‘SEARCHING FOR THE SAME LIGHT’ DI BARBARA PEACOCK
Una quotidianità semplice e rurale, e per questo potentissima: dopo aver girato gli Stati Uniti per raccogliere i ritratti di American Bedroom, Barbara Peacock ha scelto di restare vicina a casa e raccontare la vita di alcune famiglie del Maine. Ispirata da una poesia di Warsan Shire, la fotografa esplora con rispetto e lentezza ciò che unisce gli esseri umani, la ricerca di qualcosa di essenziale: una buona vita, fatta di amore e di un po’ di luce
di Alessandra Lanza
Cosa significa il titolo Searching for the Same Light?
Si ispira a un verso di una poesia di Warsan Shire, The Unbearable Weight of Staying. Il verso dice: «Growing to and from one another, searching for the same light». Mi ha profondamente colpita. Esprime l’idea che, al di là delle nostre ideologie o credenze, alla fine cerchiamo tutti le stesse cose: amore, famiglia, salute e una buona vita, con un po’ di luce che ci illumina. Questa metafora racchiudeva perfettamente l’essenza di ciò che volevo raccontare.
Chi sono le persone ritratte nel progetto? Come le hai scelte?
Sono persone del luogo, vivono tutte nel raggio di circa otto chilometri da casa mia. Dopo American Bedroom, ho deciso che per la mia terza monografia sull’America sarei rimasta vicina a casa. Sapevo che volevo parlare di vita rurale e agri- coltura, ma poi ho capito che ciò che mi interessava davvero era la famiglia. Ho pubblicato un annuncio su Facebook, ricevendo molte risposte. Ho incontrato varie famiglie e ho iniziato a fotografarle, lentamente. Ora seguo principalmente tre famiglie – e ne fotografo altre tre o quattro meno spesso. Vivere in Maine porta a una sorta di calma che inizia a scorrerti dentro. Sono circondata da campi, colline dolci, fattorie e dall’Oceano. Questa tranquillità entra nell’anima e ti radica. E non sono un’estranea: condivido un terreno comune con i miei soggetti.
In cosa questo progetto si differenzia dai precedenti?
Ci sono due differenze principali. La prima è che questo è un lavoro documentario: non ci sono pose, né regia, catturo momenti autentici nel loro ambiente. La seconda è che fotografo le stesse persone per un lungo periodo di tempo – mentre in American Bedroom fotografavo ogni soggetto una sola volta.
Hai incontrato difficoltà nel catturare l’intimità o la vulnerabilità delle persone ritratte?
Fortunatamente non è mai stato un ostacolo per me. Una cosa fondamentale nella fotografia – e nell’arte in generale – è la pazienza. La vita si rivela naturalmente, coi suoi tempi. Noi dobbiamo solo essere lì quando succede, pronti a coglierla. Più che dirigere, si tratta di osservare e poi rispondere con gli strumenti che hai affinato negli anni. Ogni cosa che impari è una piuma nel tuo cappello. E la verità è che dobbiamo continuare a metterci piume e restare aperti, imparare. Se mi chiedessi se sono una fotografa di successo, ti risponderei che sono un “work in progress”.
Com’è l’America di oggi?
È cambiata, e continua a cambiare profondamente. Una delle mie regole è non parlare di politica, ideologie o religione con i miei soggetti. Ho viaggiato in tutto il Paese per sette anni senza mai avere una discussione. Credo che come esseri umani vogliamo tutti le stesse cose: una casa, cibo, famiglia, amore, salute. Nel profondo, non siamo diversi, anzi, siamo più simili di quanto pensiamo. Ed è questa la storia che voglio raccontare.
BARBARA PEACOCK Fotografa e regista di Portland, dopo gli studi alla Boston University e alla Tufts University, comincia come street photographer, affermandosi poi nella fotografia di lifestyle. Tra i suoi progetti personali: Hometown (1982–2015) e American Bedroom (2023) (IG)
Articolo pubblicato su WU 133 (settembre 2025)
Tutte le foto nella pagina sono di Barbara Peacock





