LAURENT GARNIER – PASSEUR DI TECHNO EMOZIONI
È uno dei pochi che poteva raccontare l’evoluzione della clubbing culture degli ultimi 30 anni e lo ha fatto con Electrochoc. All’ultimo Club to Club è stato protagonista sia in consolle sia all’absolut symposium, dove ha presentato proprio la prima edizione italiana del suo libro
di Stefano Ampollini
Pochi meglio di Laurent Garnier, 50 anni di cui oltre 30 passati dietro a una consolle, sono in grado di rappresentare la genesi e l’evoluzione della musica dance elettronica, un fenomeno planetario esploso con la techno e la house nei ghetti di Detroit e Chicago e consolidatosi in Europa e nel mondo come un fenomeno di massa che esce dai confini strettamente generazionali. Da Barcellona a Londra, fino a Berlino, l’indiscussa capitale del clubbing, i dj sono diventati anticipatori delle nuove tendenze musicali, veri e propri sacerdoti di moderni riti pagani in grado di chiamare a raccolta fedelissimi adepti in minuscoli e selezionatissimi club, così come decine di migliaia di fan in festival che ormai rappresentano boccate di ossigeno anche per l’economia e l’indotto di grandi città.
L’Italia, si sa, va sempre in controtendenza, e anche a causa di inutili restrizioni e opprimenti vincoli burocratici purtroppo non riesce a ospitare grandi manifestazioni come il Sonar o il Tomorrowland. Proprio per questo vanno ancora più apprezzate iniziative coraggiose e di qualità come il Club To Club di Torino, giunto quest’anno alla sua 16esima edizione, con un’affluenza record di 45 mila persone. Protagonista assoluto della serata del venerdì è stato proprio Laurent Garnier con tre ore di set che hanno sintetizzato in modo magistrale il suo credo musicale e il suo stile.
Lo incontriamo il giorno successivo all’Absolut Symposyum in occasione della presentazione della versione italiana di Electrochoc, edito da KNM-MUSIC: il libro, scritto con il contributo del giornalista e produttore David Brun-Lambert, è un racconto privilegiato che ripercorre passo dopo passo la nascita e l’evoluzione della musica dance elettronica fino ai giorni nostri, grazie anche a testimonianze come quelle di Jeff Mills, Mike Banks, James Murphy e David Guetta.
Quali sono gli ingredienti principali di un tuo set?
Ogni set deve essere unico. La cosa più importante per me è l’improvvisazione e la capacità di adattarsi al pubblico che si ha di fronte e all’evoluzione della serata. Quando arrivo in consolle so come inizio ma non so mai dove finirò. Un set è come un viaggio da vivere con chi ti ascolta. È molto importante la relazione con il mio pubblico, ci influenziamo a vicenda (I fit them, they fit me). La bravura di un dj sta anche nel leggere gli input che ti arrivano da chi ti sta di fronte e cambiare direzione, quando è necessario.
Tre ore di set sono sufficienti per realizzare quest’alchimia?
A volte lo sono. Al Club To Club, per esempio, è stato così ed è stato fantastico. All’ultimo Sonar mi ci sono volute sette ore (ride, NdR).
A quale genere musicale sei più legato e da quale ti fai ispirare?
La migliore musica a cui ancora oggi tutti noi ci ispiriamo, anche se non tutti lo ammettono, è quella delle grandi hit degli anni Settanta e Ottanta. È facile trovare nei miei set tracce di artisti come Donna Summer. I miei fan più giovani, spesso senza saperlo, ballano la musica che ascoltavano i loro genitori. Oltre a questo ho un grande amore per il jazz, che per me rimane un’importante fonte di ispirazione.
Riusciresti a fare un identikit del tuo pubblico?
Impossibile. Ho un pubblico molto eterogeneo. Pensa che uno dei miei fan club più accaniti in Francia è composto da persone di 70 anni che in patria mi seguono un po’ dappertutto. Spesso sono gli ultimi a smettere di ballare.
Parlaci di Electrochoc.
Electrochoc è una storia azzardata di qualcosa che è difficile raccontare: l’evoluzione in quasi 30 anni della musica dance elettronica, un fenomeno che dagli scantinati di Manchester e Detroit ha finito per invadere la cultura musicale di tutto il mondo. Ancora mi ricordo quando al mio primo Sonar suonai davanti a neppure 800 persone (oggi al Sonar partecipano oltre 200 mila persone, NdR). Per questo ho scelto di raccontarlo attraverso le mie esperienze e quelle di amici come Jeff Mills. La musica è qualcosa che muta e che si forma attraverso il confronto continuo e le contaminazioni: questo è ciò che ho cercato di far emergere in Electrochoc. La musica assorbe le sensibilità e le culture più lontane per poi restituirle a un pubblico dall’altra parte del mondo attraverso emozioni e sonorità. In fondo mi sento un passeur di techno-emozioni.
Dello stesso autore
Stefano Ampollini
EVENTS | 3 Settembre 2024
‘SEX JÜDISCHE POSITIONEN’ A BERLINO
EVENTS | 1 Agosto 2024
MONEGROS, DAL TRAMONTO ALL’ALBA
INTERVIEWS | 29 Gennaio 2024
JAE TIPS – GREAT THINGS TOGETHER
CONTENTS | 11 Gennaio 2024
FUORI DAL TEMPO
STYLE | 6 Luglio 2023
HOUSE OF ORIGINALS, IL RITORNO DELLA GRID SHADOW 2 E LA COLLAB CON COLOUR PLUS COMPANIE