppio della guerra in Yugoslavia. Il suo secondo libro è la storia semiautobiografica di Kat e delle sue scelte sbagliate, inserita in una dolorosa ricerca del sé e dell’accettazione degli altri, sullo sfondo della punk-rock scene dei primi anni 2000 in North Carolina.
Come nasce A cigarette lit backwards?
Il libro si basa sulla mia adolescenza. All’epoca, a Chapel Hill, c’era una punk-rock scene incredibile. Ascoltavamo i Bouncing Souls, gli Anti-Flag, un po’ di hardcore, tipo i Minor Threat. Ovviamente anche il punk originale, anni Settanta e Novanta. E poi i Blink 182, non erano davvero punk ma li ascoltavo. Da adulta, quando tornavo a casa, mi accorgevo sempre di più di quanto la città fosse cambiata. Tutti quei posti cool e punk di cui parlo nel libro non esistono più. Al Cat’s Cradle (la venue locale, NdR) ho visto esibirsi Iggy Pop e assistito all’inizio dell’indie rock con i The Strokes. È storia. Volevo fare qualcosa per ricordare tutto questo.
Una sigaretta accesa al contrario?
La protagonista è Kat, una ragazza croata di 16 anni. È un’outsider, sia perché è immigrata, sia perché è la più “sfigata” del gruppo. I suoi amici sono più hardcore di lei: non hanno genitori, si drogano, sono maschi. Kat utilizza l’espressione “una sigaretta accesa al contrario” per descrivere un errore, un’occasione sprecata. Una sigaretta che volevi fumare, ma che hai acceso nel modo sbagliato e ora è da buttare.
La tua protagonista Kat, nel libro, “diventa” una groupie.
Il libro parla un po’ di questo: una ragazza per essere cool deve stare insieme a un ragazzo cool. E lo deve fare con il sesso, deve essere la sua groupie. Nessuno dà credito alle ragazze in generale, soprattutto il rock and roll. Senza le donne che si sono innamorate di loro, i Beatles non sarebbero esistiti, così come i Rolling Stones e i The Stoogees. Girls make pop culture happen. Per una ragazza era impossibile essere una rockstar. Ovviamente c’erano Debbie Harry e Patti Smith, ma nemmeno loro venivano considerate rockstar, erano semplicemente delle “musiciste femmine”. Per scrivere il libro ho studiato la storia di Pamela Des Barres, membro delle GTO’s e groupie per eccellenza. Il suo sogno era essere una rockstar e, per realizzarlo, ha deciso di scopare Mick Jagger, Jimmy Page e Keith Moon. Secondo me la prima vera donna rockstar è stata Courtney Love e, infatti, il mondo l’ha distrutta.
Ashley è un altro personaggio femminile.
Sì, lei è una ragazza bellissima che sta con il ragazzo più figo della crew. Nel libro chiamo il suo potere “Hot Girl Power”, che si scontra con quello degli uomini, il “Big Man Power”. Questi ultimi vogliono distruggere il potere delle ragazze: le desiderano così tanto sessualmente che arrivano a odiarle. In una società patriarcale ed etero-normata come la nostra, l’Hot Girl Power non dura per sempre, ce l’hai solo da giovane. Gli uomini, invece, possono ottenere il potere facendo tante cose, non in base al loro aspetto. Il loro potere cresce nel tempo, possono invecchiare. Noi non possiamo scegliere quando e se avere potere. L’Hot Girl Power è sempre una decisione di qualcun’altro.
Cosa è cambiato da L’anima della festa?
Lo avevo scritto per liberarmi di cose che mi stavo tenendo dentro da troppo tempo e che mi facevano male. Con questo secondo libro ho cercato di crescere come scrittrice. Volevo una storia strutturalmente fatta bene. Parlo sempre di ricerca identitaria, ma è meno autobiografica e sempre più fiction.
Era ambientato a Milano, città per te importante.
Milano è un ex che mi ha trattato male ma che mi ha anche insegnato tutto. Sono diventata chi sono in quella città, mi ha cambiato la vita. Non riesco più a viverci però: la spritz culture è bellissima, ma se abitassi lì andrei ogni sera ad un aperitivo (che finirebbe il giorno dopo). E invece devo lavorare, quindi vivo a Los Angeles. Nella prefazione a Middle Class Heroes di Nicolò Michielin ho scritto due pagine su Milano e la nostalgia, la “Milanostalgia”.
Ci parli del podcast Troie Radicali?
Quando vivevo in Italia e scopavo tutti i ragazzi che volevo, la gente mi chiamava troia. All’inizio non sapevo cosa volesse dire, mi sembrava una parola bellissima, eroica. Ho deciso di rivendicare l’insulto, facendolo mio come atto politico. Volevo togliere il potere agli uomini che usano il termine come un’offesa. E poi io sono radicale. Nel podcast c’è un mix di aneddoti personali, pop culture e femminismo. Con le “troie” che mi seguono ho un rapporto e una connessione incredibile. Oggi, in Italia, essere una ragazza, una persona LGBTQ+ o queer, libera è davvero difficile. Sento che c’è bisogno di supporto.
In questo momento sei a Zagabria e lavori ai prossimi libri.
Sì, sto finendo il terzo libro, Heaven and hell at the Roxy Hotel. Sono venuta in Croazia perché è dove sarà ambientato il quarto. Sto studiando. Non posso dire nulla, se non che sarà un thriller.
Tea Hacic su IG
Nella foto in alto: Tea Hacic
Intervista pubblicata su WU 117 (dicembre 2022 – gennaio 2023)