BIENNALE 82 – I PREMI
L’82esima edizione della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia si conclude di consueto con la premiazione per decisione della giuria presieduta da Alexander Payne (The Holdovers, Nebraska)
di Davide Colli
Per quanto i film partecipanti al festival non sempre riescono a incontrare il successo presso il grande pubblico, la Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia continua a essere un evento dalla risonanza globale. Seconda solo al Festival di Cannes, rimane un contesto che attira l’attenzione non solo della comunità cinefila, oltre che un palcoscenico ideale per portare e discutere questioni di rilevanza urgente.
Stupisce quindi la decisione della giuria di questa edizione, che ha optato per consegnare il Leone d’Oro a Father Mother Sister Brother di Jim Jarmusch. Certamente un gradito ritorno in grande spolvero (dopo il poco riuscito I morti non muoiono), ma che rappresenta certamente una scelta di comodo (un autore dalla notorietà trentennale che non ha bisogno di presentazioni), soprattutto data la presenza in competizione di The Voice of Hind Rajab di Kaouther Ben Hania, che si deve accontentare del Gran Premio della Giuria.
Accolto da un applauso unanime, il film racconta la storia vera dell’omicidio di Hind Rajab, una bambina di sei anni uccisa dall’esercito israeliano nel corso dell’invasione della striscia di Gaza. Seppur non ci si trovi davanti a un’operazione senza precedenti, il lungometraggio riesce a restituire un racconto schietto e per nulla romanzato, anche grazie alla sua forma ibrida che vede continui interventi della realtà a discapito della finzione, sottoforma degli audio originali, ma anche di riprese video intelligentemente implementate nella controparte “fiction”.
In un’epoca in cui è ormai data per assodata la soggettività di qualsiasi tipo di premi, il mancato riconoscimento principale al film della regista tunisina è un passo falso e una negata opportunità di poter portare una questione mai così urgente in uno spazio mediatico così importante. Anche i restanti premi sembrano impostati, frutto di dinamiche collaudate da diverse edizioni. L’obbligatoria quota italiana (stavolta addirittura doppia) comprende la Coppa Volpi a Toni Servillo (derubando Dwayne Johnson) e il Premio Speciale della Giuria a Sotto le Nuvole di Gianfranco Rosi. Anche il Leone per la Miglior Regia, attribuito a Benny Safdie per The Smashing Machine, pare una scelta poco coraggiosa, soprattutto per l’approccio intrapreso, scarno e pressoché invisibile. Lascia stupiti anche l’assenza di No Other Choice, tra i titoli più acclamati dell’edizione, e Le Mage du Kremlin, tra le più solide sceneggiature degli ultimi anni.
Nella foto in alto: Luka Sabbat and Indya Moore in ‘Father Mother Sister Brother’, photo courtesy Carole e Bethuel Vague Notion
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