ALICE PASQUINI – STORIE NELLE STORIE
Alice Pasquini ama lavorare per strada, a contatto con la gente, e rappresentare i sentimenti di donne forti e indipendenti. Canada Goose l’ha scelta per realizzare le grafiche del suo nuovo store milanese che aprirà durante questo mese di settembre in via della Spiga 10
di Elisa Zanetti
La sua città è Roma, ma ha sempre la valigia in mano. Classe 1980, Alice Pasquini ama esplorare il lato più luminoso delle relazioni umane attraverso dipinti, illustrazioni e murales, che realizza in giro per il mondo. Le sue opere dialogano con la città e con i supporti sui quali vengono realizzate, mentre i suoi personaggi rappresentano sentimenti in cui tutti possiamo provare a riconoscerci.
Com’è nata la passione di Alice Pasquini per il disegno?
Mia madre ricorda che a tre anni le ho detto: «Da grande farò la pittrice». Nella mia idea di bambina il pittore era un mestiere: nella società di Playmobil o dei Puffi c’erano lo chef, il poliziotto, il pittore… Quando ho detto ai miei che mi sarei iscritta al liceo artistico gli è preso un colpo. Si immaginavano già capelli verdi e tatuaggi ed è andata anche peggio perché, mentre studiavo l’arte classica a scuola, scoprivo al contempo la street art e la cultura hip hop che arrivavano in Italia in ritardo. Questa cultura diceva che non occorreva andare in una scuola per imparare a dipingere, suonare, ballare, ma che si poteva fare da sé questo era rivoluzionario: diceva ai giovani che avevano la possibilità di fare ciò che volevano e che più quello che facevano era personale, più sarebbe stato forte.
Il mondo della street art è un mondo per lo più maschile…
Quando ho cominciato c’erano veramente poche donne e sicuramente non ce n’era nessuna matta abbastanza da firmarsi con il vero nome. Io invece volevo proprio che si vedesse che era una donna a firmare e volevo proporre una rappresentazione femminile basata sui sentimenti, diversa dalle sexy eroine dei fumetti realizzate dai miei colleghi. Mi avvicinavo alla street art portando con me anche la mia cultura accademica: un modo diverso di usare il colore, sfumato, sporcato e la linea rotta, uno stile più reale rispetto a quello cui siamo abituati nello scenario metropolitano.
Che storie raccontava e racconta Alice Pasquini?
Storie di donne vere, storie private in uno spazio pubblico, come se fossero finestre sulla vite altrui. L’idea è quella di umanizzare la città perché da quando hanno smesso di essere progettate dagli artisti sono diventate dei dormitori e basta, perdendo in un certo senso la loro umanità.
Nel tuo lavoro contano molto gli spazi sui quali andrai ad agire, i supporti, i graffiti già presenti prima del tuo passaggio…
Sì, sono di grande ispirazione. I background vissuti, “le ferite della città” sono le superfici più interessanti per me, mentre la tela bianca è un po’ il modo in cui l’artista può stare al sicuro nel suo studio. Io nel mio porto segnali stradali, vecchi giornali, frigoriferi, cose che trovo per strada perché mi piace aggiungere una storia nella storia. Nel caso in cui debba invece fare un’opera su un muro bianco prendo in considerazione ciò che c’è intorno, per esempio i colori sono sempre quelli che vedo intorno a me.
Come nascono i tuoi progetti?
Tutte le idee nascono da un quaderno che porto sempre con me in tutti i viaggi che faccio. Realizzo disegni a penna o con quello che capita, che possono poi prendere forma da qualche parte o restare appunti.
Chi sono i personaggi che raffiguri? Sono persone che incontri per strada, lavorando o che ti hanno ispirato?
Non ritraggo soggetti specifici, ma sentimenti umani in cui ci si può identificare.
Ti piace il contatto con la gente?
Sì, molto. Nell’arte c’è questa comunicazione: la pittura dà un sentimento, poi c’è anche l’interpretazione dello spettatore. L’arte è anche un mistero: i bambini non vengono mai a chiedermi cosa vuol dire quello che rappresento, ma danno diretta- mente il loro parere, gli adulti invece chiedono il significato perché hanno paura di dirlo da soli. Allora chiedo loro: «Cosa vuol dire per te?» e così vengono fuori cose interessantissime. Un artista che lavora in studio non potrebbe mai fare un’esperienza di questo tipo.
Hai recentemente collaborato con Canada Goose, com’è stato lavorare con questa realtà?
Ho disegnato le grafiche che anticipano l’apertura dello store di Milano, che avverrà il 10 settembre. Queste opere verranno poi utilizzate anche per l’opening di Parigi e per gli altri store monomarca di Canada Goose nel mondo. Lavorare con loro è stato facile, spontaneo, ci siamo trovati subito in sintonia. I personaggi che ho rappresentato vivono un momento di solitudine, in comunione con la natura, vivono un sentimento altro, come se stesse per succedere qualcosa. È la descrizione di un attimo indescrivibile. La filosofia di Canada Goose è legata alla vita all’aperto, al rapporto con la natura, anche in città e questa è una cosa che sento molto mia.
In questi disegni, oltre alle figure umane spicca la libellula, perché?
È un animale che ha molti significati nella simbologia tradizionale. Vive vicino all’acqua, ma si è adattato alla città, nell’arte classica è sempre stato simbolo di fecondità e di cambiamento, ma sempre rimanendo fedele alla propria natura, mi sembrava un bel simbolo di congiunzione.
L’intervista di Alice Pasquini è stata pubblicata anche su WU 97 (settembre 2019)
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